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Il mistero dell’aumento di importazioni di oro uzbeko e kazako in Svizzera

Minatori d'oro al lavoro.
Le sanzioni contro la Russia hanno ridisegnato i flussi commerciali globali di oro. Afp Or Licensors

Da quando il presidente russo Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina, le importazioni svizzere di oro proveniente da Uzbekistan e Kazakistan sono aumentate in maniera vertiginosa. I dati commerciali e le analisi di esperti ed esperte suggeriscono che parte del prezioso metallo potrebbe provenire di nascosto dalla Russia, in violazione delle sanzioni internazionali. SWI swissinfo.ch svela il percorso compiuto dall’oro per arrivare dalle due nazioni asiatiche alla Svizzera, passando per il Regno Unito.

Come mostrato da un’analisi di SWI swissinfo.ch sui dati doganali e simili, le importazioni svizzere di oro dai due Stati post-sovietici hanno registrato un’impennata verso la fine del 2021, poco prima che la Russia attaccasse l’Ucraina. Da allora la tendenza ha accelerato ulteriormente, sollevando il timore che Uzbekistan e Kazakistan vengano utilizzati per eludere le sanzioni destinate a punire Mosca e per aiutare Putin a finanziare la sua guerra.

“Ora che la Russia non è più libera di esportare oro, c’è il rischio che questi due Paesi vengano utilizzati per inviare il prezioso metallo nel Regno Unito e in Svizzera, per poi farlo arrivare sul mercato mondiale”, ha dichiarato a SWI swissinfo.ch Mark Pieth, professore di diritto penale presso l’Università di Basilea ed esperto di anticorruzione.

Pieth non è il solo a pensarla così. SWI swissinfo.ch ha trascorso sei mesi ad analizzare i dati e ha consultato una ventina di esperti ed esperte del settore aurifero nazionale e internazionale, tra cui fornitori di dati, istituzioni finanziarie, analisti e analiste del rischio, professionisti e professioniste della raffinazione aurea e autorità di regolamentazione. Molti di loro hanno dichiarato di ritenere che l’oro importato comporti rischi legali ed etici per chi lo acquista, rischiando di violare le sanzioni internazionali e rovinarsi la reputazione.

I dati sul commercio mondiale dell’oro sono notoriamente lacunosi: la scarsa trasparenza, le carenze nei dati doganali e simili, le definizioni divergenti nella terminologia del settore, la mancanza di una tracciabilità sistematica degli scambi e l’impossibilità di risalire all’origine del metallo prezioso una volta fuso rendono quasi impossibile sapere con certezza da dove venga il metallo importato in Svizzera. Nonostante questo, tali dati sono ampiamente utilizzati da operatori e operatrici del settore e dalle autorità di regolamentazione per dimostrare il rispetto della due diligence.

Dai dati commerciali e doganali, è evidente che l’anno passato Kazakistan e Uzbekistan hanno esportato più oro di quanto ne abbiano prodotto o venduto dalle loro riserve. Da dove arriva dunque quello in eccesso? Per molti esperti ed esperte, la spiegazione più logica è che almeno una parte venga dalla Russia, il secondo produttore mondiale del prezioso metallo.

“L’ipotesi è che, oltre a produrre oro, ne abbiano importato da altri Paesi per poi riesportarlo”, ha spiegato Pieth, osservando che l’oro russo potrebbe spiegare la differenza. “Che sia destinato alle banche elvetiche o alla raffinazione, il rischio è che l’oro dei due Paesi provenga dalla Russia”.

Dai dati doganali, il settore finanziario è il principale acquirente dell’oro importato da Uzbekistan e Kazakistan in Svizzera. Secondo ciò che abbiamo scoperto e che ci è stato detto da addetti e addette ai lavori, la banca svizzera UBS sembrerebbe essere la principale acquirente, mentre tra le raffinerie svizzere Valcambi rappresenta parte della domanda. Entrambe le società dichiarano di aver svolto regolarmente la propria due diligence.

