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Che fine ha fatto il farmaco più costoso al mondo

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Quando è stato lanciato nel 2019, Zolgensma era il farmaco più costoso mai messo in commercio. Illustrazione: Helen James

Zolgensma, somministrato con una sola infusione a bambini affetti da una malattia genetica spesso fatale, è arrivato sul mercato cinque anni fa per lo sconcertante prezzo di 2,1 milioni di dollari a trattamento. Oggi la ditta che lo produce, la svizzera Novartis, è sottoposta a crescenti pressioni: le vendite sono in calo, mentre l'apertura di nuovi mercati si sta dimostrando più ardua del previsto.

Gennaio 2024. L’amministratore delegato di Novartis Vas Narasimhan presenta i risultati raggiunti nell’anno precedente. Di Zolgensma, neanche una menzione. Nel 2019, il farmaco era stato lanciato con gran fanfara come la prima terapia genica contro l’atrofia spinale muscolare (SMA), una rara malattia neuromuscolare che è, a livello mondiale, la prima causa genetica di morte infantile.

L’infusione era stata promossa come potenziale cura per la SMA e grazie al suo potenziale di vendita, pari a molti miliardi di dollari, era uno dei sei prodotti più promettenti del gigante della farmaceutica. All’epoca, gli analisti erano concordi che si sarebbe potuti arrivare a ben 1,9 miliardi di dollari (1,7 miliardi di franchi) l’anno. Una delle agenzie del settore aveva pronosticatoCollegamento esterno che le vendite avrebbero addirittura raggiunto 2,8 miliardi di dollari. Nel 2021, le vendite erano in effetti cresciute del 46% – pari a 1,35 miliardi di dollari. L’agenzia europea per i medicinali (EMA) aveva nel 2020 concesso al farmaco un’autorizzazione condizionale per il mercato.

Zolgensma, nome commerciale del principio attivo onasemnogene abeparvovec, non è riuscito tuttavia ad onorare le aspettative. Nel 2022, le vendite globali sono cresciute solo dell’1% e nel 2023 hanno registrato una diminuzione dell’11%, con un guadagno di 1,21 miliardi di dollari. Negli Stati Uniti, il maggiore mercato per il farmaco, lo scorso anno le vendite hanno perso il 14% – pari a 372 milioni di dollari – segnando così il secondo anno consecutivo di perdita per Novartis.

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Questi sviluppi non stupiscono Matthias Bünte, partner zurighese dell’agenzia di consulenza Roland Berger, specializzata nell’accesso al mercato e nelle strategie di sviluppo commerciale delle aziende farmaceutiche. “Superata la fase iniziale di crescita nei maggiori mercati, le vendite sono necessariamente limitate dal tasso di nascita dei pazienti SMA”, spiega. “Inoltre, si tratta di un trattamento con un’unica somministrazione. Non è quindi una terapia cronica, che possa fornire un flusso costante di guadagno che aumenta con ogni nuovo paziente cui viene prescritta”.

Il crollo delle vendite di Zolgensma e la sua sempre minore rilevanza nella comunicazione degli utili di Novartis, sembrano lontane anni luce da come era iniziata questa storia. Novartis ha acquistato nel 2018 per 8,7 miliardi di dollari la ditta che l’aveva sviluppato, AveXis, una start-up quotata al Nasdaq. L’obiettivo? Rafforzare il suo portafoglio nel settore delle terapie geniche.

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Chi decide il prezzo dei farmaci e come

Questo contenuto è stato pubblicato al Il settore farmaceutico svizzero fornisce farmaci in tutto il mondo, ma non in tutti Paesi il cartellino del prezzo indica la stessa cifra. Ecco perché.

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In una presa di posizione inviata a SWI swissinfo.ch, un portavoce dell’azienda indica che una delle ragioni della stagnazione delle vendite sarebbe il fatto che “nei mercati in cui il prodotto ha acquisito una posizione solida, il farmaco viene oggi prescritto ai pazienti diagnosticati con la malattia, e non a tutti quanti rispecchiano la prevalenza della malattia”. Ovvero, è stato già raggiunto il massimo del mercato – bambini che hanno in questo momento la SMA – e quindi per un aumento futuro delle vendite si potrà contare solo su pazienti cui la malattia sarà prima o poi diagnosticata.

