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Nuovi trattamenti contro l’Alzheimer, il dilemma delle autorità di omologazione

persona sorridente accarezza viso di un malato di alzheimer anziano
In Svizzera, circa 156.'900 persone sono affette da Alzheimer o da un'altra forma di demenza, e si prevede che entro il 2050 la cifra salirà a 315'400, secondo l'organizzazione Alzheimer Svizzera. Mtv / Su autorizzazione di Everett Collection

Swissmedic dovrebbe decidere sull'approvazione del primo nuovo farmaco per la cura del morbo di Alzheimer in due decenni. La decisione non sarà facile.

Il morbo di Alzheimer ha sconcertato il mondo della ricerca per decenni. Le aziende produttrici di farmaci hanno investito miliardi nella malattia, che distrugge lentamente la memoria e le capacità di pensiero, ma non hanno presentato un nuovo farmaco per almeno 20 anni.

La situazione è cambiata nel luglio 2023, quando la Food and Drug Administration statunitense ha approvato il lecanemab, venduto con il nome di Leqembi, per il trattamento della malattia di Alzheimer precoce. Da allora, il farmaco è stato approvato anche dalle autorità di Giappone, Cina e Corea del Sud. Il farmaco è il primo ad affrontare sia i sintomi della perdita di memoria sia quella che si ritiene essere una causa di fondo della malattia.

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“L’anno scorso è stato fatto un grande passo avanti per la ricerca sull’Alzheimer”, ha dichiarato Andrea Pfeifer, fondatore e CEO di AC Immune, un’azienda biotecnologica con sede a Losanna che lavora sulle terapie per l’Alzheimer da oltre 20 anni. “Nessun nuovo farmaco era stato immesso sul mercato per così tanto tempo che la gente aveva smesso di credere che fosse possibile trattare la malattia”.

Questa euforia, però, non è durata a lungo in Europa. Nel luglio 2024, il comitato di revisione dell’Agenzia europea per i medicinali ha raccomandato di non autorizzare il farmaco. L’ente sosteneva che i rischi fossero superiori ai benefici, citando problemi di sicurezza come il rigonfiamento e l’emorragia cerebrale.

Un mese dopo, l’agenzia di omologazione britannica ha invece autorizzato il lecanemab, ma il National Institute for Health and Care Excellence, che valuta il rapporto costo-efficacia dei farmaci, non ne ha raccomandato il rimborso. Il prezzo del trattamento, pari a 26’500 dollari (22’300 franchi svizzeri) all’anno negli Stati Uniti (e confidenziale nel Regno Unito), è troppo alto rispetto ai benefici.

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I e le pazienti affetti da Alzheimer in Svizzera attendono con ansia una decisione da parte di Swissmedic, prevista per la fine del 2024. La decisione è tutt’altro che semplice di fronte a tante opinioni divergenti. L’autorità svizzera di omologazione e controllo dei medicamenti deve soppesare i benefici e i rischi di un farmaco per una malattia potenzialmente letale che non è ancora del tutto conosciuta e che non vede una svolta da decenni.

La decisione non riguarderà solo le migliaia di persone a rischio o che convivono con l’Alzheimer nella Confederazione, ma invierà anche un segnale alle case farmaceutiche su quanto investire in nuovi trattamenti per la malattia.

La malattia di Alzheimer è la principale causa di demenza nel mondo. Demenza è un termine generale che si riferisce a una serie di sintomi che colpiscono le capacità cognitive, mentre la malattia di Alzheimer è un tipo specifico di demenza caratterizzato da perdita progressiva della memoria e declino cognitivo.

A livello globale, oltre 55 milioni di persone soffrono di demenza, di cui il 70% è affetto dal morbo di Alzheimer. In Svizzera, circa 156’900 persone sono affette da Alzheimer o da un’altra forma di demenza, e si prevede che entro il 2050 la cifra salirà a 315’400, secondo l’organizzazione Alzheimer Svizzera .

La malattia distrugge lentamente la memoria e le capacità di pensiero e, infine, la capacità di svolgere compiti semplici. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che la patologia costi ai sistemi sanitari circa 1’300 miliardi di dollari ogni anno.

Molte incognite

Le opinioni divergenti sul lecanemab sono un segno di quanto sia stato difficile fare progressi sulla malattia. Non ci sono prove conclusive su quali siano le vere cause della malattia. Ad oggi, non esiste ancora un esame del sangue approvato per rilevare se una persona ha l’Alzheimer e quanto questa malattia è progredita.

I farmaci finora sono stati in grado solo di alleviare i sintomi, come la perdita di memoria. Ma a quel punto è troppo tardi per intervenire sulla malattia, perché la perdita di memoria non può essere recuperata.