Prezzi dell’oro ai massimi storici

Le importazioni di oro provenienti da Kazakistan e Uzbekistan hanno registrato picchi significativi. Secondo i dati dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC), nel 2023 la Svizzera ha importato un totale di 130 tonnellate di oro uzbeko per un valore di 7,3 miliardi di franchi: 100 tonnellate sono arrivate direttamente dall’Uzbekistan e 30 attraverso il Regno Unito, sempre sotto forma di lingotti d’oro altamente raffinati. Stiamo parlando di una quantità non molto inferiore a quella importata dagli Emirati Arabi Uniti (150 tonnellate), uno dei principali centri di commercio d’oro al mondo. Nello stesso anno, altre 59 tonnellate di lingotti (per un valore di 3,3 miliardi di franchi) sono arrivate dal Kazakistan: 58 attraverso il Regno Unito e una attraverso il Kirghizistan.

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Questa crescita vertiginosa è iniziata alla fine del 2021. Le importazioni svizzere di oro uzbeko sono riprese a ottobre di quell’anno, dopo una pausa di due anni, mentre quelle provenienti dal Kazakistan sono ripartite nel gennaio 2022, secondo i dati mese per mese. Il ritmo ha accelerato ulteriormente con l’inizio della guerra in Ucraina, per raggiungere livelli record alla fine del 2023. I livelli di oro importato sono rimasti elevati anche quest’anno: nei primi sei mesi del 2024 sono state importate (direttamente o indirettamente) più di 82 tonnellate di oro uzbeko e 21 di oro kazako, rispetto alle 85 tonnellate di oro uzbeko e alle 19 di oro kazako nello stesso periodo dello scorso anno. 

Sebbene anche le importazioni svizzere di oro russo abbiano registrato un aumento nello stesso periodo, passando dalle 18 tonnellate del 2021 a 63 tonnellate sia nel 2022 che nel 2023, si trattava di oro inviato dalla Russia ai caveau di Londra prima dell’inizio della guerra, quindi non soggetto alle sanzioni imposte a Mosca all’inizio di agosto 2022, ha dichiarato l’UDSC a SWI swissinfo.ch.

L’UDSC non ha fornito spiegazioni o analisi sul picco delle importazioni d’oro provenienti da Uzbekistan e Kazakistan, entrambi membri della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) a nove nazioni che comprende la Russia. Interpellato da SWI swissinfo.ch, il responsabile dei rapporti con i media, Simon Erny, ha dichiarato che l’UDSC raccoglie dati statistici e lascia a terzi il compito di analizzarli e interpretarli. 

“Sembra che i Paesi della CSI stiano agevolando un massiccio aumento dei rispettivi scambi commerciali, cosa molto insolita e forse legata a un cambio di rotta per aggirare le sanzioni”, ha dichiarato a SWI swissinfo.ch un gestore patrimoniale che lavora per una banca svizzera e che ha preferito rimanere anonimo.

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Il Regno Unito e la Svizzera sono da sempre i maggiori singoli mercati per l’oro russo, che ha una reputazione di alta qualità. Le importazioni di lingotti russi in Svizzera hanno raggiunto un picco di 82 tonnellate nel 2013 per poi diminuire, poiché Londra ha conquistato una quota più abbondante del mercato dell’oro raffinato. Secondo i dati di Comtrade, il database delle Nazioni Unite per le statistiche sul commercio mondiale, nel 2021 la quota principale delle esportazioni di oro russo è passata al Regno Unito (88%), mentre Svizzera e Kazakistan si sono fermati al 2,5%.

+ Perché la Svizzera rimane tra i principali acquirenti di oro russo

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Il divieto di acquistare, importare e trasferire il prezioso metallo dalla Russia, imposto dai Paesi occidentali nel 2022, ha gravemente danneggiato i due principali importatori. D’altro canto, però, ha dato ad altri Paesi produttori l’occasione di colmare il divario. In particolare, Uzbekistan e Kazakistan ne hanno beneficiato perché, come la Russia, avevano la capacità di produrre oro altamente raffinato.

A seguito delle sanzioni imposte dal G7 a Mosca per aver invaso l’Ucraina, la Svizzera ha vietato l’acquisto, l’importazione, il transito e il trasporto di oro russo a partire dal 4 agosto 2022.

L’oro esportato dalla Russia dopo tale data non può essere importato in Svizzera. Tuttavia, secondo le norme della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), l’oro russo proveniente da un Paese terzo che lo abbia ottenuto prima dell’agosto 2022 non è coperto da divieti.

In un’e-mail inviata a SWI swissinfo.ch, la SECO ha dichiarato che il commercio del prezioso metallo è regolato da altre disposizioni di legge, in particolare dalla Legge federale sul controllo del commercio dei metalli preziosi e in lavori di metalli preziosiCollegamento esterno e dalla relativa OrdinanzaCollegamento esterno. Quest’ultima stabilisce gli obblighi di diligenza dei saggiatori del commercio in merito all’origine dell’oro utilizzato nelle loro transazioni.

