Libera circolazione: l’ammonizione dei sindacati
La libera circolazione delle persone, introdotta con gli accordi bilaterali, preme sugli stipendi. I sindacati denunciano il lassismo delle autorità contro il dumping salariale.
Se Confederazione e cantoni non porranno freni all’erosione delle buste paga, l’Unione sindacale svizzera intende opporsi ai nuovi accordi con Bruxelles.
«Dall’entrata in vigore della seconda fase della libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE, si assiste ad un moltiplicarsi di segnali di degrado delle condizioni salariali dei lavoratori in tutta la Svizzera», ha affermato giovedì in una conferenza stampa Paul Rechsteiner, presidente dell’Unione sindacale svizzera (USS).
Gli accordi, entrati in vigore il 1° giugno di quest’anno, prevedono anche l’apertura del mercato del lavoro. Per evitare un crollo degli stipendi, dovuto ai livelli salariali più bassi vigenti in molti pesi dell’Unione, i trattati prevedono una serie di misure per proteggere il mercato del lavoro interno.
Inerzia delle autorità
Ma i sindacati denunciano già un’inerzia delle istituzioni nell’applicare le misure di controllo contro gli abusi. Per conferire più forza al grido d’allarme, i vertici delle maggiori organizzazioni sindacali sono usciti al fianco del presidente dell’USS per denunciare la situazione.
«In tutta la Svizzera, quando sono effettuati controlli, si constatano abusi allarmanti e preoccupanti pressioni sui salari: casi di paghe di 10 a 12 euro all’ora, ossia 10 a 15 franchi in meno della norma convenzionale, si moltiplicano», ha affermato ancora Paul Rechsteiner in una conferenza stampa a Berna. Ancora più grave agli occhi del sindacalista è la mancanza o l’inefficienza di controlli a livello dei cantoni.
Concretamente si chiede che le misure di accompagnamento diventino realmente effettive. Al centro della critica c’è il fenomeno degli «pseudoindipendenti» stranieri, come hanno affermato i sindacalisti, che lavorano a prezzi stracciati e fuori dalle norme definite dai contratti collettivi. I sindacati esigono ora da padronato e cantoni la volontà di risolvere nuovi problemi.
Referendum
I sindacati affrontano la situazione di petto, dunque, lanciando la sfida alle istituzioni: o si migliora o l’USS lancerà un referendum contro l’estensione della libera circolazione all’Europa dell’est. Il sabotaggio dell’ulteriore tornata di accordi bilaterali è dunque annunciato.
Se le autorità continueranno a «sabotare» le garanzie legislative e non si occuperanno dei problemi gravissimi sollevati dai lavoratori distaccati, da quelli a tempo ridotto e dagli «pseudoindipendenti», i sindacati lanceranno il referendum contro la libera circolazione delle persone allargata ai nuovi Paesi membri dell’Unione europea (UE), ha dichiarato Vasco Pedrina, copresidente del nuovo sindacato UNIA.
«E non sono minacce vuote, ma ben concrete», ha sottolineato, precisando che si tratta di proteggere i lavoratori nella Confederazione e non di un atteggiamento contro quelli dell’Europa dell’est.
swissinfo e agenzie
La seconda fase dell’accordo bilaterale Svizzera-UE sulla libera circolazione delle persone è entrato in vigore il 1° giugno 2004.
I cittadini dei 15 paesi che formavano l’UE prima dell’allargamento possono lavorare in Svizzera senza chiedere un permesso di lavoro.
I sindacati affermano che l’apertura del mercato del lavoro ha innescato fenomeni di dumping salariale, soprattutto nelle regioni di frontiera.
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