Accordi commerciali con la Svizzera, l’India ha cambiato idea sui brevetti farmaceutici?
La tutela della proprietà intellettuale dell’industria farmaceutica svizzera è uno dei punti critici delle trattative per un accordo di libero scambio con l’India. Dopo 16 anni, però sembra si sia finalmente arrivati a una svolta. Che cosa è cambiato?
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A metà gennaio, il ministro dell’Economia svizzero Guy Parmelin è volato a Calcutta direttamente dal World Economic Forum di Davos per portare avanti le trattative su un accordo commerciale tra l’India e i membri dell’Associazione europea di libero scambio (AELS): Svizzera, Norvegia, Islanda e Liechtenstein.
Il Covid-19 e poi le guerre in Ucraina e in Medio Oriente hanno accelerato una tendenza strutturale in atto da quando Donald Trump ha assunto la carica di presidente degli Stati Uniti nel 2017, ovvero quella di ridefinire la globalizzazione così come l’abbiamo vissuta negli ultimi tre decenni. Da un lato, i Paesi occidentali, stanchi degli effetti negativi di una politica di apertura commerciale, stanno ricorrendo a misure più protezionistiche, abbracciando parallelamente un discorso anti-cinese. Dall’altro, quello che viene definito il Sud globale, vuole un altro tipo di globalizzazione, che ponga al centro i suoi interessi.
Questi cambiamenti stanno influenzando le politiche estere, il commercio, gli investimenti e il modo in cui le grandi aziende internazionali si posizionano in un mondo sempre più diviso, sullo sfondo del rallentamento della crescita cinese.
Tra queste, le numerose multinazionali svizzere che traggono vantaggio dall’approvvigionamento di materie prime da tutto il mondo ed esportano i loro prodotti ovunque. Esse dipendono dalla stabilità dei prezzi delle materie prime, dalla fluidità delle catene di approvvigionamento e dall’apertura dei mercati.
In questa serie analizziamo l’impatto di questa evoluzione geopolitica sulle maggiori aziende svizzere. Tra gli argomenti trattati: come la Cina è un mercato interessante per alcuni beni di nicchia di fascia alta, il reshoring dell’industria farmaceutica in Europa, l’India come la prossima Cina e il possibile aspetto di una globalizzazione più inclusiva.
Al suo ritorno è apparso molto ottimista. Secondo un suo tweet, 16 anni dopo l’avvio dei colloqui si è finalmente raggiunta un’intesa sui “principi fondamentali” di un accordo di libero scambio, e le parti hanno trovato “soluzioni equilibrate alle principali questioni aperte”.
Secondo una dichiarazione della Segreteria di Stato dell’economia condivisa con Bloomberg, tra queste c’è anche la protezione della proprietà intellettuale. I due Paesi avevano opinioni diverse su quali, quando e per quanto tempo le invenzioni si possano proteggere della concorrenza. Anche per questo, nel 2013 le trattative erano giunte a un’impasse.
L’industria farmaceutica svizzera, che comprende i due colossi farmaceutici Novartis e Roche e rappresenta circa il 40% delle esportazioni del Paese elvetico, sostiene da anni la necessità di una maggiore tutela dei brevetti, per evitare che le aziende farmaceutiche indiane producano farmaci generici equivalenti, andando a intaccare i loro profitti.
Sebbene l’accordo non sia ancora stato finalizzato e la bozza del testo non sia stata condivisa pubblicamente, qualsiasi mossa volta a consolidare la tutela dei brevetti per i prodotti farmaceutici segnerebbe un grosso cambiamento per l’India, che fornisce il 20% dei farmaci generici disponibili al mondo.
Il grande problema dei brevetti
Da tempo l’India si oppone ai tentativi delle multinazionali farmaceutiche di consolidare ulteriormente la tutela dei brevetti sui nuovi farmaci. Nel 2005, il Paese ha aggiornato la propria legge sui brevetti per conformarsi alle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) sulla proprietà intellettuale, note come TRIPS. Legge che in teoria concede alle cosiddette aziende originator 20 anni di tutela brevettuale.