L’UDSC è responsabile di vigilare sul rispetto degli obblighi di diligenza.

Le esportazioni di oro dai due Paesi della CSI verso il Regno Unito, un importante centro di scambio globale, sono aumentate notevolmente. Se prima del maggio 2021 si mantenevano a livelli minimi, da allora le importazioni di lingotti d’oro kazaki sono quasi raddoppiate anno su anno, fino a raggiungere le 220 tonnellate del 2023, secondo i dati delle dogane britanniche. Le importazioni dall’Uzbekistan sono invece iniziate nell’aprile 2019. Svizzera e Regno Unito sono i destinatari di quasi tutto l’oro esportato da Kazakistan e Uzbekistan.

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Dopo che abbiamo condiviso con loro le cifre raccolte, diversi analisti, analiste e figure professionali del settore hanno dichiarato a SWI swissinfo.ch che variazioni improvvise negli scambi, soprattutto se di questa portata, non sono da trascurare. Il fatto che il commercio con Uzbekistan e Kazakistan sia decollato solo pochi mesi prima dell’inizio della guerra in Ucraina, unito ai legami già stretti dei due Paesi con la Russia e agli alti livelli di corruzione al loro interno, è un chiaro segnale di allarme. Alcune delle persone intervistate hanno preferito rimanere anonime proprio in virtù dell’argomento delicato.

“La domanda è perché all’improvviso, dalla fine del 2021, si è registrato un considerevole aumento di importazioni di oro kazako e uzbeko in Svizzera e nel Regno Unito”, ha dichiarato Marc Ummel, responsabile delle materie prime di Swissaid, una ONG con sede a Berna le cui attività comprendono il monitoraggio e l’analisi del commercio aurifero mondiale.

Oro fantasma

L’enorme volume di oro kazako e uzbeko importato in Svizzera e nel Regno Unito rispetto alla produzione mineraria e alle riserve aurifere dichiarate dai due Paesi solleva dubbi sulle vere origini del metallo. Il modo in cui vengono raccolti i dati sul commercio aurifero rende difficile essere certi al 100% della fonte originale del prezioso metallo in qualsiasi dinamica commerciale, ma le statistiche svizzere e britanniche sono relativamente affidabili.

Svizzera e Regno Unito, entrambi importanti protagonisti dell’industria aurifera mondiale, forniscono dati più dettagliati rispetto a molti altri Paesi. I dati sull’oro importato da Russia, Kazakistan e Uzbekistan possono essere ricavati dalla Banca nazionale svizzera (BNS) o dalla Banca d’Inghilterra, dal World Gold Council, dal database Comtrade delle Nazioni Unite, dall’Istituto geologico degli Stati Uniti e dai rapporti delle aziende coinvolte.

Nei dati doganali britannici, Kazakistan e Uzbekistan sono indicati sia come Paesi di origine (dove l’oro viene prodotto), sia come Paesi di spedizione (l’ultimo punto in cui la merce è stata spedita). Non tutti i database fanno questa distinzione, complicando l’analisi a lungo termine dei modelli di compravendita dell’oro e portando a possibili discrepanze nelle cifre.

La SECO spiega che le statistiche del commercio estero svizzero seguono il principio del Paese d’origine, cioè quello in cui i beni sono stati estratti, fabbricati o sottoposti all’ultima lavorazione significativa. L’oro lavorato per l’ultima volta in Russia, quindi, è considerato di origine russa. Tuttavia, il Paese di spedizione può anche essere un Paese terzo. I Paesi di spedizione in genere non vengono specificati nelle statistiche del commercio estero svizzero, ma la specifica può essere ottenuta su richiesta.

Dal 2021, la Svizzera richiede agli importatori di fornire informazioni aggiuntive per distinguere l’oro estratto da quello raffinato. Russia, Kazakistan e Uzbekistan non si limitano a produrre l’oro, ma vantano anche diverse raffinerie. I dati esaminati da SWI swissinfo.ch per tutti e tre i Paesi mostrano che l’oro esportato è costituito principalmente da lingotti con un alto livello di purezza. Lo stesso principio si applica all’oro che va dai tre Paesi al Regno Unito.

