
Novartis scommette sui farmaci contro l’invecchiamento

Il colosso farmaceutico svizzero Novartis torna a investire nella ricerca sull'invecchiamento. L'obiettivo è sviluppare un farmaco di successo in uno dei mercati più in crescita – e potenzialmente più redditizi – del settore: mantenere gli adulti in salute più a lungo.
Lo scorso dicembre Novartis ha annunciato una partnership inaspettata con BioAge Labs, una società biotech californiana poco conosciuta. L’accordo, che potrebbe costare alla multinazionale svizzera fino a 550 milioni di dollari (453,5 milioni di franchi), non prevedeva l’accesso a un nuovo candidato farmaco o a una tecnologia specifica.
Novartis puntava infatti a qualcos’altro: il vasto patrimonio di dati di BioAge – una risorsa fondamentale in sempre più settori, incluso quello farmaceutico, e talmente preziosa da essere spesso definita come il nuovo petrolioCollegamento esterno.
“Il nostro obiettivo è comprendere le cause biologiche dell’invecchiamento.”
Michaela Kneissel, Novartis
BioAge sostiene di possedere uno dei dataset più ampi e completi al mondo sulla longevità umana e disponibile per la ricerca farmaceutica. Per ottenerlo, l’azienda ha acquisito i diritti esclusivi dalle biobanche che custodiscono dati sanitari su migliaia di persone, monitorate fino a un periodo di 50 anni.
Sfruttando l’intelligenza artificiale e altre tecnologie avanzate, BioAge vuole identificare i fattori che determinano una vita lunga e in salute, facilitando così la scoperta e lo sviluppo di nuove terapie.
Un profilo perfettamente in linea con la strategia di Novartis, rimasta esclusa dal boom dei farmaci anti-obesità come Wegovy o Ozempic.
La compagnia di Basilea, infatti, non ha in sviluppo una propria versione di questi medicinali, e da tempo è alla ricerca di nuovi motori di crescita. Nel 2023 ha istituito il gruppo di ricerca Diseases of Ageing and Regenerative Medicine (DARe) con l’obiettivo di capitalizzare la propria esperienza nelle malattie muscolo-scheletriche e studiare a livello molecolare le cause delle patologie legate all’età.
“Il nostro obiettivo è comprendere le cause biologiche dell’invecchiamento, così da poter sviluppare terapie innovative per le malattie ad esso collegate” afferma a SWI swissinfo.ch Michaela Kneissel, che lavora per Novartis dal 1996 e oggi è la responsabile globale di DARe. “Speriamo che questo ci permetta di trattare intere classi terapeutiche, e non solo una malattia”.
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La ricerca di trattamenti per patologie che emergono o peggiorano con l’età diventa sempre più urgente – e potenzialmente redditizia – per le compagnie farmaceutiche, vista la transizione demografica senza precedenti che i Paesi sviluppati si trovano ad affrontare.
Le Nazioni Unite prevedono che entro il 2050 il numero di persone con almeno 60 anni raddoppierà rispetto al 2020, passando da 1 miliardo a 2,1 miliardi. Questa fascia di età arriverà a rappresentare circa il 20% della popolazione mondiale, mentre gli ultraottantenni triplicherannoCollegamento esterno, arrivando a quasi 430 milioni.
Con l’avanzare dell’età aumenta il rischio di sviluppare diverse malattie, tra cui cardiopatia coronarica, demenza e cancro. Per soddisfare la crescente domanda, il mercato dei farmaci geriatriciCollegamento esterno passerà da 153 miliardi di dollari nel 2023 a 222,5 miliardi entro il 2030, secondo le stime di Research and Markets, una società di analisi irlandese.
Paesi come Brasile, Cina, Arabia Saudita e Giappone stanno investendo molto nella salute della loro popolazione anziana e nella prevenzione delle malattie croniche. Nel 2024 il Brasile ha adottato la prima politica nazionale sulla cura delle persone affette da demenza, che secondo alcune stimeCollegamento esterno triplicheranno nel Paese, passando da 1,8 milioni nel 2019 a 5,6 milioni nel 2050.
