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Un’aggressione antisemita che spinge la Svizzera ad agire

candelabro a sette braccia
Una menorah a Zurigo; la città ospita oltre 5'000 delle 18'000 persone di confessione ebraica che vivono in Svizzera. KEYSTONE/© KEYSTONE / PETRA OROSZ

L'accoltellamento di un ebreo ortodosso a Zurigo s'inserisce in un contesto di crescente preoccupazione per l'antisemitismo in Svizzera. Le autorità spingono per un piano d'azione, che è stato adottato giovedì dal Consiglio nazionale.

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L’aggressore: un adolescente in una “guerra globale”

Sabato scorso, intorno alle 21:30, un ebreo ortodosso di 50 anni è stato accoltellato per strada vicino al centro della città più grande della Svizzera, Zurigo. Il presunto aggressore, un 15enne di origini tunisine – diventato cittadino svizzero nel 2011 – è stato arrestato sul posto dopo che alcuni passanti lo hanno inseguito e bloccato fino all’arrivo della polizia. Le condizioni della vittima, inizialmente in pericolo di vita, si sono poi stabilizzate.

Lunedì la polizia ha diffuso ulteriori dettagli: in particolare, ha confermato l’autenticità di un video online in cui l’adolescente dichiarava fedeltà allo Stato Islamico (IS) e invocava una “guerra globale contro gli ebrei”; diceva inoltre di voler “assaltare una sinagoga” e “uccidere i miscredenti per strada”. Nulla faceva pensare che avesse avuto contatti precedenti con la vittima, presa di mira semplicemente perché visibilmente ebrea. Il consigliere di Stato responsabile della sicurezza, Mario Fehr, ha definito l’incidente sia terroristico che antisemita.

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Aumento della sicurezza e manifestazioni di solidarietà

Le reazioni non si sono fatte attendere. La polizia ha aumentato la sua presenza presso le istituzioni ebraiche di Zurigo e Fehr si è impegnato a “fare tutto il possibile per ripristinare un senso di sicurezza” per la comunità ebraica della città. La Federazione delle Comunità israelite svizzere (FCIS) ha dichiarato domenica di aver rivisto le proprie misure di sicurezza in tutto il Paese. Nella Confederazione le persone di confessione ebraica sono circa 18’000.

L’attacco è stato unanimemente condannato: la presidente della Confederazione Viola Amherd ha espresso la sua solidarietà con la comunità ebrea, diversi gruppi musulmani hanno criticato senza riserve il crimine e domenica diverse centinaia di persone hanno organizzato una marcia e una veglia di solidarietà a Zurigo. Soprattutto, si è parlato dell’attacco come di un momento spartiacque che segna un nuovo livello di antisemitismo; Jonathan Kreutner della FCIS ha sottolineato che non si è trattato solo di un attacco a un ebreo, ma alla società svizzera e alla sua tolleranza nel suo complesso.

Atti antisemiti in aumento

È difficile stabilire se sia veramente un punto di svolta, ma una cosa è certa: gli attacchi antisemiti violenti sono rari in Svizzera. Il quotidiano Tages-Anzeiger ha scritto che questo episodio è stato uno dei peggiori atti nel Paese da quando un ebreo fu ucciso da simpatizzanti nazisti a Payerne, nel Canton Vaud, nel 1942. Il giornale ha parlato con diverse persone di confessione ebraica che hanno affermato di sentirsi più insicure quando escono a Zurigo.

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I casi di antisemitismo in generale sono comunque aumentati negli ultimi anni, soprattutto dopo lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas: l’anno scorso sono stati segnalati il 68% in più di casi nella Svizzera francese, di cui oltre la metà dopo l’attacco del 7 ottobre. Come in altre parti d’Europa, la guerra ha scatenato dibattiti e manifestazioni nelle città elvetiche. Tutto ciò avviene dopo che la pandemia di Covid-19 ha alimentato le teorie cospirative antisemite, soprattutto online.

Per quanto riguarda la violenza di matrice islamista, anche questa non è sconosciuta in Svizzera, ma è rara. Negli ultimi anni, i casi più eclatanti sono avvenuti a Morges e a Lugano, con degli accoltellamenti da parte di “lupi solitari”. La Confederazione è stata finora risparmiata da attentati su vasta scala. Le autorità, tuttavia, sono comunque alle prese con persone che hanno combattuto per lo Stato islamico in Medio Oriente. In dicembre, il servizio di intelligence della Confederazione ha ribadito che la minaccia terroristica è “elevata”.