Kazakistan, Uzbekistan e Russia fanno tutti parte della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), per cui godono di legami commerciali privilegiati. Il Kazakistan, insieme alla Russia, fa anche parte dell’Unione economica eurasiatica (UEEA), che garantisce la libera circolazione di beni, servizi, capitali e manodopera nei Paesi membri. Il confine tra Kazakistan e Russia è il secondo confine terrestre più lungo al mondo. Come tale, è notoriamente difficile da controllare e facile preda del contrabbando per una lunga serie di beni, tra cui l’oro.

A quanto si evince dai dati forniti dalla dogana svizzera su richiesta di SWI swissinfo.ch , più di due terzi dell’oro uzbeko importato in Svizzera arrivano direttamente dall’Uzbekistan e il resto dal Regno Unito, mentre quasi tutto l’oro kazako arriva da Londra. Secondo i dati della dogana britannica, invece, tutto l’oro kazako e uzbeko importato nel Regno Unito viene direttamente dai due Paesi.

Secondo gli stessi dati, nel 2023 il Regno Unito ha importato 220 tonnellate di lingotti d’oro kazaki, mentre la Svizzera 59 tonnellate. Già di per sé, le cifre registrate dal Regno Unito sono ben superiori alla produzione aurifera stimata dal Kazakistan per quell’anno, pari a circa 130 tonnellate. Di queste, circa 60 sono state prodotte da KazzincCollegamento esterno e Tau-Ken AltynCollegamento esterno, le uniche due raffinerie kazake incluse nella Good Delivery ListCollegamento esterno (GDL) della London Bullion Market Association (LBMA), che certifica la conformità dell’oro agli standard di qualità e origine internazionali. 

Nello stesso anno, la Svizzera ha importato direttamente dall’Uzbekistan 100 tonnellate di prezioso metallo e il Regno Unito 40, ma la produzione aurifera del Paese è stata stimata a circa 100 tonnellate. I dati doganali, inoltre, mostrano che la Svizzera ha importato altre 40 tonnellate di oro uzbeko tramite Londra.

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Il divario potrebbe essere spiegato almeno in parte dalla decisione delle banche centrali dei due Paesi di vendere parte del proprio oro per approfittare dell’aumento dei prezzi.

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Se molte banche centrali hanno scelto di mantenere o incrementare le proprie riserve, la Banca centrale della Repubblica dell’Uzbekistan e la Banca nazionale del Kazakistan, principali responsabili delle vendite di oro all’estero, sono diventate grandi venditori nettiCollegamento esterno del prezioso metallo, probabilmente per beneficiare dei prezzi alle stelle dopo aver accumulato notevoli riserve negli ultimi anni (il Kazakistan dal 2022, l’Uzbekistan dal 2023).

Secondo i dati del World Gold Council, nel 2023 le riserve auree della Banca nazionale kazaka sono diminuite di 57 tonnellate, arrivando a 294 tonnellate, il secondo calo annuale consecutivo, mentre la Banca centrale uzbeka ha registrato una diminuzione di circa 25 tonnellate, arrivando a 371. Nessuno dei due istituti di credito ha risposto alle richieste di commento da parte di SWI swissinfo.ch.

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In base all’analisi svolta da SWI swissinfo.ch su tutti i dati disponibili pubblicamente, nonché sulle informazioni fornite da aziende e persone esperte del settore, la quantità di oro importata in Svizzera e nel Regno Unito nel 2023 dai due Paesi asiatici ha superato significativamente il volume stimato di oro prodotto dalle loro raffinerie, sommato alle vendite delle riserve auree da parte delle due banche centrali.

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Se l’infografica non appare, è possibile consultare le cifre per il Kazakistan quiCollegamento esterno e quelle per l’Uzbekistan quiCollegamento esterno.

Possibile che si tratti di oro russo che aggira le sanzioni?

Gli esperti e le esperte intervistati da SWI swissinfo.ch hanno dichiarato di ritenere che le quantità di oro uzbeko e kazako coinvolte siano troppo elevate per non generare qualche dubbio. La maggior parte ha poi affermato di sospettare, con vari gradi di certezza, che si tratti di oro russo.

Tra il 2017 e il 2022, grazie alla produzione nazionale, il settore privato uzbeko ha accumulato circa 33,6 tonnellate di scorte aurifere esenti da esportazioni: una quantità inferiore a quella esportata nel Regno Unito e in Svizzera, secondo i calcoli del gestore patrimoniale e i controlli incrociati di SWI swissinfo.ch. In altre parole, non abbastanza per spiegare la discrepanza registrata nel 2023, che secondo le stime di SWI si aggirerebbe tra le 15 e le 45 tonnellate.

