Le difficoltà di decentrare la produzione di vaccini in Africa
Un nuovo fondo lanciato dall’alleanza per i vaccini Gavi mira a promuovere la produzione di vaccini in Africa, rendendola più equa. Secondo osservatori e osservatrici è un buon inizio, ma bisogna fare di più.
Durante la pandemia, l’azienda farmaceutica statunitense Johnson & Johnson ha prodotto il proprio vaccino per il Covid-19 in Sudafrica. Tutte le dosi sono però state esportate in Europa, lasciando la popolazione locale a secco.
Sulla scia della pandemia, l’alleanza per i vaccini Gavi, organizzazione ginevrina il cui obiettivo è migliorare l’immunizzazione nei Paesi più poveri, sta spingendo perché la comunità internazionale annoveri tra le proprie priorità anche un migliore accesso ai vaccini, approccio ampiamente supportato dai Paesi del G7 e del G20.
“Oggi l’Africa importa il 99% dei vaccini di cui ha bisogno”, afferma David Kinder, direttore del finanziamento allo sviluppo di Gavi, in un’intervista a SWI swissinfo.ch. Tra questi ci sono i vaccini contro la malaria e il colera, che uccidono centinaia di migliaia di bambini e bambine ogni anno.
La Gavi Alliance comprende organi delle Nazioni Unite come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’Unicef e la Banca Mondiale, oltre a Paesi in via di sviluppo e Paesi donatori, aziende produttrici di vaccini, istituti di ricerca, la Fondazione Gates e organizzazioni non governative (ONG).
La loro soluzione per evitare che i Paesi ricchi si accaparrino di nuovo tutte le dosi disponibili, come è successo durante la pandemia di Covid-19, consiste nel decentrare la produzione dei vaccini, promuovendone lo sviluppo nei Paesi che ne hanno più bisogno, cioè quelli del continente africano.
Un cambiamento storico
Per raggiungere questo obiettivo, la Gavi ha lanciato un nuovo strumento di finanziamento: l’Acceleratore della produzione di vaccini in Africa (AVMA). Il suo obiettivo è aiutare l’Unione Africana, che comprende 55 Paesi del continente, a produrre il 60% dei vaccini necessari entro il 2040. Il lancio ufficiale dell’AVMA è avvenuto il 20 giugno a Parigi.
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L’AVMA è un fondo che prevede una sovvenzione di un miliardo di dollari in dieci anni. Il denaro proviene dai finanziamenti inutilizzati dell’iniziativa Covax: una collaborazione multilaterale avviata nel 2020 per fornire vaccini contro il virus Sars-Cov-2 ai Paesi più poveri, terminata nel dicembre 2023.
“L’obiettivo di Gavi e dell’AVMA è creare un mercato per abbassare i prezzi dei vaccini”, spiega Kinder.
L’Acceleratore intende aiutare i produttori africani a rimanere competitivi nei confronti di operatori di lungo corso come Johnson & Johnson o Roche, che possono abbassare i prezzi grazie alle economie di scala.
Si tratta di un cambiamento storico rispetto alle iniziative intraprese finora, in cui la Gavi concentrava il proprio budget sull’acquisto di vaccini dalle maggiori aziende produttrici di farmaceutici del mondo. Per molto tempo, questo approccio è stato considerato redditizio. Tuttavia, ha anche favorito la concentrazione della produzione di vaccini nelle mani di poche società, lasciando poco spazio a nuovi fornitori.
In qualità di uno dei maggiori acquirenti di vaccini a livello mondiale, la Gavi sta inviando un forte segnale ai mercati globali, schierandosi a sostegno della produzione africana, afferma Kinder. In questo modo, infatti, aiuterà le aziende produttrici a pianificare la produzione in base alla domanda prevista.
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La priorità a vaccini e tecnologie
Come funzionerà l’AVMA? Il fondo intende sostenere le aziende produttrici africane con due incentivi per aiutarli a operare alla pari con gli altri produttori nel mondo.
Per prima cosa, l’alleanza ha definito i vaccini a cui dare la priorità: oltre a quelli contro il colera e la malaria, sono stati inclusi anche quelli contro il morbillo-rosolia, la febbre gialla e l’Ebola. La Gavi vuole anche concentrare parte dell’AVMA su nuove tecnologie che consentano ai produttori africani di adattare rapidamente la produzione in caso di una prossima pandemia.
Tra queste, ci sono i vaccini sintetici basati su tecnologia genomica, sia del tipo a mRNA che con vettore virale. A differenza dei vaccini tradizionali, nessuno dei due contiene agenti patogeni inattivati, ma introduce nelle cellule umane l’impronta genetica degli antigeni del patogeno. Le cellule utilizzano poi l’informazione per produrre gli antigeni che innescano una risposta immunitaria.
