Come la Svizzera intende affrontare la carenza di manodopera
Entro il 2040 sul mercato del lavoro svizzero mancheranno diverse centinaia di migliaia di persone, secondo diversi studi. Come si potrà continuare a far funzionare i treni e gli ospedali? Il dibattito sul ruolo dello Stato nell'anticipare questa carenza è solo agli inizi.
È una realtà che colpisce il mercato del lavoro, non solo in Svizzera, dopo la fine della pandemia di coronavirus. Molte aziende hanno difficoltà a reclutare personale per soddisfare la forte domanda. Sebbene negli ultimi mesi l’inflazione abbia leggermente attenuato la ripresa economica post-Covid, e di conseguenza il fabbisogno di manodopera, secondo gli ultimi dati dell’Ufficio federale di statisticaCollegamento esterno (UST), alla fine del 2023 erano ancora vacanti più di 110’000 posti di lavoro.
Il fenomeno è destinato a intensificarsi. Secondo le associazioni imprenditoriali, entro il 2040 ci sarà una carenza di quasi 430’000 persone nel mercato del lavoro, soprattutto a causa dei cambiamenti demografici.
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L’afflusso di giovani non sarà in grado di compensare la generazione del cosiddetto “baby boom” che va in pensione. Altri studi, come quello dell’associazione Impiegati Svizzeri, dipingono un quadro ancora più fosco. Secondo le stime, entro il 2035 il mercato del lavoro svizzero potrebbe essere privo di quasi 1,2 milioni di persone.
Le autorità svizzere ammettono che le aziende saranno sempre più in competizione per attrarre manodopera. Tuttavia, invitano alla cautela con queste cifre e a non drammatizzare la situazione.
“Questo effetto demografico è stato e sarà probabilmente mitigato in una certa misura dall’immigrazione. In generale, non è facile estrapolare la situazione del mercato del lavoro, che è in continua evoluzione”, sottolinea Françoise Tschanz, portavoce della Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SECO).
L’approccio liberale della Svizzera
A livello globale, non esistono statistiche dettagliate sull’entità del fenomeno o sul suo sviluppo futuro. Resta il fatto che molti Paesi, non solo occidentali, dovranno rimboccarsi le maniche per riempire i posti lasciati vacanti dalla transizione demografica e dall’invecchiamento della popolazione.
“Finora il problema ha riguardato soprattutto i Paesi ricchi. Ma la carenza di manodopera comincia a diventare una sfida per alcuni Paesi emergenti”, sottolinea Ekkehard Ernst, responsabile della divisione macroeconomia dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) a Ginevra. Penso in particolare alla Cina, che sta lottando per trovare lavoratori per il suo settore agricolo. Con l’invecchiamento della popolazione mondiale, questo fenomeno è destinato a peggiorare”.
Secondo il Governo svizzero, non è necessario alcun intervento statale speciale per evitare carenze in settori chiave dell’economia come la sanità, l’energia o i trasporti.
“Il mercato del lavoro funziona molto bene. La formazione professionale duale è un vantaggio, in quanto si adatta costantemente alle esigenze delle aziende. Inoltre, il livello di istruzione in Svizzera è alto e negli ultimi anni è cresciuto ulteriormente”, afferma Françoise Tschanz.
Questo approccio decisamente liberale e ottimista ha funzionato piuttosto bene per la Svizzera fino ad oggi. Ma ha avuto successo solo grazie al massiccio afflusso di manodopera immigrata, soprattutto dai Paesi dell’Unione Europea.
Dal 2002, quando è entrata in vigore la libera circolazione delle persone, la popolazione del Paese è cresciuta del 20%, raggiungendo i 9 milioni. Una crescita demografica impressionante che non ha eguali in Europa.