“Questi valori possono costituire una prova indiziaria del fatto che forse c’è dell’oro non contabilizzato proveniente da qualche altra parte, per un valore sostanziale”, ha detto il gestore patrimoniale, sottolineando l’assenza di dati disponibili precedenti a quel periodo.

“Sono convinto che l’impennata delle importazioni svizzere nel momento in cui è scoppiata la guerra in Ucraina si possa spiegare solo considerando l’afflusso di oro russo nei due Paesi asiatici, poi riesportato nel Regno Unito e in Svizzera”

Mark Pieth, esperto di oro e anticorruzione

Due persone con esperienza nel settore aurifero svizzero hanno sottolineato la forte probabilità di una “influenza russa” e un analista europeo si è addirittura dichiarato certo al 100% che queste rotte siano state utilizzate per riciclare l’oro russo. Tutti gli esperti ed esperte in questione hanno preferito rimanere anonimi. Pieth, autore di un libro che studia l’industria aurifera svizzera, ha verificato l’analisi dei dati di SWI e non ha avuto remore nel sostenere l’elevata probabilità del coinvolgimento di oro russo.

“Sono convinto che l’impennata delle importazioni svizzere nel momento in cui è scoppiata la guerra in Ucraina si possa spiegare solo considerando l’afflusso di oro russo nei due Paesi asiatici, poi riesportato nel Regno Unito e in Svizzera”, ha dichiarato dopo aver esaminato i dati raccolti da SWI swissinfo.ch.

L’oro esportato dalla Russia a partire dal 21 luglio 2022 è stato sempre più indirizzato verso Paesi che non prevedono sanzioni contro Mosca, come per esempio gli Emirati Arabi Uniti e Hong Kong. I centri di transito dell’oro consentono di eludere le sanzioni occidentali, poiché, una volta che l’oro viene fuso, rifuso o raffinato, diventa impossibile determinarne l’origine, e quindi anche rilevare e punire eventuali violazioni.

A livello internazionale, il commercio di oro non è regolamentato o monitorato da nessuna organizzazione. La cosa più vicina a un organo di controllo globale è la LBMA, un’associazione di categoria che supervisiona il mercato aurifero di Londra, il più grande al mondo nonché un punto di riferimento per le banche centrali e per chi investe nel settore. Il suo obiettivo è promuovere la trasparenza e l’approvvigionamento responsabile, oltre a definire degli standard di qualità. Con circa 150 membri tra commercianti, raffinatori e produttori di metalli preziosi, la LBMA ha anche un elenco delle raffinerie approvate (GDL). Nel marzo 2022 sei raffinerie russe sono state depennate dalla lista.

Veduta aerea miniera.
Miniera d’oro a cielo aperto di Altyntau-Kokshetau, Kazakistan settentrionale. Shamil Zhumatov / Reuters

Kazakistan e Uzbekistan hanno due raffinerie ciascuno nella GDL: tre non hanno neppure risposto alle domande inviate via e-mail da SWI sulle loro esportazioni d’oro. Kazzinc, il più grande produttore di metalli preziosi del Kazakistan, ha inoltrato le nostre richieste alla multinazionale svizzera Glencore, che detiene una partecipazione di maggioranza nella società, senza però rispondere alle domande sulla propria attività. Glencore ha poi rimandato SWI swissinfo.ch ai suoi report annuali, rifiutandosi di rispondere a domande più specifiche.

Le raffinerie accreditate dalla LBMA devono sottoporsi a un audit annuale indipendente e rispettare le leggi locali e le sanzioni imposte da UE, Stati Uniti e Regno Unito e, secondo gli ultimi rapporti disponibili sul sito web dell’associazione, le quattro raffinerie accreditate dalla LBMA in Uzbekistan e Kazakistan sono risultate conformi. L’associazione non ha ancora sollevato allarmi sulle esportazioni di oro dai due Paesi.

Neil Harby, direttore tecnico della LBMA, ha sostenuto di non vedere discrepanze allarmanti nei dati commerciali, dicendosi fiducioso che i numeri delle importazioni britanniche e svizzere siano in linea con la produzione d’oro delle raffinerie della LBMA e con le vendite delle banche centrali di entrambi i Paesi.

