Profondo fossato tra popolo e politica in fatto di eID
Scaricare un estratto del registro degli uffici di esecuzione, aggiornare la polizza d'assicurazione, votare tramite e-voting: tutto online e con un login centralizzato. La parola magica è identità digitale o identità elettronica, acronimo eID. Si tratta di una realtà in molti Paesi, ma non in Svizzera. Governo e parlamento vogliono recuperare il ritardo. Con una legge che provoca una levata di scudi popolare.
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Le autorità elvetiche vogliono portare rapidamente la Svizzera al passo con gli altri Paesi europei, che dispongono già tutti dell’eIDCollegamento esterno. Dopo l’approvazione della Camera del popolo, nella sessione parlamentare della scorsa primavera, ieri anche la Camera dei Cantoni ha avallatoCollegamento esterno la nuova Legge federale sui servizi d’identificazione elettronica.
Resta ancora da appianare qualche piccola divergenza di dettaglio tra le due Camere del parlamento svizzero, poi la normativa potrà essere varata. Essa crea le basi giuridiche per il riconoscimento dei mezzi d’identificazione elettronica sviluppati dai privati e dei loro fornitori.
Lo Stato solo dietro le quinte
L’unico compito dello Stato dovrebbe essere quello di regolamentare le eID. Ma la Confederazione non vuole svolgere direttamente nemmeno questo. Preferisce che sia una commissione di esperti indipendente a supervisionare la gestione delle eID da parte di aziende private e, in particolare, a vigilare sulla sicurezza dei dati.
Nessuna intrusione dello Stato in questo ambito, è dunque la chiara linea adottata dai politici. Ma essa sembra andare nella direzione opposta dell’opinione pubblica. Almeno stando ai risultati di un sondaggio pubblicato qualche giorno fa. L’87% degli intervistati ha detto che si fiderebbe unicamente dello Stato per il rilascio di una prova di identità elettronica. Solo un misero 2% conterebbe su aziende private.
Il sondaggio è stato realizzato su mandato di un’alleanza che intende porre il veto alla nuova legge, vale a dire che sta preparando il lancio di un referendum.
Tra gli avversari della nuova legge vi sono diverse organizzazioni di tutela dei consumatori, l’organizzazione Digitale GesellschaftCollegamento esterno e WecollectCollegamento esterno, una piattaforma di campagne digitali creata da Daniel Graf, uno dei protagonisti più attivi nella digitalizzazione della democrazia in Svizzera, come pure Crowdlobbying SchweizCollegamento esterno, un’altra piattaforma di campagne politiche digitali. Per riuscire a portare alle urne la normativa emanata dal parlamento, dovranno raccogliere le firme di almeno 50mila aventi diritto di voto entro cento giorni.
“Penso che il divario tra politica e cittadini abbia a che fare con il fatto che questi ultimi vogliano usare l’eID principalmente per servizi pubblici e non per scopi di acquisto come l’e-commerce”, commenta Adrienne Fichter, giornalista presso il magazine online RepublikCollegamento esterno ed esperta di democrazia digitale.
I politici, invece, sostengono che l’identità elettronica senza funzioni commerciali non è attraente per i cittadini. Perciò è necessaria un’unica soluzione per tutte le funzioni. “Eppure, a quanto pare, la maggioranza non vuole questo. Per ragioni di protezione dei dati, non vuole andare incontro a una simile concentrazione di rischi, dato che, a causa del numero di registrazione unico, con l’eID tutto è centralizzato “, afferma Adrienne Fichter.
Una questione di fiducia
L’eID non è un passaporto elettronico, che agevola l’attraversamento delle dogane. È invece un login centrale con il quale gli utenti possono accedere a servizi statali, uffici postali, banche, assicurazioni, società telefoniche, ferrovie, ecc.
Con SwissID, già oggi in Svizzera i cittadini possono accedere online, gratis e in modo sicuro, a diversi servizi della vita quotidiana.
SwissID è fornita da SwissSign Group, una joint venture tra La Posta svizzera, Ferrovie federali svizzere, Swisscom, le grandi banche UBS e Credit Suisse, la Banca cantonale di Zurigo, compagnie di assicurazione e casse malattia.
Con SwissID, il gruppo in futuro intende offrire l’eID ufficialmente certificata della Svizzera.
In tutti i Paesi europei esistono le eID. Tra i pionieri c’è la Lituania.
Tra le possibili ragioni del vasto scetticismo popolare nei confronti di fornitori privati, la specialista di digitalizzazione cita i diversi scandali di furti di dati da parte di gruppi tecnologici avvenuti in tempi recenti. “Inoltre, molti trovano strano dover ordinare un documento d’identità elettronico su piattaforme private di commercio online o di banche. Per questo compito, un ufficio passaporti o un servizio comunale probabilmente danno una maggiore sensazione di affidabilità”.
In un articolo intitolato “La fiaba dello Stato incompetente”, Adrienne Fichter ha recentemente sottolineato che la stragrande maggioranza dei paesi europei si basa su un’offerta puramente statale o quantomeno su una mista pubblica e privata per l’eID. Danimarca, Gran Bretagna e Svizzera sono i soli Paesi in cui lo Stato se ne sta fuori.
Scottatura con SuisseID
Ma da dove viene il rifiuto delle autorità svizzere di rilasciare un’eID con un sigillo statale? “Penso soprattutto a causa del fiasco della SuisseID. Si trattava di un marchio avviato dalla Confederazione, ma rilasciato da privati. Non ha incontrato i favori del pubblico. Si è così tratta la lezione seguente: la Confederazione deve starne fuori completamente e assumere solo i compiti minimi”.
Cosa significa questo per il presente? “Se ora viene implementato un modello che non gode di ampio consenso o non ispira fiducia, sarebbe meglio riesaminare subito la questione”, consiglia l’esperta. È però anche possibile che il modello privatizzato venga accettato “per forza”, a causa della mancanza di alternative statali.
Per Adrienne Fichter, tuttavia, il fattore decisivo sarebbe soprattutto l’accettazione e la certificazione della soluzione svizzera da parte dell’UE, nell’ambito del corrispettivo Regolamento per l’identificazione elettronica eIDASCollegamento esterno. “In tal modo si potrebbe utilizzare la propria eID anche per navigare sui siti web di fornitori o autorità stranieri e utilizzare i servizi”.
L’autore dell’articolo può essere contattato direttamente su TwitterCollegamento esterno.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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