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Europa a 25: paura di dumping salariale

Libera circolazione, ma progressiva Keystone

In maggio l’allargamento ad est dell’Unione europea sarà una realtà. L’apertura del mercato del lavoro svizzero ai dieci nuovi membri dell’Ue avverrà gradualmente entro un periodo massimo di sette anni.

In Svizzera vi sono timori per una spinta al ribasso dei salari.

Per l’apertura del mercato del lavoro svizzero ai nuovi dieci paesi membri dell’Unione Europea rimane ancora aperta una sola questione di peso: quando deve iniziare il regime transitorio.

Lo ha riferito l’Ufficio federale dell’immigrazione, dell’integrazione e dell’emigrazione (IMES) dopo la seduta negoziale tenutasi mercoledì a Bruxelles, sottolineando che la soluzione deve essere trovata ai più alti livelli politici.

Apertura graduale

Il primo maggio dieci nuovi stati entreranno a fare parte dell’Unione Europea, ma il mercato svizzero del lavoro non sarà tenuto ad accoglierne i cittadini prima di almeno sette anni. Eppure nel paese voci critiche, da destra come da sinistra, sostengono che l’arrivo di manodopera a basso costo dall’Europa centrale e orientale toglierà lavoro ai cittadini svizzeri.

La Confederazione, che non fa parte dell’UE, ha stipulato un accordo per la libera circolazione dei lavoratori con gli attuali 15 stati membri dell’Unione. L’accordo ha gradualmente aperto il mercato del lavoro e semplificato la vita ai cittadini svizzeri che vogliano risiedere e lavorare in un paese europeo, così come a quelli europei che vivono e lavorano nella Confederazione.

Secondo le voci critiche, l’estensione di questo accordo ai dieci nuovi membri dell’UE provocherebbe un afflusso massiccio di persone che dall’Europa centrale e orientale verrebbero a cercare lavoro in Svizzera.

Xenofobia

La destra dell’UDC è schierata in prima linea per impedire che l’accordo sia esteso ai nuovi membri dell’Unione. Ma secondo René Schwok, docente di Istituzioni politiche europee all’Università di Ginevra, lo fa con argomentazioni xenofobe e irrazionali.

“Sono xenofobi, laddove si oppongono a quella che chiamano invasione di cittadini dell’Europa centrale e orientale”, dice a swissinfo. “Ed è una paura irrazionale che li spinge a immaginare, per esempio, centinaia di migliaia di polacchi che all’improvviso si vengono a stabilire in Svizzera”, spiega.

Resistenze all’estensione dell’accordo sono presenti anche nella sinistra e in particolare nei sindacati. René Schwok spiega che in questo caso le preoccupazioni si fondano sul timore di una svalutazione dei salari e sono – almeno in parte – giustificate.

“A differenza della maggior parte dei paesi europei, in Svizzera non ci sono minimi salariali stabiliti e i cosiddetti contratti collettivi esistono solo per alcune professioni. I sindacati chiedono al governo di garantire che non ci sarà svalutazione dei salari e che i contratti collettivi saranno estesi ad altri settori”.

Immigrazione di massa

Ma a quanto pare, la Svizzera non è l’unica a temere l’apertura del mercato del lavoro ai dieci nuovi membri dell’Unione Europea. 14 degli attuali 15 stati membri dell’UE hanno introdotto misure transitorie che limitano la circolazione dei lavoratori, in particolare di quanti provengano dall’Europa centrale e orientale. E queste misure dovrebbero rimanere in vigore per due anni.

Diana Wallis, deputata inglese al Parlamento Europeo, ritiene ingiustificati i timori di un’immigrazione di massa verso la Confederazione elvetica, così come verso ogni altro paese europeo.

“Nessun elemento indica l’imminenza di un’ondata migratoria di massa verso la Svizzera né verso nessun’altra parte del continente. Ogni analisi accurata e specifica ci dice che è un’ipotesi priva di fondamento e d’altronde le precedenti tappe dell’allargamento dell’UE hanno mostrato che se migliorano le condizioni economiche la gente preferisce rimanere a casa propria”, dice Diana Wallis a swissinfo.

Transizione

La Svizzera ha negoziato un periodo di transizione di sette anni, al termine del quale dovrà aprire il suo mercato del lavoro ai dieci nuovi membri dell’Unione. Un accordo dovrà ora stabilire se questo periodo si conterà dal primo maggio 2004 – data dell’effettivo allargamento – o da una data successiva. Così come ancora non c’è stata una decisione definitiva su quali controlli e quote saranno messe a regime per questi sette anni.

Anche al termine della transizione, niente assicura che la Confederazione aprirà completamente il suo mercato del lavoro ai dieci nuovi membri dell’UE. Con 50mila firme il fronte degli oppositori – per esempio l’UDC – potrebbe ottenere un referendum che affidi la partita all’urna elettorale.

René Schwok pensa che sette anni dovrebbero bastare, perché la popolazione si faccia un’opinione accurata sulla questione: “Se la gente vedrà che non c’è stata un’invasione, credo che le paure irrazionali di oggi potranno trasformarsi in uno sguardo realistico sulla situazione”.

swissinfo, Jonathan Summerton
traduzione di Serena Tinari

Il primo maggio 2004 gli stati membri dell’Unione Europea da 15 diventeranno 25.

La Svizzera ha concluso con gli attuali membri un accordo sulla libera circolazione delle persone, che è entrato in vigore il primo giugno 2002.

Dal primo giugno 2004 i cittadini svizzeri non avranno più privilegi sul mercato del lavoro nazionale, rispetto ai cttadini che provengono dai paesi europei inclusi nell’accordo.

La Confederazione ha ottenuto un periodo di transizione di sette anni, prima di aprire il suo mercato del lavoro ai cittadini che provengono dai dieci nuovi membri dell’Unione Europea.

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