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Finora, l’mRNA è stato autorizzato solo per il vaccino Covid-19, ma è una tecnologia promossa dall’OMS, la quale sostiene i Governi che vogliono lanciarne la produzione: “Abbiamo creato un centro di trasferimento tecnologico per l’mRNA in Sudafrica, che trasmetterà la tecnologia ai nostri partner in 15 Paesi”, afferma Martin Friede, co-responsabile del programma di trasferimento tecnologico dell’mRNA dell’OMS.
Per accedere al fondo, le aziende produttrici africane devono innanzitutto ottenere la qualificazione – autofinanziata – del loro vaccino presso l’OMS. Chi supera questa prima fase riceverà dall’AVMA un primo pagamento compreso tra 10 e 25 milioni di dollari. Gli importi massimi sono destinati ai vaccini a mRNA e a vettori. Un secondo pagamento servirà ad aiutare le case produttrici africane a presentarsi alle gare d’appalto Gavi.
“L’idea è di finanziarle con 0,3-0,5 dollari per dose, così che possano competere alla pari con i produttori più affermati”, spiega David Kinder. In questo modo, investitori come la Banca Mondiale o la Banca Europea per gli investimenti (BEI) sanno che la produzione è garantita per la vendita.
Sebbene l’AVMA sia l’iniziativa internazionale che fornisce la maggior parte dei finanziamenti per promuovere la produzione locale di vaccini, osservatori e osservatrici sostengono che rimangono molte questioni aperte prima che i Paesi africani possano diventare produttori a pieno titolo.
Zero sovvenzioni per la pipeline
Il programma AMVA lascia che siano i produttori a cercare dei fondi propri per gran parte della pipeline di prodotti: dalla ricerca e sviluppo agli studi clinici, alla produzione e alla distribuzione.
Secondo la bioingegnera e ricercatrice indipendente dell’University College di Londra, Els Torreele, la Banca Mondiale e la BEI finanziano volentieri lo sviluppo di infrastrutture, spesso con prestiti o investimenti destinati a generare guadagni. Al contrario, le istituzioni finanziarie per lo sviluppo sono quasi assenti quando si tratta di finanziare la progettazione di prodotti o di fornire sovvenzioni.
L’azienda sudafricana Afrigen, per esempio, sta lottando per ottenere finanziamenti per lo sviluppo di una pipeline di prodotti a mRNA, che comprendeva un vaccino contro il Covid-19. L’organizzazione è al centro dell’iniziativa coordinata dall’OMS per decentrare la produzione di mRNA.
Per delle vere pari opportunità, Torreele ritiene che la produzione non debba essere solo locale, ma anche integrata nelle politiche sanitarie nazionali e regionali.
Attualmente, l’AVMA considera “locale” tutta la produzione geograficamente localizzata in Africa, spiega Torreele. Ciò significa che anche un’azienda internazionale che produce vaccini in Africa tramite una filiale può richiedere i relativi finanziamenti. Il fatto che tale produzione “localizzata” non porti a risultati equi è emblematizzato da esempi come quello del vaccino Covid-19 di Johnson & Johnson in Sudafrica, citato all’inizio dell’articolo.
L’importanza del trasferimento tecnologico
Inoltre, l’AMVA non prevede fondi per i trasferimenti tecnologici. In teoria, si tratta di processi che dovrebbero avvenire indirettamente, per esempio attraverso gli investimenti di un concorrente esterno, come un produttore indiano. In questo modo, però, i produttori locali si trovano nella posizione peggiore per negoziare.
Se si vuole sostenere il trasferimento tecnologico (TT), bisogna finanziarlo direttamente, afferma Els Torreele. “I contratti di TT devono essere equi e favorire lo sviluppo delle capacità produttive locali. Tuttavia, le condizioni sono spesso restrittive perché le aziende non vogliono avvantaggiare la concorrenza”.
Anche Martin Friede dell’OMS sarebbe favorevole a un aumento dei finanziamenti al TT.
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Qual è l’impegno del mondo per un’OMS più forte?
La Federazione internazionale imprese del farmaco, una lobby, sostiene che un ecosistema vaccinale sostenibile e un accesso equo ai vaccini innovativi in Africa richiedono la cooperazione di tutte le parti interessate.
Torreele sottolinea che, per una fornitura di vaccini equa, i Paesi in via di sviluppo e le aziende produttrici locali devono poter scegliere la tecnologia e le strutture da usare, cosa produrre e per chi.
“Il settore biotecnologico in Africa è ancora giovane”, afferma David Kinder di Gavi. “Ci vorrà del tempo prima che i nuovi produttori raggiungano le dimensioni necessarie per una produzione sostenibile”.
A cura di Virginie Mangin
Traduzione di Camilla Pieretti
In conformità con gli standard di JTI
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