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In Ticino la carica dei padroncini

In Ticino i padroncini, ossia i lavoratori indipendenti, sono il doppio rispetto alla media nazionale swissinfo.ch

Dall'entrata in vigore della libera circolazione delle persone i padroncini italiani continuano a destare preoccupazione tra gli artigiani ticinesi.

In Svizzera i lavoratori autonomi possono lavorare per un massimo di 90 giorni all’anno e possono annunciarsi un giorno prima l’inizio dei lavori.

Una conferma del fenomeno è giunta pochi giorni fa dall’Osservatorio del mercato del lavoro: in Ticino la quota dei lavoratori indipendenti è doppia rispetto a quella nazionale: il 16% contro il 7%. La loro presenza cresce comunque anche nel resto della Confederazione.

A bordo dei loro furgoni, i padroncini – così vengono chiamati i lavoratori autonomi – varcano quotidianamente il confine, dove trovano clienti disposti a farli lavorare a un terzo della tariffa prevista per i colleghi ticinesi.

Così muratori, falegnami, idraulici, elettricisti ed imbianchini provenienti prevalentemente dalle due regioni di confine con il Ticino – ossia Lombardia e Piemonte – imbiancano case, sistemano tetti e pareti, posano piastrelle, installano cucine e impianti sanitari.

Generalmente lavorano senza badare a spese, senza contare le ore, senza controllo. In barba, insomma, alle regole e ai contratti collettivi di lavoro. E senza curarsi, in molti casi, delle direttive ambientali molto severe, specialmente per quanto concerne lo smaltimento del materiale edile.

Aumenta la concorrenza

Il cliente è contento di spendere meno, il padroncino è contento di guadagnare. Come non capirlo, visto che l’apertura del mercato glielo consente. Ma non tutti sorridono. “Questa situazione – dice a swissinfo Saverio Lurati, segretario cantonale del sindacato UNIA – ci preoccupa moltissimo perché questa categoria di lavoratori sfugge ai controlli”.

“Non sottostà ai contratti collettivi di lavoro, né ai tempi di lavoro, né ai salari: rappresenta, in certi casi, una concorrenza sleale, soprattutto nel settore dell’artigianato edile. Ma rappresenta anche una concorrenza sleale nei confronti dei lavoratori frontalieri regolarmente occupati nelle ditte svizzere”.

Con l’entrata in vigore dei bilaterali, sottolinea ancora il sindacalista, l’artigianato edile ticinese – che rappresenta una massa salariale annua di 400 milioni di franchi e quasi 7 mila lavoratori impiegati – è il settore più a rischio: “Il proliferare di indipendenti, o pseudo tali, sta mettendo a repentaglio il mantenimento occupazionale”.

In rivolta davvero?

Le preoccupazione dei ticinesi sui padroncini è del resto finita, nel corso dell’estate, sulle pagine del quotidiano italiano “La Repubblica” con il titolo: “Canton Ticino, rivolta contro gli italiani”. Ma corrisponde al vero? “Evidentemente nella vicina Penisola – ci dice Saverio Lurati – si enfatizza una situazione che non si basa però sulla realtà”.

“Vorrei ricordare che nel nostro cantone ci sono circa 40 mila frontalieri che entrano regolarmente in Ticino e che sono regolarmente occupati nelle aziende svizzere, con buoni stipendi. Quando noi difendiamo gli stipendi dei frontalieri, difendiamo queste 40 mila persone” a fronte di un numero nettamente inferiore di padroncini.

Un fenomeno da tenere sotto controllo

Senza i controlli dell’Associazione interprofessionale di controllo (AIC) – ha più volte ribadito alla stampa Claudio Suter, presidente dell’Unione dell’artigianato edile – la situazione sarebbe catastrofica. Molte delle ditte che chiedono dei permessi per lavorare in Ticino sono in realtà gestite dai padroncini stessi, che con pochi mezzi mettono in piedi un’azienda.