Novartis ha incontrato notevoli difficoltà nella penetrazione di mercati che non siano quelli di Paesi relativamente ricchi come Stati Uniti ed Europa. I governi che gestiscono budget sanitari limitati, infatti, dubitano che il farmaco sia sufficientemente efficace da giustificarne l’esorbitante prezzo.

L’americana Food and Drug Administration (FDA), considerata l’agenzia regolatoria d’eccellenza per l’approvazione di nuovi medicinali, nel 2019 è stata la prima ad approvare Zolgensma, proposto da Novartis al prezzo di 2,1 milioni di dollari. In quel momento, era il farmaco a somministrazione unica più costoso della storia.

>>Perché un farmaco può costare 2,1 milioni di dollari?

Nonostante a gennaio 2024 il trattamento sia stato omologato in 51 paesi e finora lo abbiano ricevuto oltre 3’700 pazienti, solo in 35 nazioni viene rimborsato dai sistemi sanitari. Molti malati non possono quindi permettersi un farmaco potenzialmente salvavita, e devono affidarsi a campagne di raccolta per procurarsi i fondi necessari ad acquistarlo.

Il prezzo è giusto?

La SMA colpisce circa 1 bambino o bambina su 10’000, dato che corrisponde a circa 300 neonati l’anno negli Stati Uniti. La malattia è causata da una mutazione del gene SMN1, che impedisce alle cellule di produrre in sufficiente quantità la proteina SMN, il cui ruolo è inviare segnali essenziali ai muscoli. La carenza compromette i motoneuroni, provocando l’indebolimento dei muscoli.

Non curati, i neonati affetti dalla forma più severa della malattia non sono in grado di sollevare la testa o muovere le gambe, e hanno grandi difficoltà a inghiottire e respirare. La maggior parte muore prima di aver compiuto due anni, spesso a causa di problemi respiratori. I sintomi della SMA possono insorgere anche in età adulta, ma sono in quel caso generalmente meno severi.

Spesso ci vogliono anni, e miliardi di dollari, per mettere a punto farmaci per la terapia di malattie rare come la SMA. I produttori quindi li mettono sul mercato con prezzi elevati, con l’obiettivo di rientrare degli investimenti fatti e compensare i prevedibili piccoli volumi di vendita.

Novartis aveva all’epoca giustificato il prezzo di Zolgensma con il fatto che grazie ad un’unica infusione si sarebbe affrontata la causa genetica della malattia. Rimpiazzando il gene fallace con uno funzionante, il farmaco allora non solo avrebbe salvato delle vite, ma anche risparmiato importanti costi di una vita intera di trattamenti alle famiglie e ai sistemi sanitari.

Prima dell’arrivo sul mercato di questo farmaco, l’unica alternativa era nusinersen (nome commerciale: Spinraza) lanciato nel 2016 dall’americana Biogen. Costa fra i 300’000 e i 500’000 dollari all’anno, per l’intera vita di un o una paziente. Somministrato con un’iniezione spinale ogni quattro mesi, laddove assunto per dieci anni, Spinraza finirebbe per superare ampiamente il costo di un’unica somministrazione di Zolgensma.

Novartis non ha mai spiegato come sia stato calcolato il prezzo di Zolgensma. Stime indipendentiCollegamento esterno su quanto dovrebbe costare oscillano fra 710’000 e oltre 2,1 milioni di dollari, variazioni che contribuiscono ad alimentare la controversia su come l’azienda sia arrivata a fissare per questo prodotto un prezzo tanto elevato. Il fatto che così pochi pazienti lo abbiano assunto, inoltre, apre la porta a molte domande sul suo vero valore. Come molte terapie la cui indicazione siano malattie rare e potenzialmente fatali, Zolgensma è arrivato sul mercato grazie ad una procedura di omologazione accelerataCollegamento esterno, il cui scopo è mettere velocemente a disposizione dei pazienti un trattamento che potrebbe salvare loro la vita.

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La FDA ha fondato la sua decisione su alcuni studi conclusi ma realizzati nella fase iniziale dello sviluppo del prodotto, e su uno studio di fase avanzata tuttora in corso, per un totale di appena 40 pazienti. La maggior parte dei bimbi e bimbe che lo hanno assunto è sopravvissuta, è stata in grado di respirare autonomamente e ha raggiunto pietre miliari come essere in grado di sedere senza aiuto esterno due anni dopo averlo assunto. I progressi, però, non sono stati registrati in tutti i pazienti e alcuni dei bambini hanno sofferto importanti effetti collaterali, fra i quali problemi al fegato. Il breve periodo di studio, infine, ha come conseguenza che non ci sono dati su quanto a lungo potrebbe durare l’effetto terapeutico. Pochi, infine, i pazienti che l’hanno testato farmaco fuori dagli Stati Uniti.

