L’avventura del piccolo Ursli, coi suoi boccoli e il cappello a punta, ha fatto sognare milioni di bambini. A 70 anni dalla pubblicazione della fiaba di Selina Chönz e Alois Carigiet, il regista svizzero Xavier Koller, premio Oscar nel 1990 per “Il viaggio della speranza”, porta questo classico sul grande schermo.
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Thomas Kern è nato in Svizzera nel 1965. Dopo una formazione di fotografo a Zurigo, ha iniziato a lavorare come fotoreporter nel 1989. Nel 1990 ha fondato l'agenzia fotografica svizzera Lookat Photos. Thomas Kern ha vinto due volte il World Press Award e ha ottenuto diversi riconoscimenti in Svizzera. Il suo lavoro è stato esposto in varie mostre ed è rappresentato in diverse collezioni.
La storia è ambientata nella Bassa Engadina dove ogni anno, il 1° di marzo, i bambini sfilano per le strade dei villaggi con un campanaccio per scacciare l’inverno e salutare la primavera. Anche Ursli vorrebbe partecipare alla festa del Chalandamarz, ma con la sua piccola campana dovrebbe rimanere in fondo al corteo. Di nascosto dai genitori, si incammina così sull’Alpe – d’inverno – alla ricerca del campanaccio più grande. La sua avventura ha inizio.
Pubblicato in romancio nel 1945, “Una campana per Ursli” è stato venduto in più di un milione di copie e tradotto in nove lingue. Il film diretto da Xavier KollerCollegamento esterno, costato 5,5 milioni di franchi, ha suscitato l’entusiasmo di tutta la regione che intende sfruttare la fama internazionale di questa favola per promuovere il turismo
Sul set è arrivato anche un ospite speciale: il ministro della cultura Alain Berset. «È impressionante vedere quanta gente lavora su un set, come sono professionali e precisi. Non c’è niente che è lasciato al caso. Stando a fianco degli attori, si ha l’impressione di entrare nella storia, di viaggiare indietro nel tempo”, ha dichiarato a swissinfo.ch il consigliere federale.
Anche Ivo Kummer, il mister cinema della Svizzera, si è detto emozionato: «Ricordo che da piccolo avevo un po’ paura. Carigiet aveva creato un mondo fantastico e allo stesso tempo reale e questi due elementi erano difficili da mettere assieme per un bambino. Era strano… c’era sempre qualcosa di storto nelle case, sui muri, nelle finestre…».
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Il libro per bambini “Una campana per Ursli” può essere letto in inglese, in giapponese e in afrikaans, oltre che nella sua lingua originale, il romancio. Un’esposizione rende omaggio al suo illustratore, Alois Carigiet, mettendone in evidenza le molteplici doti. Ad esempio quella di pittore.
«Lassù tra le montagne, lontano da qui, abita un ragazzino proprio come voi…». La prima frase di “Una campana per Ursli” (“Uorsin” in romancio) è conosciuta da generazioni di bambini. Sono però le particolari illustrazioni di Alois Carigiet ad aver fatto del libro una delle favole della buonanotte preferite per decenni: Ursli, con i suoi boccoli ricoperti da un cappello a punta, parte alla ricerca di un grande campanaccio per poter partecipare al corteo della festa di primavera del suo villaggio.
Dalla sua pubblicazione nel 1945, il libro è stato venduto in più di un milione di copie e il testo di Selina Chönz è stato tradotto in nove lingue.
Alois Carigiet ha prodotto anche altri libri per bambini, tra cui “Flurina”. Nessuno ha però raggiunto la popolarità di Ursli. Nel 1966, l’illustratore svizzero ha ricevuto il prestigioso premio internazionale della narrativa per infanzia Hans Christian Andersen Award.
Il 2015 segna il 70º anniversario della pubblicazione di “Una campana per Ursli”. Quest’anno coincide anche con i trent’anni dalla morte di Carigiet e nei prossimi mesi uscirà un nuovo film di Ursli. Un’occasione per il Museo nazionale svizzero di presentare il lavoro dell’artista grigionese, aldilà dei libri per bambini.
Artista con molte doti
«Carigiet non è soltanto il padre di “Una campana per Ursli” e non è soltanto un pittore. È stato anche un ottimo artista grafico, scenografo e cofondatore del Cabaret Cornichon», spiega Pascale Meyer, curatrice dell’esposizione “Alois Carigiet: Arte, Grafica e Una campana per Ursli”, in programma fino al gennaio 2016.