Le aziende farmaceutiche come Novartis hanno investito miliardi nello sviluppo di farmaci per patologie legate all’avanzare dell’età, ma in passato hanno dedicato risorse molto limitate allo studio della biologia dell’invecchiamento – ovvero quei processi e meccanismi biologici che spiegano perché cellule, tessuti e organi progressivamente smettono di funzionare, portando allo sviluppo di malattie tipiche dell’anzianità.
Ma i grandi passi in avanti di scienza e tecnologia – nonché gli investimenti miliardari in startup che si occupano di longevità da parte di magnati del settore tech come Jeff Bezos e Sam Altman – hanno spinto Novartis e altre importanti case farmaceutiche a partecipare alla ricerca in questo campo.
“Siamo entrati nell’era della quantificazione della biologia”, afferma Kneissel. “Abbiamo a disposizione una quantità enorme di dati sulla biologia umana. Possiamo esplorare ambiti scientifici finora inaccessibili usando dati che provengono dall’essere umano, anziché basarci prevalentemente su quelli animali”.
“Ormai è chiaro che per trattare malattie come l’Alzheimer bisogna intervenire nelle fasi iniziali, prima ancora che compaiano i sintomi.”
Kristen Fortney, BioAge
I programmi di intelligenza artificiale sono in grado di analizzare milioni di cartelle cliniche, profili genomici e risultati di laboratorio per poi estrapolare schemi potenzialmente utili a prevedere l’insorgenza di malattie. Un processo che ha reso la ricerca sull’invecchiamento molto più semplice, rapida ed economica.
“Oggi possiamo farci sequenziare l’intero genoma per poche centinaia di dollari”, dice Vittorio Sebastiano, biologo riproduttivo presso la Stanford University e fondatore di Turn Biotechnologies, una startup in fase preclinica che studia come invertire il declino cellulare legato all’invecchiamento. “Un tempo non avevamo accesso a una tale quantità di informazioni a costi così contenuti. E oggi disponiamo anche di strumenti molto più avanzati per gestirle”.
Lezioni dal passato
Novartis si è già occupata di ricerca in questo campo. Nel 2014 l’azienda ha condotto alcuni studi cliniciCollegamento esterno per valutare le potenziali proprietà anti-invecchiamento di un farmaco oncologico prodotto dalla stessa Novartis, everolimus.
Alcune ricerche avevano dimostrato come un farmaco molto simile, la rapamicina, fosse in grado di prolungare la vita di diverse specie animali. Sia l’everolimus che la rapamicina agiscono sulla mTOR, una proteina coinvolta in molti processi cellulari influenzati dall’età.

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All’epoca i media avevano accoltoCollegamento esterno la notizia come il segnale che una grande svolta nella ricerca di un “elisir di lunga vita” fosse all’orizzonte. Sembrava l’inizio di una nuova era nello sviluppo di farmaci contro l’invecchiamento, un campo che fino ad allora non aveva attirato molto interesse da parte delle grandi case farmaceutiche.
Ma un paio di anni dopo Novartis ha ceduto la ricerca a una piccola azienda, ResTORbio, mantenendo solo una partecipazione minoritaria, mentre avviava una profonda ristrutturazione aziendale per concentrarsi su terapie innovative. Ricavare un profitto significativo dall’everolimus sarebbe stato difficile, visto che la Food and Drug Administration (FDA) statunitense non riconosce l’invecchiamento come una condizione trattabile e i brevetti per il farmaco stavano per scadere.
Oggi però Novartis ha buone ragioni per tornare a investire nel settore, forte di una nuova prospettiva, strumenti più avanzati e dati di qualità superiore. Molte malattie legate all’età, infatti, si sono rivelate difficili da decifrare con i metodi di ricerca farmaceutica tradizionali
Decenni di ricerca sull’Alzheimer, ad esempio, hanno portato a opzioni terapeutiche limitate. Ricercatori e ricercatrici non hanno ancora compreso le cause all’origine della malattia, e anche i farmaci di ultima generazione rallentano la perdita di memoria solo in misura modesta.