Negli USA, come in altri paesi benestanti, la prescrizione di Zolgensma è stata limitata ai pazienti più giovani, ovvero bambine e bambini sotto i due anni di età, affetti dalla forma più grave della malattia – un gruppo per il quale le prove di efficacia e sicurezza sarebbero sufficientemente solide.  

L’EMA ha omologato il trattamento per bambini che pesino massimo 21 chilogrammi, un indicatore che può quindi in linea di massima riguardare creature fino ai cinque anni di età, ma molti Stati europei lo rimborsano solo per bimbi e bimbe che abbiano meno di sei mesi.

L’ostacolo del prezzo elevato

Dato il limitato potenziale di crescita nei mercati consolidati, per Novartis è diventato allora cruciale espandere la diffusione geografica delle vendite di Zolgensma. Molti Paesi a medio reddito, però, sono confrontati con ben altre necessità sanitarie e budget limitati e finiscono quindi per chiedere all’industria di fornire evidenze più solide, che giustifichino il prezzo elevato del trattamento.

“Le malattie rare sono portatrici di una vera sfida, perché c’è la necessità di accedere ai trattamenti, ma allo stesso tempo si ha a che fare con prodotti dai prezzi estremamente elevati e dalle molte incertezze. Talvolta è difficile dire se ci sia davvero un beneficio per i pazienti”, dice a SWI swissinfo.ch Vera Pepe, ricercatrice nel settore della salute pubblica e co-autrice di uno studioCollegamento esterno sulla distribuzione di Zolgensma in Brasile. “Questo lascia sulle spalle della società il peso di finanziare farmaci molto cari, con evidenze limitate di beneficio e enormi incertezze. Si tratta di una situazione che porta con sé una enorme complessità, specialmente per i sistemi sanitari pubblici come quello brasiliano”.

Il Governo di Brasilia e Novartis hanno discusso per oltre due anni sul prezzo di questo farmaco, per arrivare a firmare un accordo alla fine del 2022. L’azienda si è impegnata a fornire il trattamento ad un massimo di 250 neonati al prezzo di 1,1 milioni di dollari per infusione, e a portare avanti degli studi nel Paese sugli effetti a lungo termine della terapia.

Altre nazioni, intanto, fra le quali la Turchia, non lo vogliono prendere in carico, in virtù del fatto che non ci sarebbero sufficienti prove sulla sua efficacia e sicurezza.

“È finita l’epoca in cui le aziende farmaceutiche potevano portare sul mercato un farmaco che costa due milioni di dollari, e aspettarsi che i Governi ne assumano i costi”, commenta Girisha Fernando, amministratore delegato di Lyfegen, azienda che è specializzata in prezzo dei farmaci e le relative contrattazioni. “Oggi, devono mettere sul tavolo molto di più”.

Novartis ha in effetti annunciato di voler trovare un modo per rendere disponibile Zolgensma nei Paesi a medio reddito: la compagnia mette a disposizione di assicurazioni e sistemi sanitari sconti, piani di pagamento rateale e contratti nei quali i rischi vengono assunti da entrambe le parti: il pagamento avviene solo al raggiungimento di specifici obiettivi stabiliti a monte.

Lo scorso anno, l’azienda ha firmato una convenzione di questo tipo con l’Argentina, grazie alla quale il farmaco costa “solo” 1,3 milioni di dollari. Il pagamento però verrà corrisposto esclusivamente se “nei pazienti sarà osservato un beneficio coerente con la letteratura clinica esistente”, si può leggere in una copia del contratto conservata nell’archivio dedicato curato da Lyfegen.

Per le famiglie di bambine e bambini malati di SMA, l’attesa per ottenere il trattamento è devastante. Più tempo devono aspettare, più impegnativi diventeranno i sintomi della malattia, che non potrà a quel punto essere affrontata con Zolgensma.

Il rebus dei dati

Un piccolo aiuto è arrivato a Novartis dai risultati di ulteriori studi clinici e dei cosiddetti “dati dal mondo realeCollegamento esterno“, forniti a livello globale da fornitori di prestazioni sanitarie, dati che indicano risultati positivi in molti pazienti che hanno ricevuto il trattamento.