Inoltre, ha sottolineato le falle del database Comtrade, come il doppio conteggio: se l’oro kazako e uzbeko importato nel Regno Unito viene riesportato in Svizzera nello stesso anno, viene conteggiato in entrambi i paesi importatori. Tuttavia, SWI swissinfo.ch ha riscontrato discrepanze anche escludendo dai dati delle importazioni svizzere l’oro acquistato dal Regno Unito.

“Nel caso di materiale di vecchia data importato in Svizzera, il Paese di origine risulta il Regno Unito, per cui non viene identificato come oro kazako o uzbeko. È una lacuna importante [..], che i dati di Comtrade non riescono a colmare”, ha aggiunto Harby.

Un’altra possibile spiegazione della discrepanza è che l’anno di importazione dell’oro in un Paese non sempre coincide con l’anno di produzione impresso sui lingotti. In base agli scambi che Harby ha dichiarato di aver avuto con l’istituto finanziario destinatario delle importazioni, “non tutti i lingotti importati nel 2022 [dall’Uzbekistan e dal Kazakistan] recano il timbro 2022, a volte riportano anni di produzione precedenti”.

“Ha senso, perché a fronte di domande e flussi elevati, i caveau del Regno Unito avranno dovuto attingere alle vecchie scorte per soddisfare la richiesta”.

Neil Harby, responsabile tecnico della LBMA

“Questo, a mio avviso, è il motivo della discrepanza. Abbiamo fiducia nei numeri provenienti dalle fonti ufficiali con cui abbiamo a che fare”, ha detto Harby. “Ha senso, perché a fronte di domande e flussi elevati, i caveau del Regno Unito avranno dovuto attingere alle vecchie scorte per soddisfare la richiesta”.

Secondo i dati della LBMA, l’oro conservato nei caveau di LondraCollegamento esterno è diminuito del 10% dall’inizio del 2022. Persone esperte del settore hanno dichiarato a SWI swissinfo.ch che gran parte di quello che manca è finita in Svizzera. Le banche che custodivano il metallo prezioso nei caveau londinesi si sono fatte prendere dal panico dopo la guerra in Ucraina, iniziando a vendere tutti i lingotti contrassegnati da scrittura cirillica, ampiamente presente sull’oro proveniente sia dalla Russia sia dai Paesi dell’Asia centrale.

Alcuni esperti ed esperte hanno dichiarato a SWI swissinfo.ch che banche e commercianti d’oro temevano che i lingotti con il marchio cirillico venissero associati alla Russia e che chi li comprava potesse ricollegarli alle sanzioni, cosa che potrebbe spiegare l’aumento delle importazioni svizzere di oro russo attraverso il Regno Unito.

“Può darsi che, come nel caso dei lingotti russi, alcune banche non volessero avere lingotti con marchi cirillici nei loro caveau”, ha detto Ummel di Swissaid. “Penso che il panico non abbia riguardato solo i lingotti d’oro russi, ma anche quelli uzbeki e kazaki”. 

Chi acquista dal lato svizzero?

La Svizzera non importa da Kazakistan e Uzbekistan oro grezzo, ma solo lingotti d’oro raffinati classificati come puri almeno al 99,5%. Secondo i dati delle dogane svizzere, che non pubblicano dettagli sui singoli importatori, la maggior parte finisce nel settore finanza e investimenti. Dal 2021 a oggi, per esempio, il settore finanziario ha triplicato gli acquisti di oro raffinato proveniente dall’Uzbekistan.

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Scoprire chi acquista l’oro è quasi impossibile, poiché non esiste un database pubblico e istituzioni finanziarie e raffinerie non pubblicano informazioni sulle loro fonti. In genere, le banche centrali si occupano della compravendita di grandi volumi di oro. La Banca nazionale svizzera (BNS) ha dichiarato che le proprie riserve auree sono rimaste invariate da diversi anni, per cui tutto l’oro acquistato dal settore finanziario è stato comprato da banche private o banche cantonali di proprietà pubblica.


“Le banche svizzere rispettano rigorosamente tutte le leggi e le misure applicabili, comprese le sanzioni imposte da organismi svizzeri, internazionali e sovranazionali”, ha dichiarato tramite e-mail l’Associazione svizzera dei banchieri, un gruppo di pressione per il settore finanziario. “Ciò include controlli e procedure per garantire il rispetto delle normative e prevenire le violazioni. Integrità e reputazione sono fattori di successo fondamentali in ambito finanziario”.

