Le donne guadagnano meno dopo i 45 anni d’età
In Svizzera il salario medio delle donne è in media di un quarto inferiore a quello degli uomini e dopo i 45 anni addirittura di un terzo.
Nel momento in cui si parla di alzare l’età della pensione, questi dati dovrebbero dare un’immagine della realtà di chi lavora più a lungo.
«Attualmente abbiamo diversi dati sull’ineguaglianza dei salari tra uomini e donne, commenta Kathrin Barioli, responsabile dell’ufficio parità di Zurigo. Ma ci mancavano completamente le informazioni basate sul criterio dell’età».
Per questo il Prof. Yves Flueckiger dell’Osservatorio del lavoro dell’Università di Ginevra è stato incaricato di realizzare uno studio sulla popolazione attiva nel settore privato a Zurigo, che rappresenta un quinto della popolazione attiva in Svizzera.
A parità di condizioni, l’età diventa un fattore determinante per le donne in termine di salario: se hanno superato i 45 anni d’età guadagnano in media 34,5% in meno dei loro coetanei maschi, ha rivelato lo studio. La media Svizzera, mettendo insieme tutte le età, è invece del 27,7%.
«Queste differenze sono molto maggiori in Svizzera rispetto al resto d’Europa», nota Yves Flueckiger.
Donne sottorappresentate tra i quadri
Le donne che rientrano in questa fascia d’età sono anche nettamente sottorappresentate ai livelli dirigenziali superiore (7,7% le donne, 18,9% gli uomini) e medio (9,7% contro il 17,2%).
Fanno fatica a salire la scala gerarchica, il che si riflette sul mancato aumento di salario.
«I pregiudizi sulle donne, al momento della promozione, giocano ancora un ruolo importante, commenta, Yves Flueckiger. Eppure l’idea che l’assenteismo tra le donne con figli sia più alto non è fondata».
Il professore ricorda che alla prova dei fatti, gli uomini che devono rispettare gli obblighi con il servizio militare fanno registrare un tasso di assenteismo molto più elevato delle donne. I datori di lavoro, secondo lui, adottano quindi un atteggiamento discriminatorio, «ma spesso senza rendersene conto».
La maternità penalizza
Ci sono delle ragioni obbiettive a queste disparità salariali. Le donne hanno in genere una formazione molto meno buona rispetto agli uomini della stessa generazione (15,9% delle donne hanno una formazione superiore contro il 36,8% degli uomini).
«Ma nello spazio di una sola generazione le donne da 20 a 30 anni hanno già quasi raggiunto gli uomini». Un altro ostacolo alla carriera e alla promozione delle donne è dovuto alle interruzioni a causa delle maternità.
In confronto ad altri paesi europei la maternità è molto più penalizzata in Svizzera. Le cause: «L’assenza di un’assicurazione maternità e il minor numero di strutture per i bambini piccoli», precisa Yves Flueckiger.
Altro fattore penalizzante per i salari femminili: il matrimonio, uno status che invece valorizza gli uomini.
Il tempo parziale femminile
Da notare che più della metà delle donne lavorano a tempo parziale, in genere per ragioni famigliari, contro il 10% degli uomini. Una tendenza che aumenta dopo i 45 anni tra le donne (67%).
Per i datori di lavoro il tempo parziale è sinonimo di mancanza di produttività e d’ambizione, soprattutto tra gli uomini. Per le donne invece sembra essere considerato un segno di flessibilità, un fattore da cui alcune imprese traggono notevoli vantaggi.
Le donne quindi scelgono piuttosto delle professioni che valorizzano il lavoro a tempo parziale e che permettono di coniugare vita famigliare e professionale.
La precarietà del lavoro ad ore
I sociologi ginevrini hanno comunque constatato che la precarietà per le donne deriva piuttosto dal lavoro pagato ad ore che dal tempo parziale.
Questa forma di remunerazione tocca il 19,6% delle donne, contro il 6,4% degli uomini, e di nuovo aumenta dopo i 45 anni (più del 20%).
Le conseguenze sulle pensioni
Salari più bassi, lavoro a tempo parziale o ad ore hanno anche un influsso sulle pensioni sociali: minori sono i versamenti, minore sarà l’AVS (assicurazione vecchiaia o primo pilastro).
E dal 2009 le donne dovranno lavorare anche di più, fino a 65 anni. A ciò si aggiungono dei cambiamenti importanti nella struttura famigliare, in particolare l’aumento dei divorzi che accrescono la precarietà delle rendite per le donne, soprattutto quelle che non hanno lavorato o hanno lavorato poco.
«Bisognerebbe scorporare il conteggio del tetto cumulativo dell’AVS per la coppia», dice Yves Flueckiger.
Quanto alla soglia per poter accedere al secondo pilastro, un salario annuale di 25’320 franchi, il parlamento ha appena deciso di farlo scendere a 18’990 franchi, proprio per garantirne l’accesso ad un più gran numero di donne. Molte però ne restano ancora escluse.
Se di anno in anno le differenze di salario tra uomini e donne si accorciano, Yves Flueckiger ritiene comunque che «il processo per arrivare all’uniformità dei salari rischia di essere secolare».
swissinfo, Anne Rubin
traduzione, Raffaella Rossello
Lo studio è stato effettuato nel settore privato del canton Zurigo, che rappresenta un quinto della popolazione attiva in Svizzera.
È rappresentativo della realtà delle grandi città elvetiche.
È basato sui risultati di due indagini dell’Ufficio federale di statistica del 1998, sulla struttura dei salari e sulla popolazione attiva.
I salari sono un più alti a Zurigo rispetto al resto del paese e anche il numero delle donne nelle università, ma i fenomeni osservati si ritrovano nel resto della Svizzera.
– La Svizzera ha ratificato nel 1997 la Convenzione ONU che vuole eliminare le discriminazioni nei confronti delle donne.
– La legge sulla parità è entrata in vigore a luglio del 1996.
– Nel frattempo la Svizzera resta l’ultimo paese in Europa a non avere un’assicurazione maternità.
– Le donne guadagnano in Svizzera in media 27,7% in meno degli uomini ed addirittura il 34,5% se sono lavoratrici con più di 45 anni d’età.
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