Nel marzo 2023, studi realizzati da Novartis hanno mostrato che chi aveva assunto il farmaco in età infantile, sette anni dopo era in grado di sedersi e respirare autonomamente. Miglioramenti sarebbero stati registrati anche in pazienti con forme meno gravi della malattia, che avevano ricevuto una versione aggiornata del farmaco, a dosi più importanti. Nonostante questo, alcuni fra i e le pazienti non hanno mostrato alcun progresso e sulle 81 persone incluse negli studi, 24 sono state in seguito trattate con altri farmaci. Ulteriori ricerche, compresa una che in SvizzeraCollegamento esterno ha coinvolto nove pazienti, sottolineano l’enorme gamma di possibili e variabili risultati.

>>La start-up svizzera che sta cambiando il modo di pagare i farmaci

In buona sostanza, continuano insomma ad accumularsi evidenze che mostrano come l’iniziale clamore su Zolgensma come cura risolutiva per la SMA non abbia trovato riscontro nella realtà. “Le famiglie si aspettano che questo trattamento guarisca la loro creatura, perché questo era stato promesso al momento dell’annuncio di una nuova, mirabolante terapia genica. Un fatto che ha creato false aspettative sulla gestione di una malattia molto complessa, della quale a tutt’oggi non sappiamo veramente tutto”, spiega a SWI swissinfo.ch Nicole Gusset, madre di una bimba affetta da SMA e presidente delle associazioni dei pazienti SMA Europa e SMA Svizzera. “Definirla ‘cura’ in questo caso è una parola grossa, che sarebbe opportuno usare con cautela. Stabilizzare la progressione della malattia, oppure ottenere la scomparsa di sintomi evidenti sono certamente degli enormi successi, ma non significa automaticamente che la malattia sia stata debellata”, commenta.

Novartis è oggi sotto pressione anche perché altri farmaci per trattare la SMA continuano ad arrivare sul mercato. Nel 2020 la FDA ha omologato ridisplam (nome commerciale: Evrysdi) della rivale svizzera Roche. È destinato a bambini e bambine più grandi, e anche a persone adulte. L’omologazione è stata recentemente ampliata fino a includere neonati che abbiano meno di due mesi, un cambiamento che ha fatto di Evrysdi un diretto concorrente di Zolgensma.

Il farmaco di Roche viene somministrato sotto forma di pastiglie, formulazione che ne rende più semplice l’assunzione, e costa a seconda del peso del paziente fra i 100’000 e i 350’000 dollari l’anno. Evrysdi è stato omologato in oltre 100 Paesi e somministrato a circa 11’000 malati di SMA. “Tutti questi trattamenti hanno mostrato di poter stabilizzare la progressione della malattia”, dice Gusset. “Ma a tutt’oggi non sappiamo quale sia più indicato per questo o quel tipo di pazienti”.

Il giusto prezzo

Altri sviluppatori di terapie geniche, che investono miliardi nella messa a punto di nuovi prodotti, stanno ora osservando con grande attenzione come il gigante svizzero stia gestendo questi venti contrari. Oltre 1’500 studi cliniciCollegamento esterno per terapie cellulari e genetiche sono registrati presso le autorità americane, e lo scorso anno l’FDA ne ha omologati cinque, fra i quali due per trattare la malattia a cellule falciformi che con i loro 2,2 milioni e 3,1 milioni di dollari costano più di Zolgensma.

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A marzo, Orchard Therapeutics ha portato a casa un nuovo record grazie al costo fissato per il mercato americano per Lenmeldy (anche noto come Libmeldy): 4,25 milioni di dollari per una terapia genica contro la leucodistrofia metacromatica, una malattia genetica rarissima che colpisce il sistema nervoso centrale di bimbi molto piccoli. Si tratta di circa 40 neonati all’anno negli USA.

“C’è grande pressione sui governi perché mettano a disposizione delle persone malate trattamenti innovativi”, dice Kerstin Noëlle Vokinger, un’esperta di prezzo dei farmaci che insegna diritto medico all’università di Zurigo. “È comprensibile, perché chi è affetto da malattie rare o fatali ha ovviamente estremo e urgente bisogno di una cura. Ma il vero problema è: come si fa a negoziare il prezzo di un farmaco, se non se ne conosce il reale valore terapeutico?”.

A cura di Nerys Avery/vm

Traduzione: Serena Tinari

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