>> Da rivedere: il nostro dibattito sulla crescita demografica in Svizzera e le sue conseguenze politiche:
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“La Svizzera deve ragionare su un politica migratoria meno incentrata sui suoi vicini”
Aiutare le famiglie e dare lavoro alle persone anziane
La maggior parte degli specialisti e delle specialiste concorda sul fatto che la concorrenza internazionale per la manodopera qualificata si intensificherà nei prossimi anni. E nonostante i suoi stipendi elevati e un ambiente di vita molto apprezzato dalle persone espatriate, la Svizzera non è nella posizione migliore per attrarre le migliori braccia e i migliori cervelli, afferma Rafael Lalive, professore all’Università di Losanna e specialista del mercato del lavoro.
“Non siamo competitivi quando si tratta della qualità dell’accoglienza offerta alle famiglie. Francia, Germania e Italia hanno sistemi di assistenza all’infanzia molto migliori. Di conseguenza, la Svizzera si sta privando di una forza lavoro potenziale che diventerà ancora più importante in futuro: le donne qualificate con figli”, sottolinea l’esperto.
Secondo Rafael Lalive, lo Stato dovrebbe svolgere un ruolo molto più importante nel sostenere la politica familiare, che attualmente viene descritta da alcuni come il parente povero della politica sociale svizzera.
Allo stesso tempo, l’esperto del mercato del lavoro è favorevole a un aumento flessibile dell’età pensionabile, in particolare per le persone che svolgono professioni senza troppe fatiche fisiche. Anche se impopolare, questo passo, già compiuto in molti Paesi, consentirebbe di colmare gran parte delle lacune del mercato del lavoro.
Da Google alla transizione energetica
Fautrice del non interventismo, la SECO ritiene che il progresso tecnologico consentirà alle aziende di ottenere le stesse prestazioni con meno lavoro.
Un’ipotesi che non convince Ekkehard Ernst. “È un po’ come il serpente che si morde la coda. Meno manodopera si ha a disposizione, meno si può investire in tecnologie che aumentano la produttività”, sottolinea l’economista dell’Organizzazione internazionale del lavoro.
In tempi di carenza, la distribuzione della manodopera qualificata tra le diverse attività economiche diventa una questione cruciale. “Negli ultimi 15 anni, le nuove tecnologie sono state sviluppate principalmente in settori in cui non hanno un grande impatto positivo in termini economici, sociali o ambientali”, rileva Ekkehard Ernst. Basti pensare ad applicazioni come Facebook, Instagram o TikTok. D’altra parte, nel settore delle costruzioni, ad esempio, siamo tornati allo stesso livello di produttività degli anni ’50”.
Lo Stato dovrebbe quindi costringere le e gli ingegneri a lavorare per migliorare l’isolamento degli edifici piuttosto che sviluppare gli algoritmi di Google?
“La libertà di scegliere la propria professione è un diritto fondamentale. Lo Stato può intervenire solo in ultima istanza per destinare la manodopera a settori in cui è urgentemente necessaria, come è avvenuto per mantenere in funzione gli ospedali durante la crisi di Covid”, osserva Rafael Lalive.
Rendere il lavoro più attraente
D’altra parte, aggiunge Ekkehard Ernst, le autorità hanno un ruolo da svolgere introducendo incentivi – e tasse – volti a riorientare le attività di mercato, e quindi la forza lavoro, verso i luoghi in cui è necessaria.
“Nei progetti infrastrutturali o di mobilità, ad esempio, potremmo sfruttare maggiormente le competenze dei giganti tecnologici senza che lo Stato debba pilotare tutti i dettagli dell’economia e del mercato del lavoro”, sottolinea Ernst.
E quando è lo Stato stesso a stabilire le condizioni di lavoro, come avviene nei settori della sanità e dei trasporti pubblici, può anche influenzare l’attrattiva del lavoro.
“Dobbiamo offrire salari più alti e condizioni di lavoro più flessibili, soprattutto per le donne. Certo, questo ha un costo: a nessuno piace pagare di più per il biglietto dei trasporti o per i premi dell’assicurazione sanitaria. Ma alla fine – conclude Rafael Lavile – queste sono le uniche misure che ridurranno effettivamente la carenza di manodopera in questi settori”.
Articolo a cura di Pauline Turuban
Tradotto con l’aiuto di Deepl/mar
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