Inflazione in calo in Svizzera: scende a 1,1%, ma alloggio più caro
(Keystone-ATS) L’inflazione è in calo in Svizzera: in agosto la crescita dei prezzi su base annua si è attestata all’1,1%, a fronte dell’1,3% registrato sia in luglio che in giugno e all’1,4% dei due mesi precedenti. Il costo dell’alloggio continua però a salire in modo notevole.
Stando ai dati pubblicati oggi dall’Ufficio federale di statistica (UST), nell’ottavo mese dell’anno l’indice dei prezzi al consumo ha totalizzato 107,5 punti. Il rincaro di agosto è nella fascia medio-bassa delle aspettative: gli analisti interpellati dall’agenzia Awp scommettevano infatti su valori compresi fra +1,0% e +1,3%. A livello mensile i prezzi sono invece rimasti stabili (i pronostici si muovevano fra -0,1% e +0,2%), mentre in luglio era stata osservata una flessione percentuale pari allo 0,2%.
Secondo gli esperti dell’UST la stabilità dell’indice rispetto al mese precedente è il risultato di tendenze opposte che si sono compensate a vicenda: sono aumentati i prezzi delle abitazioni nonché quelli dei vestiti e delle calzature, mentre risultano meno cari i trasporti aerei, i viaggi forfetari internazionali, le tariffe del settore alberghiero e paralberghiero, il noleggio di veicoli e l’olio di riscaldamento. Sempre interessante inoltre è l’evoluzione dei prodotti alimentari, che mettono a referto un -0,3 mensile e un -0,1% annuo, così come quella del comparto abitazione ed energia (rispettivamente +0,5% e +3,8%), che comprende gli affitti.
Negativa ancora sino al marzo 2021, l’inflazione è salita sensibilmente in Svizzera, arrivando a toccare un picco del 3,5% nell’agosto 2022, per poi tornare a calare lievemente e chiudere il 2022 con un dato (medio) del 2,8%, il massimo da 30 anni. Nel 2023 il punto più alto è stato osservato in febbraio (3,4%) e la media dell’anno è stata del 2,1%. Nel 2024 il minimo è stato rilevato in marzo (1,0%), il massimo (1,4%) in aprile e maggio.
L’indicatore elvetico in agosto è a livelli inferiori di quello dell’Eurozona (+2,2%, in calo dal +2,6% di luglio). Per avere la corrispondente indicazione degli Stati Uniti bisognerà attendere qualche giorno: in luglio il rincaro era al 2,9%.
Passando ai dettagli relativi all’inflazione elvetica di agosto nel confronto con luglio i prezzi dei prodotti indigeni sono rimasti stabili, mentre quelli dei prodotti importati hanno subito un decremento dello 0,1%. Su base annua i primi segnano +2,0%, i secondi -1,9%. Lo zoccolo dell’inflazione – che nella definizione dell’UST è il rincaro totale senza quello concernente prodotti freschi e stagionali, energia e carburanti – mostra una variazione rispettivamente di +0,1% (mese) e di +1,1% (anno).
L’UST calcola anche un indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA), misurato con la metodologia in uso nell’Unione europea, con l’obiettivo di raffrontare i dati elvetici con quelli delle nazioni comunitarie. Visto da questa prospettiva agosto presenta un rincaro nullo (mese) e del +1,0% (anno).
Come noto l’efficacia dell’indice dei prezzi al consumo nell’illustrare il costo della vita percepito dai consumatori è peraltro spesso al centro di grandi discussioni. Questo è particolarmente vero in Svizzera perché, per motivi metodologici, il tasso calcolato dai funzionari di Neuchâtel non comprende i premi dell’assicurazione malattia di base, un punto di spesa che è in forte progressione nei bilanci delle famiglie elvetiche.
Il rincaro stabilito dall’UST ha una grande importanza in vari ambiti: dalle negoziazioni salariali agli affitti, passando per la fissazione degli alimenti nell’ambito dei divorzi. L’inclusione o no dei premi delle case malati ha quindi un effetto tutt’altro che secondario su molti cittadini.
L’inflazione è monitorata con attenzione anche dalla Banca nazionale svizzera (BNS), che persegue come obiettivo la stabilità dei prezzi, intesa come un rincaro compreso tra lo 0 e il 2%. Per frenare la crescita dei prezzi l’istituto fra il 2022 e il 2023 aveva proceduto a cinque aumenti del tasso guida, che era così salito dal -0,75% al +1,75%. Lo scorso 21 marzo, constatando che l’inflazione è scesa sotto il 2%, l’entità guidata sino a fine settembre da Thomas Jordan aveva proceduto a un taglio del costo del denaro, che era sceso all’1,50%: la BNS era stata la prima grande banca centrale ad operare una sforbiciata ai tassi, dopo la fase di rialzi dei prezzi avvenuta in particolare in concomitanza con l’inizio della guerra in Ucraina e le relative sanzioni contro la Russia. L’istituto ha confermato lo stesso approccio nell’ultimo esame della politica monetaria: il 20 giugno ha ulteriormente abbassato il tasso guida, portandolo all’1,25%. Il prossimo appuntamento è fissato al 26 settembre.