Monika Ribar, presidente delle FFS: “Volevo assolutamente impegnarmi e realizzare qualcosa di grande”
Monika Ribar, presidente delle FFS ed ex CEO di Panalpina, ha rinunciato a "molte cose" per fare carriera. Pur essendo contraria alle quote per le donne negli organi direttivi, ritiene che la mentalità debba ancora cambiare per far progredire la parità nel mondo del lavoro.
Poche donne in Svizzera hanno avuto una carriera paragonabile a quella di Monika Ribar, attuale presidente del consiglio d’amministrazione delle Ferrovie federali svizzere (FFS). Il suo percorso è ancor più fuori dal comune se si considera il fatto che ha scalato tutta una serie di posizioni operative senza provenire da una grande famiglia proprietaria.
SWI swissinfo.ch l’ha incontrato negli uffici delle FFS a Zurigo per discutere delle sfide da affrontare per raggiungere un migliore equilibrio di genere sul posto di lavoro.
Nata nel 1959, Monika Ribar ha conseguito un master in economia e gestione aziendale presso l’Università di San Gallo.
Dopo aver iniziato la sua carriera presso il Fides Group (ora KPMG Svizzera) e il BASF Group, Monika Ribar è entrata in Panalpina nel 1991. In questo gruppo logistico con sede a Basilea, ha ricoperto diverse posizioni dirigenziali, tra cui Chief Information Officer (CIO) e Group Chief Financial Officer (CFO), prima di diventare amministratrice delegata tra il 2006 e il 2013.
Dal 2016 presiede il Consiglio di amministrazione delle Ferrovie federali svizzere (FFS). È inoltre amministratrice di Sika e ha fatto parte dei consigli di amministrazione di Chain IQ Group AG, Logitech, Swiss International Airlines, Julius Bär, Rexel e Lufthansa.
SWI swissinfo.ch: È soddisfatta dell’uguaglianza tra donne e uomini alle FFS?
Monika Ribar: La situazione attuale non è negativa ed è migliorata, ma non potrò mai essere completamente soddisfatta, perché si tratta di un compito senza fine. Per quanto riguarda il Consiglio di amministrazione, abbiamo già quattro donne su nove membri; nel Comitato esecutivo, invece, abbiamo solo due donne su nove membri. Ma la cosa principale è che non abbiamo mai ritenuto necessario assumere una donna se non aveva tutte le competenze necessarie.
E per quanto concerne l’insieme del personale? Questo miglioramento si riflette nei dati?
Certamente. Nel 2008 le donne rappresentavano il 13,9% della nostra forza lavoro, mentre oggi sono il 19%, nonostante diverse delle nostre attività siano molto fisiche e più adatte agli uomini. Per quanto riguarda la dirigenza, nello stesso periodo siamo passati da una quota femminile del 7,6% al 16%.
Che dire della legge Collegamento esternoche incoraggia le società quotate in borsa ad avere almeno il 30% (rispettivamente il 20%) di donne nel loro consiglio di amministrazione (rispettivamente nella loro direzione)?
Non sono favorevole alle quote rosa o, più in generale, all’idea di risolvere tutto con una legge. A mio avviso, la cosa più importante è che le aziende si convincano del valore aggiunto delle donne. Nei consigli di amministrazione, ad esempio, le donne possono davvero apportare un approccio nuovo. Infatti, incoraggio le aziende ad avere almeno due amministratrici, perché questo infonde loro una certa sicurezza e le incoraggia a esprimersi di più.
Inizialmente questa legge era vista come un semplice incentivo, ma è diventata quasi obbligatoria sotto la pressione di chi investe e persino della clientela.
Proprio per questo motivo sono contraria a una legislazione eccessiva, perché la pressione del mercato ha generalmente un impatto molto maggiore sulle società quotate e non quotate.
Nelle grandi aziende con sede in Svizzera, la maggior parte dei direttori donna è straniera. È un vantaggio o un problema?
È un vantaggio in termini di diversità, ma un peccato per la Svizzera come piazza economica. A questo proposito, vorrei ricordare che nel consiglio di amministrazione di Credit Suisse c’era un solo amministratore svizzero, oltre al presidente. La composizione di un consiglio di amministrazione è importante; per un’azienda come le FFS, è rilevante avere un’alta percentuale di membri elvetici. Ma vorrei anche sottolineare un aspetto positivo: le donne svizzere che attualmente fanno parte dei comitati di direzione diventeranno automaticamente candidate per le posizioni nel consiglio di amministrazione.
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Alcuni studi accademici indicano che un’alta percentuale di donne manager è sinonimo di prestazioni superiori. Cosa ne pensa?
Secondo la mia esperienza, i team misti sono in grado di prendere le decisioni giuste, il che porta a risultati migliori. Il vantaggio della diversità nei team di gestione è che costringe tutti a confrontare le proprie idee con quelle degli altri.
La diversità si limita alla parità di genere?
