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La digitalizzazione delle pellicole spiegata da filmo

Alle prese con il restauro di una pellicola nel Centro di ricerca e di archiviazione di Penthaz (VD). (immagine d'archivio) KEYSTONE/LAURENT GILLIERON sda-ats

(Keystone-ATS) Come rendere accessibili i grandi classici del passato alle generazioni future? Come si passa da una bobina ad un film digitale? L’iniziativa filmo svela i segreti del mestiere in cinque video diffusi su YouTube.

Lo comunicano le Giornate di Soletta, promotrici dell’iniziativa in una nota, nonché lo stesso filmo sul suo sito web.

La mini serie, composta da cinque brevi episodi, è disponibile anche in versione integrale su YouTube e su www.filmo.ch, dove si può trovare una versione in francese con sottotitoli in italiano.

Ricerca nell’archivio

Il punto di partenza è l’archivio, viene spiegato nella prima parte della serie, ovvero la Cineteca svizzera di Losanna che nel centro di ricerca e archiviazione di Penthaz (VD) conserva migliaia di ore di documenti cinematografici, 85’000 tra lungometraggi e documentari, nonché manifesti e fotografie.

Se l’archivio della Cineteca svizzera non ha il film in questione lo si deve cercare nelle cineteche di altri Paesi come Italia e Francia, “nelle cantine o nelle soffitte private dei produttori”. Il materiale, composto idealmente da una bobina di 35mm, viene poi esaminato e documentato. Se la pellicola analogica necessita un restauro, ad esempio in caso di lacerazioni, è questo il momento opportuno per farlo.

Processo di digitalizzazione

Un film non si limita ad essere contenuto in un’unica bobina, nel caso citato come esempio nel video, “Il caseificio di Vehfreude” (1958) di Franz Schnyder è composto da una cinquantina di pellicole. Per il processo di digitalizzazione bisogna basarsi quindi su diversi negativi e copie. Le pellicole devono essere ispezionate e pulite prima di poter passare nello scanner che fotograferà ogni immagine del film.

Una procedura analoga va fatta con il negativo sonoro che viene posto in un apposito scanner sonoro. Una volta digitalizzato, “viene inviato a parte allo studio di registrazione per il restauro”, si indica nel video. I diversi file ottenuti sono registrati “in un enorme archivio digitale”.

Restauro immagini digitali

Tre i passaggi fondamentali del restauro digitale citati nella serie ci sono stabilizzazione, pulizia dell’immagine, ripristino del look originale del film. Diversi programmi digitali di restauro permettono di effettuare questi compiti e accorgimenti, sempre sotto l’occhio attento di un esperto che controlla.

Segue poi la determinazione dei colori e della luce in HDR (High Dynamic Range) del film, che in teoria permette di “rappresentare una luminanza che arriva a 10’000 nit”, ciò che equivale alla percezione dell’occhio umano.

Nello studio di registrazione

Analogamente alle immagini, una volta che il suono è stato digitalizzato e caricato sui server dello studio di registrazione, viene analizzato dall’ingegnere del suono per mezzo di programmi specializzati. Ad esempio, le parti delle pellicole incollate durante il montaggio generano rumori parassiti che vanno rimossi uno a uno.

Con il sostegno di filmo, progetto promosso dalle Giornate di Soletta e dal fondo pionieristico Migros, è stato possibile digitalizzare 50 film svizzeri e proporne 118 al pubblico, fra questi si cita “Heidi – Son tornata per te” (1952) di Luigi Comencini, primo film in bianco e nero ad essere digitalizzato in HDR.

https://www.filmo.ch/

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