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Lo stesso vale per l’osteoartrite, una patologia degenerativa delle articolazioni che colpisce circa 600 milioni di persone, per lo più di età pari o superiore ai 55 anni. Ad aprile Novartis ha interrotto la ricerca su due candidati farmaciCollegamento esterno contro l’osteoartrite che si trovavano nella fase II della sperimentazione clinica, perché non alleviavano il dolore in modo sufficiente.
Alla luce di questi risultati l’attenzione si è spostata sulle cause all’origine delle patologie. “C’è sempre più interesse da parte delle grandi case farmaceutiche per la biologia dell’invecchiamento, così da poter individuare nuovi bersagli terapeutici, ovvero molecole specifiche su cui un farmaco agisce per la prima volta”, spiega Kristen Fortney, CEO e fondatrice di BioAge. “Ormai è chiaro che per trattare malattie come l’Alzheimer bisogna intervenire nelle fasi iniziali, prima ancora che compaiano i sintomi”.
Novartis non ha specificato su quali bersagli terapeutici stia lavorando tramite DARe, ma ha dichiarato che la “biologia dell’esercizio fisico” rappresenta una priorità, poiché l’attività fisica è “un intervento dall’efficacia dimostrata in numerose patologie associate all’età,” afferma Michaela Kneissel. Grazie a questo approccio, ad esempio, si potrebbe trovare il modo per preservare la massa muscolare in concomitanza della perdita di peso, o rigenerare la cartilagine del ginocchio in pazienti con osteoartrite.
Secondo Kneissel, “con l’avanzare della ricerca sull’invecchiamento ci sarà la possibilità di intervenire in fasi molto precoci, o forse addirittura prevenire del tutto l’insorgenza delle malattie. Questa è la prospettiva di lungo periodo.”
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Negli ultimi anni sono stati sviluppati alcuni trattamenti innovativi, come le terapie cellulari e genetiche, che agiscono direttamente sui fattori che danno origine a una malattia. Questi progressi hanno fatto aumentare la speranza che un giorno le aziende farmaceutiche possano manipolare direttamente i geni e i processi cellulari coinvolti nell’invecchiamento. Alcuni scienziati sono convintiCollegamento esterno che sarà possibile “riavvolgere il tempo” delle cellule invecchiate, ripristinando funzioni tipiche di cellule più giovani.
Il successo dei farmaci contro l’obesità come Ozempic, un agonista del recettore GLP-1, ha alimentato l’entusiasmo per la biologia dell’invecchiamento, facendo intravedere la possibilità che in futuro un singolo farmaco possa agire sulla causa di molte malattie diverse. Il GLP-1, un ormone intestinale che regola i livelli di zucchero nel sangue, sembra infatti perdere efficacia con l’avanzare dell’età.
“Tra gli 8 miliardi di persone su questo pianeta ci sono già oggi moltissimi individui che invecchiano molto meglio della media”, afferma Fortney. “Se riuscissimo a comprendere meglio l’invecchiamento potremmo individuare che cosa dà origine alle malattie e sviluppare farmaci in grado di agire su più patologie simultaneamente”.
Migliorare gli incentivi
Questi progressi scientifici arrivano in un momento di crescente preoccupazione per i costi economici, finanziari e sociali dell’assistenza a una popolazione sempre più anziana, e i finanziamenti alla ricerca in questo ambito stanno aumentando di conseguenza.
Il National Institutes of Health (NIH), la principale agenzia statunitense per la ricerca medica, ha raddoppiato i fondi destinati agli studi sull’invecchiamento dal 2016 al 2023, passando da 3,1 a 6,3 miliardi di dollari. L’amministrazione Trump ha inseritoCollegamento esterno le malattie croniche tra le priorità della sua politica di salute pubblica “Make America Healthy Again”.