L’associazione non ha risposto a domande specifiche sull’oro proveniente da Uzbekistan e Kazakistan.

SWI swissinfo.ch ha chiesto a quattro delle maggiori banche del Paese se stessero acquistando oro kazako e uzbeko. Tre (Raiffeisen, Lombard Odier e la Banca cantonale di Zurigo) hanno dichiarato di no, lasciando pensare che il principale acquirente sia UBS, la più grande banca privata del Paese. L’ipotesi è poi stata avvalorata da una persona esperta del settore e UBS non l’ha confermata né smentita.

“UBS accetta solo oro proveniente da raffinerie della Good Delivery List della LBMA, prodotto in conformità con le Linee guida sull’approvvigionamento responsabile dell’associazione”, ha dichiarato a SWI swissinfo.ch una portavoce della banca zurighese.

Alcuni esperti ed esperte hanno sottolineato che, poiché sia il Kazakistan sia l’Uzbekistan dispongono di raffinerie approvate dalla LBMA, possono essere considerati una fonte legittima del prezioso metallo.

Valcambi rappresenta una quota significativa dei lingotti d’oro importati dalle raffinerie svizzere. Secondo i dati che ci ha fatto pervenire, nel 2021 l’azienda non ha acquistato oro da nessuna delle due nazioni, mentre ha acquistato tre tonnellate di oro kazako nel 2022 e quasi 11 nel 2023. Tra le raffinerie con sede in Svizzera, Valcambi è stata la principale acquirente di oro uzbeko nel 2022, con 32,2 tonnellate, mentre ha acquistato altre 9 tonnellate nel 2023, pari a circa il 94% dei lingotti uzbeki e al 36% di quelli kazaki importati dalle raffinerie elvetiche nel 2022-2023.

Tuttavia, il suo amministratore delegato ha dichiarato a SWI swissinfo.ch che l’azienda si rifornisce da Londra, più che direttamente da Kazakistan o Uzbekistan. “Valcambi non si è rifornita di oro o argento da questi due Paesi”, ha dichiarato infatti Michael Mesaric in un’e-mail. “L’azienda ha importato lingotti LBMA Good Delivery (GD) prodotti da raffinerie LBMA uzbeke e kazake da una camera di compensazione londinese”.

Mesaric ha aggiunto che le procedure di due diligence della raffineria avevano identificato il rischio che l’oro russo fosse mescolato a quello kazako a causa della mancanza di controlli alle frontiere tra le due nazioni. “Il fatto che non sia in grado di spiegare le (circa) 52 tonnellate di differenza tra la produzione interna di oro e l’esportazione di oro nel 2022, va mitigato considerando che non abbiamo importato materiale dal Kazakistan e che abbiamo accettato solo materiale GD” dal sistema di compensazione LBMA di Londra, inviato alla camera di compensazione prima del marzo 2022.

“Lo stesso vale per tutti i lingotti russi GD o per i lingotti provenienti da produttori GD in Paesi noti per importare lingotti russi, come ad esempio Hong Kong o la Turchia”, ha affermato.

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Un operaio con tuta di protezione versa oro fuso da un crogiolo in uno stampo, in un laboratorio della fabbrica di estrazione della miniera d’oro di Altyntau-Kokshetau (2013) Shamil Zhumatov / Reuters

Riconoscere i rischi

Altri operatori svizzeri del settore aurifero hanno sottolineato quanto sia difficile garantire che l’oro kazako e uzbeko provenga al 100% da fonti cosiddette pulite, cioè assicurarsi che sia stato prodotto prima del 2022, che venga esclusivamente dalla produzione primaria dei due Paesi, che non sia stato mescolato con metallo di origine dubbia o sanzionata (come l’oro russo) e che non appartenga a persone fisiche o giuridiche soggette a sanzioni.

La dirigenza di alcune delle maggiori raffinerie e banche svizzere ha dichiarato a SWI swissinfo.ch che non acquista oro dai due Paesi, a prescindere dalla presenza di raffinerie accreditate dalla LBMA.

