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I tesori del Petit Palais di Ginevra alla Fondation de l’Hermitage

Keystone-SDA

La Fondation de l'Hermitage di Losanna espone i capolavori del Petit Palais di Ginevra. Da venerdì e fino al 1° giugno, il pubblico potrà scoprire 136 opere di questa collezione impressionista e post-impressionista particolarmente originale.

(Keystone-ATS) Fra queste, una cinquantina sono firmate dal pittore losannese Théophile-Alexandre Steinlen.

L’insieme di opere è stato riunito a partire dagli anni 1950 da Oscar Ghez, industriale di origine tunisina, ha rilevato oggi davanti alla stampa Sylvie Wuhrmann, direttrice della Fondation de l’Hermitage. A partire dal 1968, sono state mostrate al Petit Palais, un museo privato vicino alla città vecchia di Ginevra. L’istituzione ha chiuso i battenti nel 2000, due anni dopo il decesso del suo fondatore.

Spirito libero

Articolata attorno a due grandi correnti artistiche, la mostra permette di (ri)scoprire 136 opere di questa collezione svizzera di primo rango, che conta varie migliaia di quadri, ha proseguito Wuhrmann. I lavori testimoniano di uno spirito collezionista libero.

In effetti, Ghez s’interessa alla pitture della fine del 19esimo secolo e inizio del 20esimo secolo senza limitare le sue scelte ai grandi maestri, ha spiegato la direttrice dell’istituzione. Era prima di tutto spinto dalle sue predilezioni e rifiutava di seguire le raccomandazioni degli esperti dell’epoca.

Orrore dell’astratto

Ha acquisito così magnifici dipinti di Edouard Manet e di Auguste Renoir, ma anche tele sontuose di artisti allora meno noti quali Gustave Caillebotte, Théophile-Alexandre Steinlen, Charles Angrand, Maximilien Luce e Louis Valtat, di cui alcuni sono diventati poi icone.

Benché sovrabbondante, la collezione di Ghez è costruita attorno a due fili conduttori: l’ancoraggio nel periodo 1880-1930 e “il suo rifiuto dell’arte astratta”, ha ricordato il figlio Claude Ghez presente oggi all’Hermitage. La rappresentazione umana ha quindi un posto considerevole in essa.

Artiste donne

Una delle particolarità della collezione di Ghez è la presenza, antica e numerosa per la sua epoca, di donne pittrici. Lo spirito anticonformista del collezionista e la sua convinzione che queste artiste fossero riconosciute a giusto titolo lo portano ad interessarsi a Marie Bracquemond, Jeanne Hébuterne, Nathalie Kraemer, Tamara de Lempicka e Suzanne Valadon, molto prima che le loro carriere venissero studiate e infine riconosciute.

Allo stesso modo, compie un percorso tortuoso attraverso le principali correnti della pittura figurativa: accanto ai grandi nomi dell’impressionismo, del neoimpressionismo, del fauvismo, della Scuola di Parigi e del cubismo, si trovano opere originalissime di artisti meno noti.

Questo sguardo ai margini dei movimenti artistici gli ha permesso di scoprire molto presto Charles Angrand, Suzanne Valadon e Gustave Caillebotte. Di quest’ultimo la mostra espone “Il ponte dell’Europa”, “un quadro meraviglioso, dalla scenografia complessa”, ha sottolineato Wuhrmann. Da notare che sono esposti anche cinque “quadri iconici” di Félix Vallotton, di cui ricorre quest’anno il centenario della morte.

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