Tuttavia, l’India ha fatto leva su molti dei punti più malleabili e delle sfumature tecniche delle regole dell’OMC, tra cui la possibilità di decidere cosa possa essere brevettabile da Paese a Paese. In questo modo, ha potuto opporsi alle richieste di estendere la durata del brevetto di un prodotto sulla base di modifiche al farmacoCollegamento esterno che non ne migliorano l’efficacia in maniera significativa o che non si qualificherebbero come nuove o innovative secondo la legge indiana.
Inoltre, ha fatto ricorso alle licenze obbligatorie, che secondo le regole dell’OMC consentono a un Paese di concedere a un produttore generico il diritto di rompere il monopolio su un farmaco per motivi di salute pubblica. L’India tende a sfruttare questo cavillo quando il prezzo di un farmaco è talmente alto da risultare inaccessibile alla maggior parte della popolazione.
Queste mosse le hanno attirato le ire delle aziende farmaceutiche di tutto il mondo, molte delle quali si sono lanciate in battaglie legali contro il Governo indiano o le aziende produttrici di farmaci generici.
Nel 2013, Novartis ha perso una battaglia legale durata sette anni per la distribuzione del farmaco antitumorale Glivec in India. La corte suprema del Paese si è rifiutata di concederle la commercializzazione esclusiva di una nuova formula, sostenendo che non si trattava di un nuovo farmaco ma della variante di un composto già esistente.
Ciò ha indotto le grandi aziende farmaceutiche mondiali a intensificare i propri sforzi per consolidare la tutela della proprietà intellettuale in India.
Un portavoce di scienceindustries, associazione commerciale di aziende chimiche, farmaceutiche, biotecnologiche e scientifiche in Svizzera, ha dichiarato a SWI swissinfo.ch che è “essenziale che la Svizzera sostenga una valida serie di norme sulla proprietà intellettuale” nell’accordo di libero scambio con l’India. Secondo le aziende farmaceutiche, infatti, la proprietà intellettuale consente loro di generare entrate sufficienti a compensare i costi di sviluppo dei farmaci e incentivare ulteriori investimenti nell’innovazione.
La Svizzera è primatista in materia: negli ultimi dieci anni ha depositato più domande di brevetto europeo pro capite di qualsiasi altro Paese.
Come si legge sul sito web dell’associazioneCollegamento esterno, gli accordi di libero scambio dovrebbero includere, tra le altre cose, estensioni della durata dei brevetti per compensare chi ne è titolare del tempo perso a causa delle prolungate revisioni normative; la protezione dei dati sulla sicurezza e sull’efficacia dei farmaci originator, possibilmente per almeno dieci anni; brevetti per tutti i tipi di invenzioni tecnologiche, dai prodotti ai processi.
Le esigenze di salute pubblica
I tentativi di modificare la legge indiana sui brevetti si sono scontrati con la strenua resistenza degli attivisti e delle attiviste per la salute pubblica. L’India è il più grande produttore di farmaci generici al mondo e fornisce quasi due terzi dei farmaci antiretroviraliCollegamento esterno.
Ritardare l’ingresso dei medicinali generici sul mercato comprometterebbe l’accesso ai farmaci a prezzi accessibili non solo in India, ma anche in altri Paesi in via di sviluppo, afferma K.M. Gopakumar, consulente legale della Third World Network di Nuova Delhi. “Fermarne il flusso in India significa fermarlo per tutti i Paesi in via di sviluppo”, ha spiegato a SWI.
Queste preoccupazioni sono riemerse con vigore all’inizio di febbraio, quando è trapelata una bozzaCollegamento esterno della sezione dell’accordo commerciale relativa alla proprietà intellettuale. SWI non ha potuto verificare né la fonte della fuga di notizie né la validità del documento, ma dal testo sembra che i Paesi dell’AELSspingano per una maggiore tutela dei brevetti, in linea con le richieste di molte industrie svizzere.
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Gopakumar avverte che una mossa in questo senso “gelerebbe” l’industria dei farmaci generici indiani. “La legge indiana tutela già i brevetti, per cui qualsiasi nuova misura risulta superflua, andando solo ad aumentare il carico legale”, spiega. “Il settore dei farmaci generici sarebbe del tutto disincentivato dallo svilupparne di nuovi, solo per evitare battaglie legali”.
Patrick Durisch, responsabile delle politiche sanitarie presso l’ONG svizzera Public Eye, fa eco a questa affermazione, sostenendo che tali misure non farebbero altro che “fornire alle aziende farmaceutiche un’altra via legale per citare in giudizio i concorrenti”.