“Non abbiamo rapporti commerciali con l’Uzbekistan”, ha dichiarato a SWI swissinfo.ch Robin Kolvenbach, CEO della raffineria di metalli preziosi Argor-Hereaus, con sede in Svizzera. “Avevamo un cliente in Kazakistan, che ci inviava circa una tonnellata d’oro all’anno. In linea con la nostra rigorosa politica in materia di oro russo, abbiamo interrotto il rapporto dopo l’inizio della guerra. I legami tra Russia e Kazakistan rendevano difficile mantenere la conformità, per cui abbiamo preferito prendere le distanze”.

L’Associazione svizzera dei fabbricanti e commercianti di metalli preziosi (ASFCMP), che rappresenta 15 aziende impegnate nella lavorazione e nel commercio di metalli preziosi, ritiene che questi Paesi richiedano una particolare diligenza per stabilire l’origine dei metalli. A fine agosto, l’associazione, che non comprende Valcambi, ha dichiarato di aver consultato più a fondo la LBMA e di non aver riscontrato alcun problema con l’oro proveniente dalle raffinerie accreditate dall’ente britannico nei due Paesi.

“Il Kazakistan e l’Uzbekistan, come tutti i Paesi confinanti con la Russia, sono aree ad alto rischio per l’approvvigionamento di metalli preziosi”

Christoph Wild, presidente dell’ASFCMP

“Il Kazakistan e l’Uzbekistan, come tutti i Paesi confinanti con la Russia, sono aree ad alto rischio per l’approvvigionamento di metalli preziosi”, ha dichiarato a SWI swissinfo.ch il presidente dell’ASFCMP, Christoph Wild.

“Il principio a cui ci conformiamo, per cui l’oro di dubbia provenienza non può essere utilizzato nei processi industriali in Svizzera, vale anche per il metallo proveniente da Kazakistan o Uzbekistan. La nostra raccomandazione rimane invariata: se non è possibile determinare chiaramente l’origine dell’oro, di qualunque tipo sia, meglio lasciar perdere!”.

La raffineria Metalor, con sede a Neuchâtel, ha dichiarato di non avere rapporti commerciali con Uzbekistan e Kazakistan.

“Da quando sono entrate in vigore le sanzioni contro la Russia, Metalor non accetta lingotti LBMA Good Delivery da raffinerie uzbeke o kazake, neanche se provenienti da Londra”, ha affermato in un’e-mail a SWI swissinfo.ch Alexandre Fellay, consigliere generale del gruppo.

La Banca cantonale di Zurigo, uno dei principali investitori in metalli preziosi, ha dichiarato di non acquistare oro dalle due nazioni, nemmeno per via indiretta. Inoltre, ha sottolineato che la banca dispone di sufficienti approvvigionamenti che rispettano i criteri normativi interni, nazionali e internazionali, senza bisogno di rivolgersi a Uzbekistan o Kazakistan.

“Alcuni Paesi, inclusi i due sopra citati, presentano rischi più elevati in relazione all’estrazione dell’oro”, ha scritto in un’e-mail Olivia Kotsopoulos, responsabile dei rapporti con la stampa della banca.

Le entità o gli individui scoperti a violare le sanzioni possono incorrere in multe e accuse penali. Indagare e dimostrare le violazioni, tuttavia, è difficile e dispendioso: se già per sua natura l’oro, che può essere fuso e rifuso, è difficile da tracciare per garantirne la provenienza da fonti pulite, ci si aggiungono anche difetti e variazioni nell’applicazione degli standard della LBMA, ha dichiarato Ummel di Swissaid.

Cosa succede in caso di mancato rispetto delle sanzioni?

La Svizzera implementa le sanzioni internazionali imposte dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite attraverso la legge sugli embarghi. L’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) è responsabile del monitoraggio e dell’identificazione di potenziali violazioni. La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) è invece responsabile del loro perseguimento. Ogni violazione comporta sanzioni che vanno da multe fino a 540’000 franchi per i casi più gravi, alla reclusione fino a cinque anni. I casi di particolare gravità possono essere deferiti al Ministero pubblico della confederazione (MPC).

Tuttavia, bisogna trovare una risposta agli interrogativi sull’aumento delle esportazioni di oro da Uzbekistan e Kazakistan.

“Questi flussi possono includere dell’oro russo?”, ha detto Ummel a SWI swissinfo.ch. “Considerate le risposte degli operatori del settore, c’è chi ha una chiara visione del rischio e chi preferisce chiudere gli occhi”.

A cura di Nerys Avery/vm 
Ricerca iconografica di Vera Leysinger
Traduzione dall’inglese di Camilla Pieretti

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