I dipendenti d’ambasciata salassati dal franco forte
Il franco forte non ha ripercussioni solo sull’industria d’esportazione svizzera. A farne le spese sono anche i dipendenti di alcune ambasciate, tra cui quella italiana, che percepiscono il salario in euro.
E se le imprese svizzere versassero salari adattati al corso dell’euro o direttamente in euro? Negli ultimi tempi l’idea si è fatta largo tra diverse ditte che subiscono le conseguenze del franco forte.
Per ora la misura è solo allo stadio di idea. Il sindacato Unia ha registrato finora due casi: un’azienda impiantata nel canton Berna, che ha ridotto gli stipendi del 10%, e un’altra ditta della regione basilese. Il sindacato ha sporto denuncia contro le due società.
Una particolare categoria di lavoratori sta però già subendo da tempo gli effetti del tasso di cambio, ossia il personale a contratto (quello che non fa parte del corpo diplomatico) assunto da alcune ambasciate.
Meno di 3’000 franchi al mese
Nelle sedi diplomatiche del Portogallo, la situazione è diventata talmente insostenibile che da lunedì oltre cinquanta collaboratori sono entrati in sciopero. A causa dell’agitazione i consolati sono stati chiusi.
Col rafforzamento del franco nei confronti dell’euro, la media dei salari degli impiegati locali nell’ambasciata e nei consolati portoghesi è passata da circa 4’000 a 2’700 franchi. Nell’ultimo anno, il potere d’acquisto degli stipendi pagati in euro è calato di oltre il 30%. A ciò si è aggiunto anche il piano d’austerità adottato da Lisbona, che ha ridotto i salari del 10%.
Meno di 3’000 franchi al mese. In diversi paesi europei, uno stipendio simile sarebbe sicuramente considerato più che corretto. In Svizzera, dove il costo della vita è molto più elevato, copre a malapena i fabbisogni vitali. Basti pensare che in una regione come Berna nel 2008 il salario mediano lordo era di 5’716 franchi al mese. Per molti dipendenti dell’ambasciata arrivare alla fine del mese sta insomma diventando assai complicato.
«Se questa situazione dovesse continuare, rischiamo di ritrovarci in una situazione d’indigenza», afferma il delegato sindacale Marco Martins.
Il Sindacato dei funzionari consolari e delle missioni diplomatiche ha cercato senza successo di negoziare col Ministero degli esteri. Una riunione si è tenuta il 26 agosto a Lisbona. «Il ministero ha semplicemente indicato di non avere risorse per compensare le perdite, ci ha chiesto comprensione e di non entrare in sciopero», spiega Marco Martins. «Purtroppo però non abbiamo altre alternative», aggiunge.
Difficoltà anche all’ambasciata italiana
Il malumore serpeggia anche all’ambasciata italiana. «Tra il personale locale, chi è inserito nella classe di salario più bassa percepisce 2’900 euro netti al mese», ci dice una dipendente della sede diplomatica italiana, che preferisce restare anonima. Sulla settantina di persone impiegate nella rete diplomatico-consolare tricolore, una ventina, tra cui anche molti cittadini svizzeri, percepisce lo stipendio in euro.
Fino ad alcuni anni fa il personale a contratto della rappresentanza diplomatica-consolare italiana in Svizzera poteva scegliere se essere pagato in valuta locale o nella moneta nazionale. Dal 2003 il Ministero affari esteri italiano «impone», da contratto, il pagamento degli stipendi in euro, argomentando che la legge elvetica non obbliga il datore di lavoro a versare i salari in franchi svizzeri.
«La nostra sola rivendicazione è che il salario venga corrisposto in franchi», spiega la dipendente dell’ambasciata. Questa soluzione porrebbe effettivamente fine alle incertezze legate al cambio.
Chiesto sostegno di Berna
I dipendenti dell’ambasciata portoghese hanno inviato una lettera aperta anche alla ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey.
Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) potrebbe far pressione basandosi sulla dichiarazione di garanzia. Questa norma permette al DFAE di assicurarsi che le rappresentanze straniere trattino gli impiegati rispettando le remunerazioni le condizioni remunerative e di lavoro in uso nel paese ospite, come ha precisato all’Agenzia telegrafica svizzera Adrian Sollberger, portavoce del DFAE.
Del caso si sta occupando anche Unia, il più importante sindacato svizzero, al quale sono affiliati i dipendenti a contratto dell’ambasciata italiana. Il consigliere nazionale socialista bernese Corrado Pardini, membro del comitato direttivo di Unia, segue da vicino la situazione.
Cambiare la legge
«La questione del personale a contratto delle ambasciate è un altro tassello che si inserisce nella problematica più ampia delle ditte che fanno pressione per pagare i loro dipendenti direttamente in euro o per adattare i salari al corso della moneta europea», sottolinea il parlamentare.
La soluzione potrebbe venire dal ministero degli esteri italiano, reso attento alla situazione, ma che finora non ha reagito.
Qualcosa si sta muovendo però soprattutto a livello interno. Recentemente Pardini ha presentato una mozione parlamentare che chiede appunto al governo di vietare il versamento di salari svizzeri in valuta estera o di abbinarli al corso di altre valute. Una soluzione sarebbe quella di modificare l’articolo 323 b del Codice delle obbligazioni, che attualmente lascia la porta aperta – se vi è un accordo tra impiegati e datore di lavoro – al pagamento degli stipendi in euro.
«La pressione è piuttosto alta, quindi ritengo che il governo dovrà dare una risposta alla mia mozione in tempi brevi», sottolinea Pardini. Se la proposta auspicata dal consigliere nazionale socialista fosse accolta, anche i dipendenti delle ambasciate potrebbero tirare un sospiro di sollievo.
In Svizzera non esiste un salario minimo. In molti settori, però, vi è un contratto collettivo di lavoro (circa la metà dei lavoratori sono tutelati) che garantisce in generale un minimo salariale.
Qualche mese fa, l’Unione sindacale svizzera ha lanciato un’iniziativa popolare che chiede l’introduzione del principio di un salario minimo legale di 22 franchi all’ora (4’000 franchi al mese per 42 ore di lavoro settimanali e 3’800 franchi per 40 ore).
Stando a Unia, attualmente in Svizzera il salario di circa 400’000 lavoratori (tra cui 320’000 donne) è inferiore a 22 franchi all’ora. Inoltre, secondo l’Ufficio federale di statistica (UST) circa 150’000 persone ricevono un salario troppo basso per vivere (‘working poor’).
Nel 2008 il salario mediano (ossia il valore al centro della scala di distribuzione dei salari) era di 5’823 franchi, stando alle cifre dell’UST. Il Ticino è la regione dove si guadagnava meno, ossia 4’983 franchi. A Zurigo, invece, il salario mediano era di 6’250 franchi.
Il governo svizzero ha adottato mercoledì il primo pacchetto del piano da due miliardi di franchi per sostenere i settori economici confrontati all’alto corso del franco svizzero.
Berna investirà per il momento 870 milioni, principalmente nei settori della ricerca, del turismo e dell’assicurazione contro la disoccupazione.
La parte più consistente – 500 milioni – la riceverà l’assicurazione contro la disoccupazione. Altri 212,5 milioni andranno a favore della ricerca e dell’innovazione, mentre la Società svizzera di credito alberghiero riceverà 100 milioni sotto forma di prestito.
Il governo presenterà prossimamente anche un
secondo pacchetto di aiuti per il 2012
Con la collaborazione di Claudine Gonçalves
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