A livello politico si discute di un piano d’azione contro l’antisemitismo

Questi segnali d’allarme non sono bastati per prevenire l’attacco di sabato e le autorità sono state criticate per non aver fatto abbastanza. Il Coordinamento intercomunitario contro l’antisemitismo e la diffamazione (CICAD), che aveva già mosso critiche in tal senso l’anno scorso, ha ribadito questa settimana che c’è stata una “mancanza di reazione da parte delle autorità, del mondo politico e di alcuni media”. Un giornalista del Tages-Anzeiger ha affermato che l’incidente di Zurigo è un “campanello d’allarme” e che il Parlamento federale dovrebbe, ad esempio, mettere da parte la sua riluttanza a vietare simboli antisemiti come il saluto nazista.

Detto ciò, la politica non è rimasta completamente con le mani in mano. Nel 2022, il Governo federale ha deciso di aumentare i fondi per la sicurezza delle minoranze religiose, comprese le misure per la protezione di sinagoghe e moschee. Il mese scorso, inoltre, l’esecutivo ha dichiarato il proprio sostegno a un “piano d’azione” per affrontare il razzismo e l’antisemitismo. Un sostegno ribadito a gran voce dopo il fatto di sabato dalla ministra dell’interno Elisabeth Baume-Schneider. Il piano è stato approvato giovedì dalla maggioranza del Consiglio nazionale. L’atto parlamentare incarica il Governo di elaborare insieme a Cantoni e Comuni una strategia per contrastare il fenomeno. La mozione chiede inoltre all’esecutivo di rafforzare l’attuale Servizio per la lotta al razzismo “con risorse sufficienti”. Sempre secondo l’atto parlamentare, il Governo deve valutare l’opportunità di nominare un nuovo incaricato per la lotta al razzismo e all’antisemitismo.

Questa settimana il Parlamento ha anche accettato un postulatoCollegamento esterno che chiede al Governo di esaminare le “modalità idonee a contrastare le ripercussioni sulla politica estera dell’incremento massiccio dell’antisemitismo in Svizzera”. Il postulato, redatto a novembre, esprime preoccupazione per il fatto che vi sono “seri indizi che forze trainanti e agenti che operano dall’estero stiano deliberatamente alimentando l’antisemitismo in Svizzera” Inoltre, sostiene che l’aumento degli incidenti antisemiti potrebbe avere un impatto negativo sull’immagine della Confederazione. Mentre il Parlamento ha approvato all’unanimità l’idea, il Governo si è opposto: la lotta all’antisemitismo è una questione di politica interna, ha dichiarato, e “al momento non risulta che il nostro Paese sia oggetto di critiche all’estero per questo motivo”.

Cittadinanza e fattore età

Nel frattempo, ancor prima che il sospetto zurighese sia giudicato, si discute su cosa fare di lui. Da più parti si chiede una revoca del passaporto rossocrociato. In linea di principio questa misura è possibile, ma viene applicata raramente e solo se un individuo ha danneggiato gli interessi o la reputazione della Svizzera, ad esempio se è coinvolto in atti di terrorismo. Le autorità hanno utilizzato questo provvedimento solo cinque volte negli ultimi anni, principalmente per persone che hanno combattuto a fianco dello Stato islamico. Una delle condizioni principali è che la persona deve avere una doppia cittadinanza, poiché non può rimanere apolide.

Ma mentre la condizione della doppia cittadinanza sarebbe soddisfatta nel caso del presunto attentatore di Zurigo, un’altra caratteristica lascia più perplessi: la sua età. Essendo 15enne, “Ahmed la Bestia” (come si è lui stesso soprannominato) rischia una pena detentiva massima di un solo anno. Per quanto riguarda la privazione della cittadinanza, mentre il direttore della sicurezza di Zurigo Mario Fehr ritiene che ciò sia possibile (e auspicabile), un portavoce delle autorità responsabili della migrazione ha dichiarato alla Neue Zürcher Zeitung (NZZ) che l’età del presunto aggressore rende il caso una novità: non è chiaro come un giudice si pronuncerebbe sulla questione.

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Esponenti politici di sinistra si sono dal canto loro espressi contro un’eventuale espulsione. Piuttosto che “esportare il problema”, ha dichiarato la socialista Sibylle Marti alla NZZ, l’obiettivo dovrebbe essere quello di capire come un giovane possa essere spinto a compiere un simile crimine e come si possano prevenire casi del genere.

La direttrice del CICAD, Johanne Gurfinkiel, ha chiesto d’intensificare il lavoro nelle scuole, con moduli specifici per affrontare l’antisemitismo e altri problemi sociali. L’esperto di criminalità Dirk Baier, che si è detto “scioccato” dall’età dell’aggressore, ha anche riferito al Tages-Anzeiger di segnalazioni ricorrenti di studenti musulmani che condividono idee antisemite nelle scuole – ma sono necessari più dati sulla portata di questo fenomeno.

Articolo a cura di Marc Leutenegger/ts

Traduzione di Daniele Mariani

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