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Intrecci tra natura e antenne militari in “Valentina e i MUOStri”

Keystone-SDA

Nel documentario "Valentina e i MUOStri" della regista italiana Francesca Scalisi il percorso di emancipazione della ventisettenne Valentina si intreccia alla presenza in Sicilia del MUOS, un sistema di enormi antenne e parabole militari americane.

(Keystone-ATS) Valentina trascorre ore a fare rose di lana all’uncinetto, non ha un lavoro e vive ancora con i genitori, la cui età avanza.

La storia di Valentina e della sua famiglia è strettamente legata a quella del MUOS, il sistema di comunicazioni satellitari dell’esercito americano che dal 1991 è situato a Niscemi, in Sicilia, in una riserva naturale di querce centenarie, a pochi metri da casa sua.

Le condizioni di salute di suo padre Salvatore, si degradano a causa delle onde elettromagnetiche emesse dalle parabole che fanno interferenza con il suo pacemaker. Le responsabilità ricadono quindi su Valentina, che deve fare l’autista di famiglia, imparando a guidare nelle strade di campagna. È l’inizio di un percorso di emancipazione che si svolgerà nel corso del film.

Strumento di guerra

Il MUOS, acronimo inglese che sta per Mobile User Objective System, “assicura le comunicazioni segrete delle forze di superficie, sottomarine, aeree e terrestri, e permette di comandare a distanza dei mezzi militari come i droni”, indica il dossier stampa del documentario. Si tratta di uno strumento di guerra situato in un luogo originariamente di pace, una riserva naturale deturpata dalle antenne ma anche da incendi, come viene mostrato nel documentario.

“La stazione di telecomunicazioni di Niscemi (Caltanissetta) è attiva dal 1991. Si tratta di una delle infrastrutture militari più estese del territorio italiano”, si legge sul sito nomuos.info, dell’associazione che si oppone al MUOS. Il documentario ne mostra una manifestazione, a cui Valentina, contro l’avviso dei genitori, parteciperà.

Nonostante le proteste, la base militare esiste tuttora, all’insaputa di gran parte della popolazione italiana. La stessa Scalisi ne è venuta a conoscenza per caso, guardando un servizio alla televisione e se n’era subito interessata.

Un parco di antenne

Numerose le immagini che contrappongono la natura talvolta intatta, poi anche bruciata, della campagna siciliana a immagini della tecnologia, dalle antenne della base militare alle pale degli elicotteri che sorvolano il luogo.

Ai fiori, fanno seguito riprese delle giganti parabole che, di giorno come di notte, sono funzionanti, disturbando la quiete della riserva naturale.

“Anziché farsi schiacciare dall’ostilità del territorio e dalla situazione che vive quotidianamente, Valentina è spinta a trovare delle vie d’uscita, alternative, nel suo caso alternative creative”, viene citata Scalisi nel dossier stampa. Valentina lascia la sua traccia, con un tocco di creatività, aggiungendo qui e là le sue rose di lana al paesaggio che la circonda.

Il potere del suono

A colpire nel documentario, oltre alle immagini sublimi, è il suono. All’inizio, volutamente, il sibilo delle onde elettromagnetiche è onnipresente e alquanto disturbante da interrogare lo spettatore sulla sua funzione. “La sensazione di ostilità che alcuni di questi suoni possono suscitare si affievolisce man mano che Valentina procede nel suo percorso di emancipazione, fino a diventare un ambiente sonoro più accogliente e naturale alla fine del film”, spiega la sound designer Olga Kokcharova, citata nel dossier stampa.

Presentando il documentario al pubblico delle Giornate di Soletta, la regista ha spiegato che la registrazione del suono è stata effettuata da Kokcharova sul posto con microfoni appositi che captassero anche i rumori meno udibili, come quelli delle onde elettromagnetiche.

“Valentina e i MUOStri” è stato presentato in anteprima lo scorso anno al festival Visions du Réel a Nyon (VD), dove si è aggiudicato il Premio speciale della giuria nel Concorso nazionale. Valentina in quell’occasione ha potuto presenziare per presentare il film, si è trattato della sua prima volta al di fuori della Sicilia, ha spiegato la regista a Soletta. Un altro indizio del suo percorso di emancipazione.

Film girati in Sicilia

Quello di Scalisi, che risiede a Friburgo, dove ha cofondato la società di produzione DOK MOBILE, non è l’unico documentario girato in Sicilia presentato alle Giornate di Soletta. Nel programma c’era anche “Iddu – Racconti dell’isola”, girato sull’isola di Stromboli, dalla regista svizzerotedesca Miriam Ernst.

Il protagonista è il vulcano Stromboli, che detta la vita degli abitanti dell’isola. C’è chi decide di scappare e chi di tornare, ciascuno racconta la sua storia e il suo rapporto a quel vulcano. Anche qui però la natura non viene rispettata a causa del turismo di massa di cui la stessa isola è vittima.

A Soletta ha poi vinto il Prix du Public un altro film girato in Sicilia, “Quir” di Nicola Bellucci. Nel suo documentario il regista italiano, da diversi anni residente a Basilea, narra la storia dell’omonimo negozio Quir a Palermo gestito da Massimo e Gino, che sono una coppia gay da ormai 42 anni.

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