Con il crescere della spesa dedicata alle malattie dell’invecchiamento – che grava non solo sui governi, ma anche sui singoli individui – le autorità sanitarie e regolatorie devono ripensare la maniera in cui ricompensano le aziende farmaceutiche, in modo da incentivare lo sviluppo di nuove terapie in grado di trattare o prevenire queste patologie, afferma Johan Auwerx, esperto di metabolismo cellulare presso il Politecnico federale di Losanna.
In Svizzera nel 2022 oltre la metà (52%) della spesa sanitaria ha riguardato persone con più di 60 anni, che però costituiscono solo un quarto della popolazione.
Per adesso le autorità non classificano l’invecchiamento come una malattia. I farmaci che mirano a intervenire direttamente su di esso non quindi ricevono l’approvazione e difficilmente vengono rimborsati.
Per questa ragione le aziende si sono concentrate su disturbi specifici e diagnosticabili legati all’età, come l’Alzheimer, l’osteoporosi o la sarcopenia. Questo approccio normativo rappresenta una sfida per lo sviluppo di terapie che mirano a rallentare o invertire i processi biologici dell’invecchiamento, piuttosto che a trattare una singola malattia.
“La popolazione diventa sempre più anziana e i sistemi sanitari e le assicurazioni non saranno in grado di reggere il conseguente aumento della spesa”, prevede Auwerx, fondatore di diverse start-up che si occupano di malattie legate all’avanzare dell’età. “Serve un nuovo modello: chi lavora per far sì che la spesa sanitaria si abbassi deve poter rientrare nei propri investimenti. Solo così vedremo l’industria farmaceutica impegnarsi seriamente in questo campo.”
Tagliare il traguardo
Per Michaela Kneissel l’obiettivo di DARe è chiaro, ed è sviluppare farmaci – un approccio diverso rispetto a chi si occupa di longevità, concentrandosi sull’aumento dell’aspettativa di vita, spiega a swissinfo.ch. “Nel caso di DARe quella è una conseguenza indiretta del nostro lavoro.”
Anche se la longevità non è l’obiettivo principale di Novartis, un farmaco che si basi sulla biologia dell’invecchiamento rappresenterebbe una svolta importante, visto che finora questo campo ha fatto fatica a trasformare la ricerca scientifica in prodotti commerciali.

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Calico – un’azienda controllata di Alphabet, la società madre di Google – è stata fondata nel 2013 con un investimento di circa 3,5 miliardi di dollari e con l’obiettivo di prolungare la vita umana. Dopo oltre dieci anni di ricerca ha pubblicato numerosi articoli accademici, ma non ha sviluppato nessun farmaco approvato. A gennaio Calico ha annunciato il fallimentoCollegamento esterno degli studi clinici su fosigotifator, un farmaco sviluppato in collaborazione con il gruppo statunitense AbbVie per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica.
A inizio maggio Unity Biotechnology – un’azienda di San Francisco specializzata in invecchiamento e malattie oculari – ha licenziato l’intero personale dopo che uno studio clinico ha dimostratoCollegamento esterno che il loro trattamento non era più efficace di un’altra terapia già presente sul mercato.
A gennaio anche BioAge ha subito una battuta d’arresto, indipendente dalla sua partnership con Novartis: lo studio clinico di un potenziale farmaco contro l’obesità è stato interrotto quando sono emerse preoccupazioniCollegamento esterno riguardo al suo profilo di sicurezza.
“Il valore della prevenzione comincia a essere riconosciuto. La ricerca sull’invecchiamento ha sempre cercato di fare leva su questo,” afferma Fortney. “Quello che serve adesso è che alcuni di questi farmaci riescano davvero a tagliare il traguardo.”
A cura di Nerys Avery/vm/hs/ds
Traduzione di Vittoria Vardanega

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