La cooperazione umanitaria svizzera punta sull’innovazione

(Keystone-ATS) Aiuto umanitario alle popolazioni in difficoltà, accesso alle cure, riduzione della povertà, istruzione di base e formazione professionale: sono i capisaldi della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) per il 2018, illustrati oggi a Berna.
In un mondo sempre più globalizzato, i bisogni e le esigenze nel settore della cooperazione internazionale sono in continua evoluzione, ha detto il direttore della DSC Manuel Sager durante la conferenza stampa annuale.
Questo implica la necessità di reinventare le collaborazioni tra la politica, l’economia, la società civile e il mondo della ricerca. Per garantire un aiuto il più possibile efficace, la DSC lavora a stretto contatto con ricercatori e istituzioni svizzere che si contraddistinguono per le loro idee e i loro approcci innovativi.
Attualmente, in molti progetti della DSC, vengono applicate idee e tecniche ingegnose, ad esempio nuovi meccanismi di finanziamento per l’istruzione o, per i piccoli produttori agricoli, un accesso facilitato ai prezzi di mercato attraverso il cellulare.
Un altro esempio in tal senso è la sanità, uno degli assi programmatici globali della DSC. Oggi la resistenza agli antibiotici è motivo di preoccupazione a livello mondiale. In Tanzania, ad esempio, riguarda il 70% della popolazione. In mancanza di una diagnosi rapida, ai bambini con febbre vengono sistematicamente prescritti antibiotici, anche se in realtà solo nel 10% dei casi è presente un’infezione batterica. Grazie ad algoritmi elettronici e a una tavoletta digitale, un apposito progetto permette di effettuare una diagnosi rapida per garantire un trattamento adeguato e ridurre così il ricorso agli antibiotici e la resistenza a questi farmaci.
La DSC afferma inoltre di essere molto impegnata anche nel campo dei cambiamenti climatici. Il settore delle costruzioni e dell’edilizia è responsabile del 39% delle emissioni di carbonio legate all’energia. Un progetto sviluppato dal Politecnico federale di Losanna e da altri partner accademici mira a produrre un nuovo tipo di cemento con un tasso di emissioni di CO2 inferiore del 30% rispetto al cemento tradizionale.
“Attualmente – ha detto Sager – operiamo con una trentina di partner del settore privato, ma entro il 2020 contiamo di raddoppiare tale numero e siamo fiduciosi di poter raggiungere tale obiettivo”.