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Viaggio nel mondo del cioccolato

Una tradizione con una storia anche tutta ticinese. www.alimentarium.ch

Cicolatt, cicolata, ciculatt, ciocolatt, ciculete, ciocolata sono alcune varianti usate nel dialetto per un alimento che in questi giorni di festa la fa da padrone.

Il Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana propone un numero monografico dedicato al cioccolato e alla sua presenza nella lingua.

Il libro ripropone modi di dire dialettali, proverbi, sentenze e filastrocche e ripercorre la vicenda della fabbrica di cioccolato ticinese Cima Norma.

Una fotografia di “truffes” a tutta pagina, private del loro potere tentatore dalla scelta del bianco e nero, è la porta d’ingresso che si schiude sul variegato mondo del cioccolato nell’uso della lingua.

Tutte voci (“le voci” è infatti il titolo della collana) che rimandano ai luoghi e che sono legate, in un mondo o nell’altro, alla storia e alle storie della Svizzera italiana, alle sue tradizioni.

Da Airolo a Chiasso, le tracce di cioccolata si trovano ovunque: nei modi di dire, nelle espressioni. E spesso come elemento di assoluto piacere.

Preziose pepite brune

In passato il cioccolato non era un bene di consumo accessibile proprio a tutti, per cui la deliziosa tentazione, una volta a portata di mano, diventava quel piccolo alimento del desiderio da cui non separarsi se non… mangiandolo.

Così a Comologno, in Valle Onsernone, ecco come la trepidante attesa della prelibatezza al cacao viene per esempio ricordata: “Quéla maladéta crüdéla prima da dam un tuchìgn de ciculata la m fèva guinzà un’ura”, ovvero “quella perfida maledetta prima di darmi un pezzetto di cioccolato mi faceva agognare per un’ora.

E a Roveredo Grigioni chi ne aveva un pezzetto, se lo teneva tutto per sé: “datt om tòcch del mè cicolatt, che l’è pòch per mì? Cica!”, detto altrimenti: “darti un pezzo del mio cioccolato che è già scarso per me? Nemmeno per sogno”.

Come rimedio… nelle farmacie

La diffusione della bevanda al cioccolato, che risale al Settecento, non accarezza solo il palato degli aristocratici, ma inizia a godere di credito “presso medici e farmacisti, che, attribuendole un vasto e spesso fantasiosamente esagerato ventaglio di proprietà curative, ne incoraggiano l’impiego nella prescrizione terapeutica”.

Il libro cita un avviso pubblicato sulla Gazzetta di Lugano del 26 gennaio 1750. In esso il dottore luganese Francesco Bernardo Vegezzi indicava, per esempio, “la maniera di comporre alcuni de’ più usuali rimedj in forma di Cioccolata, bevanda a’ nostri dì assai comune, e famigliare….divisa in Cioccolata Solutiva, Deostruente, e Febrifuga”.

Grazie all’industrializzazione il cioccolato, a Ottocento inoltrato, si diffonde come alimento a fasce più estese della popolazione. Ma è solo nel secondo dopoguerra che entrerà nella quotidianità come alimento generalizzato, specialmente nella dieta di bimbi, adolescenti, sportivi ed escursionisti.

Diventa poi oggetto di attenzione da parte dietologi e psicologi, “in quanto genere voluttuario di cui si sospetta la facoltà di indurre dipendenza, soprattutto presso l’utenza femminile”. A Castaneda il suo consumo era sconsigliato alle puerpere poiché considerato negativo per la lattazione.

“La Pepina l’è mèza mata”

Locuzioni, modi dire, sentenze, filastrocche, la cioccolata è davvero nella vita quotidiana delle persone. Come non ricordare, per esempio, la filastrocca della Peppina, finita anche in una canzone dello Zecchino d’Oro in Italia, che molti ricordano e canticchiano ancora.

La filastrocca, di cui sono note diverse varianti, allude sostanzialmente all’effettiva abitudine di mescolare il caffè con la cioccolata, oggi proposta nei bar come autentica “délicatesse”. “La Pepina la fa il cafè, la fa il cafè con la cicolata, la Pepina l’è mèza mata, mata tì, mata mì, la te gata la vò morii (….), “la Peppina fa il caffè, fa il caffè con la cioccolata, la Peppina è mezza matta, matta tu, matta io, la tua gatta sta per morire (….).

Portatore di ricordi, di frammenti di vita, di scampoli di realtà, il piccolo ma prezioso libro legato al Vocabolario dei dialetti mostra quanto e come sia possibile mantenere vive “le voci” del passato, farle riaffiorare nella memoria come segni di una realtà che ci appartiene.

Se nell’elenco degli ingredienti del cioccolato la presenza minima del cacao deve essere del 65%, nella nostra memoria collettiva le tracce della storia dovrebbero occupare, si spera, una percentuale maggiore.

swissinfo, Françoise Gehring

Il numero monografico dedicato al cioccolato è curato da Michele Moretti e da Mario Vicari. La collana “le voci”, edita dal Centro di dialettologia e di etnografia diretto da Franco Lurà, vuole riproporre alcune delle trattazioni pubblicate nei fascicoli del Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana.

Desidera pure far giungere al lettore odierno la voce di un’umanità e di un mondo oggi per lo più lontani, ma non per questo estranei alla nostra memoria e al nostro modo di sentire.

L’iniziativa privilegia quelle voci che danno ampio risalto all’aspetto enciclopedico, con un vasto corredo di modi di dire, proverbi, espressioni e annotazioni relativi alla realtà tradizionale della Svizzera italiana.

La Svizzera italiana è associata al cioccolato, secondo un’ipotesi leggendaria, fin dall’inizio del Seicento, ma lo è sicuramente dal primo Settecento.

L’attività di cioccolatiere è prevalentemente legata alla Valle di Blenio. Verso la fine del Settecento il cioccolataio di Olivone Carlo Emma tiene bottega a Torino ed è il fornitore esclusivo della Real Casa Sabauda. Nel 1853 fra i 119 cioccolatieri ticinesi attivi in Lombardia, 111 sono bleniesi.

Nel 1903 i fratelli Cima avviano a Torre e a Dangio l’attività industriale. Risale agli anni Venti l’impianto dell’azienda Stella di Lugano, trasferita poi a Giubiasco. Tuttora in corso l’attività dell’Alprose di Caslano, fondata nel 1957.

Il cacao (Theobroma cacao, L. 1753) è una pianta della famiglia delle Sterculiaceae, originaria dell’America meridionale. Il significato di «Theobroma» è «Cibo degli Dei». Era già stato riconosciuto dagli Olmechi, dai Toltechi, dai Maya e dagli Aztechi che ci hanno tramandato il nome di «cacauatl».

I Maya lo coltivavano già attorno all’anno 600 in America Centrale dove realizzarono le prime piantagioni che si conoscono. Utilizzavano le fave di cacao, per preparare una bevanda molto nutriente e saporosa chiamata «Xocolatl», nome dal quale deriva certamente l’attuale «cioccolato».

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