Bruno Zarro, ispettore dell’AIC, conosce molto bene la situazione che, grazie al costante monitoraggio, è abbastanza sotto controllo. “In base alle mie verifiche – dichiara a swissinfo l’ispettore – i casi di abusi e di palese concorrenza sleale sono, tutto sommato, contenuti. Perlomeno nel settore dell’artigianato edile e sulla base dei controlli che riusciamo ad effettuare ogni anno”

Le verifiche non sono semplici: occorre per esempio controllare come vengono emesse le fatture, se l’indipendente dichiara in Italia quanto guadagna in Svizzera e se paga l’AVS in Svizzera. “Quello che è certo, è che i padroncini sfuggono ai minimi salariali, innescando così una dinamica di concorrenza”.

I paletti predisposti in Ticino per sorvegliare il fenomeno stanno comunque portando i primi frutti: le ditte e gli indipendenti sanno di essere guardati a vista. “Ogni anno controlliamo dalle 1’200 alle 1’300 ditte straniere e ticinesi che lavorano sul territorio cantonale. E posso affermare che le ditte che abusano sono sempre meno”.

Il gioco dei subappalti

Intanto in questa zona grigia c’è anche chi ne approfitta: come le ditte ticinesi o svizzere che subappaltano i lavori ai padroncini, scaricando quindi tutti i rischi sugli indipendenti e aumentando al tempo stesso i propri margini di profitto. Insomma una specie di dumping al contrario. Pescate, finora, a compiere questi giochetti, una decina di imprese (di quelle controllate).

La comunità contrattuale del settore artigianale legato all’edilizia – che riunisce la associazioni padronali e i sindacati firmatari dei contratti collettivi – ha dunque chiesto al governo ticinese maggior rigore nell’applicazione della legge sugli appalti, che impedisce esplicitamente il subappalto.

A livello del mercato del lavoro la situazione resta però preoccupante. “Intanto perché oggettivamente non riusciamo a controllare tutte le ditte – osserva ancora Bruno Zarro – e poi perché le ditte che entrano in Ticino costituiscono davvero una massa enorme”.

swissinfo, Françoise Gehring, Bellinzona

In Ticino la quota dei lavoratori indipendenti è doppia rispetto a quella nazionale (16% contro 7%).
La maggior parte dei temporanei da oltre confine è attiva per periodi inferiori ai 20 giorni.
Nei primi 6 mesi del 2006 alle dogane ticinesi sono stati fermati 305 lavoratori (distaccati o indipendenti) senza essere in possesso della notifica necessaria.
Nel secondo trimestre del 2006 in Ticino il numero di frontalieri era di 36’437 unità (Ginevra 44’611 e Basilea 30’066).

Il primo giugno 2002 sono entrati in vigore gli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’Unione europea, tra cui la prima fase della libera circolazione delle persone su tutto il territorio dell’Unione europea e della Svizzera per i cittadini europei e svizzeri.

Il primo aprile 2006 è entrata in vigore la seconda fase della libera circolazione, unitamente al rafforzamento delle misure d’accompagnamento, che saranno mantenute fino al 31 maggio del 2007.

Il primo giugno 2007 la libera circolazione sarà estesa ulteriormente con l’abolizione dei contingenti e delle zone di frontiera (30 km).

Se è vero che gli effetti della libera circolazione delle persone sono tutto sommato sotto controllo, il problema in Ticino risiede piuttosto nei salari.

Secondo i dati rilevati dall’Osservatorio del mercato del lavoro i salari attuali per i frontalieri alle dirette dipendenze di un’azienda sono in generale nella media, non così invece quelli praticati delle agenzie di collocamento, regolarmente al di sotto della media. E il problema colpisce soprattutto le donne.

Il vero rischio di dumping salariale, a cui la Commissione tripartita intende prestare molta attenzione, è dunque legato alla politica delle agenzie di collocamento, molto attive nella richiesta di permessi di lavoro.

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