Alois Carigiet è nato a Trun, nei Grigioni, nel 1902. Era il settimo di undici figli e, come lui stesso raccontava, ha avuto un’infanzia idilliaca tra le montagne di questo cantone rurale e all’epoca povero. In seguito si è trasferito con la famiglia a Coira, il capoluogo cantonale. A casa parlava romancio.
Alois Carigiet ha seguito una formazione di decoratore, ma è stato anche un autodidatta e un artista estremamente prolifico a livello commerciale. Ha lavorato in un laboratorio di grafica pubblicitaria e ha realizzato il manifesto dell’Esposizione nazionale svizzera del 1939. «Il suo lavoro è fatto di perspicacia e di umorismo. È stato uno dei principali cartellonisti svizzeri», ha detto Pascale Meyer durante la conferenza stampa di presentazione dell’esposizione al museo di Zurigo.
Alois Carigiet ha pure realizzato delle scenografie, inclusa quella per il leggendario Cabaret Cornichon di Zurigo, attivo dal 1934 al 1951. Il cuore dell’artista batteva però per l’arte e nel 1939 si è ritirato sulle montagne grigionesi per consacrarsi alla pittura.
La sua arte
Stephan Kunz, direttore del Museo d’arte dei Grigioni, che ha prestato diversi dipinti di Carigiet per l’esposizione, rammenta che la notorietà dell’artista grigionese «si è diffusa ben oltre i confini cantonali».
Alois Carigiet ha sviluppato e affinato uno stile particolare, traendo spunto dall’ambiente che lo circondava con composizioni robuste e dinamiche. Spesso si poteva incontrare l’artista sulle montagne, taccuino alla mano, come si vede in questo filmato della Televisione pubblica svizzera SRF.
A volte, Alois Carigiet lasciava i suoi vicini perplessi, rammenta Stephan Kunz, «Faceva cose strane rispetto al loro quotidiano: erano contadini, gente semplice che Carigiet rispettava. Gli chiedevano perché dipingesse sempre le mucche di rosso. Lui rispondeva: ‘Sono un artista e sono un po’ pazzo’, ma lo hanno sempre rispettato».
Per Carigiet, la svolta come pittore è avvenuta nel 1951 con la realizzazione di un gigantesco dipinto murale a Zurigo. La sua notorietà, acquisita come illustratore ma anche attraverso la sua voluminosa produzione grafica, ha tuttavia nuociuto alla sua reputazione, osserva Stephan Kunz.
Lo stesso è successo con la sua scelta di adottare uno stile basato sulle tradizioni locali e regionali (Heimatstil). Non è un caso che il libro di Ursli, che faceva riferimento a un’epoca più spensierata, sia stato pubblicato dopo la guerra, in un periodo in cui prevaleva il desiderio di un ritorno a valori più conservatori.
«Ma se si guarda il suo lavoro di artista, di pittore, si intravvedono altre qualità. È diventato un buon pittore», aggiunge Stefan Kunz, sottolineando in particolare l’utilizzo della prospettiva e dello spazio pittorico.
Lo charme di Ursli
All’inizio, Alois Carigiet si è rifiutato di illustrare Ursli siccome voleva concentrarsi sulla pittura. Ha impiegato parecchio tempo per concepire il personaggio principale e tra il momento in cui ha accettato il lavoro e la pubblicazione del libro sono trascorsi cinque anni. Alla mostra a Zurigo è esposto un disegno originale del libro.
Ursli, pubblicato in tedesco e in due idiomi romanci, è stato subito un successo. Oggi è considerato un classico per bambini, osserva Ronny Förster della Casa di edizioni Orell Füssli, che detiene i diritti su Ursli dal 1971.
Presto il racconto verrà pubblicato in farsi e la versione in inglese è spesso acquistata dai turisti che vogliono portare a casa un souvenir di una Svizzera idilliaca, annota Ronny Förster.
Il libro ha avuto molto successo in particolare in Giappone, dove dal 1973 sono state vendute più di 42'000 copie. «La quantità potrebbe sembrare modesta. Ma è interessante notare che l’editore giapponese indica che nessun altro libro illustrato ha venduto altrettanto bene», afferma a swissinfo.ch Ronny Förster.
Ursli e gli altri suoi libri hanno forse offuscato le molteplici doti di Alois Carigiet. Ma per l’artista, le produzioni per bambini sono state fonti di immenso piacere. Anche quando ha smesso di illustrare libri per l’infanzia, era felice di sentire che i bambini si addormentavano con il libro di Ursli sotto al cuscino.
Per lui, scrisse una volta, era importante dportare ai bambini, soprattutto a quelli «nelle strade e nelle case grigie della città», «un po’ di luce e qualche luccichio di un’infanzia trascorsa tra le montagne».
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