Il 14 febbraio, Public Eye ha scritto una letteraCollegamento esterno ai funzionari e funzionarie del governo elvetico, in cui esprimeva preoccupazione per “le richieste più restrittive e dannose in materia di proprietà intellettuale”, avvertendo che “rafforzerebbero indebitamente i diritti monopolistici dell’industria farmaceutica svizzera a spese dei e delle pazienti, in India e oltre”.
Le possibili ramificazioni, tuttavia, non si limitano alle aziende svizzere. Qualsiasi modifica alla legge sui brevetti o alla sua interpretazione in India, in virtù di un accordo di libero scambio con l’AELS, andrebbe a influire su tutte le aziende pronte a lanciare un nuovo farmaco in territorio indiano.
La reazione all’innovazione
Il segretario al Commercio indiano ha respintoCollegamento esterno pubblicamente alcune delle richieste menzionate nel documento trapelato, affermando di essere dalla parte dell’industria indiana dei farmaci generici, che non avrebbe nulla da temere dall’accordo commerciale.
Tuttavia, ci sono segnali che indicano che le cose in India stanno cambiando, man mano che il Paese si apre al commercio globale e cerca di attrarre investimenti diretti all’estero (IDE). Non è chiaro se l’accordo includerà impegni a investire da parte dei partner dell’AELS.
Negli ultimi cinque anni, Novartis ha speso circa 300 milioni di dollari (264 milioni di franchi) per creare un centro di supporto a ricerca, sviluppo e servizi a Hyderabad, in India, e di recente ha investito 49 milioni di dollari nella creazione di un nuovo stabilimento per la produzione di farmaci antitumorali nel nord-ovest del Paese.
Philippe Reich, presidente della Camera di Commercio svizzero-indiana, ha dichiarato a SWI che l’India vuole risalire la catena del valore dei farmaci. “L’industria dei medicinali generici rimane importante, ma l’India vuole anche costruire un ecosistema in grado di favorire l’innovazione”, ha spiegato. “Inoltre, vuole proteggere le proprie aziende innovatrici”, comprese le start-up indiane che, secondo Reich, a volte si comportano come le aziende farmaceutiche occidentali quanto a tutela dei brevetti.
Alcuni di questi cambiamenti vengono ripresi dalla bozza della politica farmaceutica nazionaleCollegamento esterno 2030, pubblicata lo scorso anno. Il documento sottolinea la necessità di politiche che riducano la dipendenza dalle importazioni di farmaci brevettati e incoraggino l’innovazione basata sulla ricerca. Inoltre, include un riferimento alla protezione dei brevetti, per cui si dichiara che “rafforzando le tutele della proprietà intellettuale, non ci limitiamo a incentivare le aziende farmaceutiche a investire nella ricerca e nell’innovazione, ma creiamo anche un ambiente favorevole ad attrarre investimenti e collaborazioni straniere”.
Lo scorso settembre, inoltre, l’India ha pubblicato una bozza di revisione della propria legge sui brevetti, scatenando le ireCollegamento esterno di gruppi di pazienti e attori della società civile indiana, i quali sostenevano che gli emendamenti avrebbero potuto minare le tutele della salute pubblica e l’accesso ai farmaci a prezzi accessibili.
Gli attivisti e attiviste per la sanità pubblica non sono convinti che queste mosse possano davvero andare a beneficio dei pazienti in India e nelle economie in via di sviluppo. Il mercato indiano rappresenta solo l’1% delle esportazioni farmaceutiche svizzere.
“Il Governo indiano è sottoposto a pressioni da parte delle lobby industriali, secondo cui la tutela dei brevetti sarebbe importante per l’innovazione”, afferma Gopakumar. “Ma il Governo sa di dover migliorare la situazione sanitaria del Paese”.
Sia l’AELS sia il Governo indiano puntano a firmare un accordo entro aprile, quando in India si terranno le elezioni nazionali. Dopo gli Stati Uniti, l’India è la più importante nazione commerciale con cui la Svizzera non ha ancora concluso un accordo di libero scambio.
A cura di Virginie Mangin. Anand Chandrasekhar ha contribuito alla stesura.
Traduzione di Camilla Pieretti
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