No, comprende tutte le dimensioni della diversità umana, compresa l’esperienza professionale e internazionale e, nel contesto delle FFS, le regioni linguistiche di origine. Inoltre, è essenziale che alcuni membri di un consiglio di amministrazione conoscano a fondo i dettagli operativi; allo stesso tempo, è altrettanto importante che altri membri, meno esperti, non esitino a porre domande inaspettate.
Secondo il Global Gender Gap Report 2024Collegamento esterno del World Economic Forum (WEF), ci vorranno 134 anni per raggiungere la parità di genere al ritmo attuale. Perché è necessario così tanto tempo?
Non mi sorprende affatto. Nell’80% dei Paesi, le donne non sono fondamentalmente considerate alla pari degli uomini. In alcuni casi, non hanno nemmeno accesso alla scuola o non possono scegliere il proprio marito. Tutto questo è dovuto più agli atteggiamenti della società che alla legislazione. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il divieto di aborto è ancora un tema di discussione.
“Le aziende devono imparare a tenere in maggiore considerazione le persone che hanno nel loro curriculum un’interruzione di carriera”
Secondo lo stesso rapporto del WEF, la Svizzera è al 20° posto su 146 Paesi. Cosa ne pensa di questa classifica?
La Svizzera ha fatto molta strada. Le donne hanno ottenuto il diritto di voto solo nel 1971. Fino al 1988, le donne sposate non avevano nemmeno il diritto di lavorare senza il consenso del marito. Il lavoro femminile era disapprovato e in parte lo è ancora, perché la società è ancora strutturata in modo che gli uomini lavorino e le donne stiano a casa. Fortunatamente, la Svizzera ha fatto notevoli progressi, anche se lentamente, soprattutto a livello di mentalità.
Sempre stando a questo rapporto, una delle principali debolezze della Svizzera (99esimo rango) è il reddito da lavoro stimato. Come lo spiega?
Questo non sorprende, visto che molte donne in Svizzera lavorano a tempo parziale o non lavorano affatto. Oppure lavorano, ma per uno stipendio basso o nullo. Infine, la ricchezza della Svizzera fa sì che molte donne sposate non siano obbligate a contribuire al reddito familiare, una necessità vitale in molti altri Paesi.
Cosa preconizza per migliorare la parità di genere e la diversità?
Penso innanzitutto ai cambiamenti societali. Per esempio, le aziende devono imparare a tenere in maggiore considerazione le persone che hanno nel loro curriculum un’interruzione di carriera, di solito dopo un congedo di maternità o paternità da tre a sei anni. Inoltre, pur essendo una liberale, sono favorevole agli aiuti di Stato, soprattutto per compensare i costi e la mancanza di asili nido. L’introduzione della tassazione individuale è un altro imperativo.
Per quanto riguarda le FFS, le nostre colleghe possono lavorare da casa o a tempo parziale. Offriamo anche corsi per donne e uomini sul ritorno al lavoro dopo un’interruzione di carriera. Tutte queste iniziative ci sono valse diversi riconoscimenti come datore di lavoro.
“Sono convinta che non avrei mai potuto avere la carriera che ho avuto se avessi avuto dei figli”
Le donne in carriera sono spesso attive in organizzazioni professionali di sole donne. È una buona idea?
Il networking è essenziale per costruire una carriera. Tuttavia, questo networking non deve necessariamente avvenire all’interno di organizzazioni esclusivamente femminili come il Cercle Suisse des AdministratricesCollegamento esterno o The BoardroomCollegamento esterno.
Anche il networking all’interno della propria azienda è essenziale; durante la mia carriera di dirigente, mi sono impegnata molto in questo senso e mi ha permesso di far conoscere la mia personalità. Una volta sono persino andata in un club con i miei colleghi uomini.
A questi eventi di networking interno, ero quasi sempre l’unica donna: penso che sia un peccato che le mie colleghe debbano tornare subito a casa per occuparsi della prole, senza avere l’opportunità di condividere un drink con altri colleghi.
Quali altri consigli ha per le giovani donne in carriera?
La maggior parte dei miei consigli non riguarda in modo specifico il genere. La cosa più importante è fare quello che si fa con piacere, perché lo si fa meglio e questo è il modo migliore per fare carriera. Bisogna anche avere una sana fiducia in se stessi e, soprattutto, una forte volontà. Infine, è necessario essere genuini, curiosi e non avere paura di avvicinarsi alle persone.
Non ho mai pensato di diventare CEO di Panalpina o Presidente delle FFS, ma volevo assolutamente impegnarmi e realizzare qualcosa di grande. Per farlo, ero pronta a rinunciare a molte cose. Ad esempio, durante la mia carriera di dirigente, non avevo la possibilità di pranzare o andare al cinema con mio marito durante la settimana.
Non ho deciso di non avere figli, ma le cose sono andate così. Non mi è mai mancata la maternità e sono convinta che non avrei mai potuto avere la carriera che ho avuto se avessi avuto dei figli. Anche oggi sarebbe estremamente difficile.
Articolo a cura di Samuel Jaberg
Traduzione di Daniele Mariani. Revisione di Sara Ibrahim
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