“È necessario trattare la malattia precocemente, cioè prima che il cervello sia danneggiato”, ha detto Pfeifer. Per farlo, “dobbiamo scoprire se una persona è a rischio di sviluppare l’Alzheimer 15-20 anni prima dell’insorgenza dei sintomi”.

Ciò ha portato le aziende farmaceutiche a concentrarsi su ciò che accade nel cervello dei e delle pazienti affetti da Alzheimer. Le scansioni cerebrali mostrano livelli anomali di proteina beta amiloide, che si accumula formando placche nel cervello che interrompono il funzionamento delle cellule. Il lecanemab fa parte di un nuovo gruppo di farmaci che prendono di mira queste placche.

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illustrazione di neuroni

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Dalla Svizzera un farmaco innovativo per l’Alzheimer

Questo contenuto è stato pubblicato al Lo stabilimento di Biogen in Svizzera è l’unico a produrre il principio attivo del farmaco per l’Alzheimer omologato negli Stati Uniti.

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Ma la misurazione della quantità di placche nel cervello non è sufficiente per dire se i farmaci impediscono la perdita di memoria. Da una parte, alcune persone che presentano placche non sviluppano mai la demenza. Dall’altra, alcuni farmaci hanno ridotto le placche ma non hanno portato ad alcun cambiamento nella perdita di memoria o nella cognizione.

Il lecanemab, venduto dall’azienda statunitense Biogen e da quella giapponese Eisai, è stato il primo farmaco che non solo ha ridotto le placche nel cervello, ma ha anche rallentato la progressione dei sintomi. Il principale studioCollegamento esterno condotto su oltre 1’700 persone affette da Alzheimer precoce ha dimostrato che il farmaco ha rallentato il declino cognitivo del 27% rispetto a un placebo in 18 mesi.

Mentre la ricerca ha celebrato questo risultato come una svolta per la malattia, il significato per i e le pazienti è stato difficile da interpretare per gli organi regolatori. Secondo alcuni esperti ed esperte, il farmaco potrebbe tenere a bada la demenza per soli cinque mesi. Secondo altriCollegamento esterno, gli effetti minimi potrebbero anche non essere percepiti dal paziente o dal medico.

“In una fase precoce della malattia, il principio attivo riduce i depositi proteici dannosi nel cervello e quindi ritarda la progressione della malattia”, ci ha indicato via e-mail Jacqueline Wettstein, portavoce dell’associazione Alzheimer Svizzera. “Tuttavia, il lecanemab non può né curare né arrestare la malattia di Alzheimer”.

Questo beneficio dev’essere valutato anche rispetto agli effetti collaterali, tra cui il rigonfiamento cerebrale o i microsanguinamenti che, secondo lo studio, possono provocare lievi mal di testa e, in alcuni casi, la morte.

Quando la FDA ha approvato il lecanemab, ha dichiarato che il farmaco era sicuro e mostrava un beneficio clinicamente significativo. L’Agenzia europea dei medicinali è giunta a una conclusione diversa, sostenendo che “i benefici del trattamento non sono sufficientemente ampi da superare i rischi associati al Leqembi (lecanemab)”.

Anche quando le autorità di regolamentazione hanno approvato il farmaco, alcune assicurazioni sanitarie, come nel Regno Unito, si sono rifiutate di pagarlo, sostenendo che costa troppo per i pochi benefici che offre. Negli Stati Uniti il farmaco ha un prezzo di 26’500 dollari all’anno, che però non include i costi delle infusioni bisettimanali e del monitoraggio.

Premiare i progressi compiuti

Antonella Santuccione Chadha, neuroscienziata che ha lavorato allo sviluppo di farmaci per l’Alzheimer e che ora dirige la Women’s Brain Foundation di Zurigo, afferma che l’equazione benefici-rischi dev’essere vista nel contesto più ampio della ricerca sull’Alzheimer.

“Mi rendo conto che i rischi associati a questi farmaci sono elevati rispetto ai benefici”, ha dichiarato Chadha. “Ma questo potrebbe essere il prezzo da pagare per far progredire la ricerca su questa malattia devastante per la quale non esiste una cura”.

Secondo la società di studi sanitari IQVIACollegamento esterno, con sede negli Stati Uniti, nell’ultimo decennio più di 200 programmi di ricerca sono stati abbandonati o hanno fallito negli studi clinici di fase avanzata, quando i farmaci vengono testati su un numero elevato di persone.

Secondo le stime di IQVIA, i costi complessivi per lo sviluppo di un farmaco per l’Alzheimer sono di circa 5,6 miliardi di dollari, contro i 793,6 milioni di dollari per un antitumorale.

Pfeifer afferma che l’approvazione del lecanemab da parte degli Stati Uniti ha inviato alle aziende come la sua il messaggio che vale la pena investire. Si stima che il farmaco genererà 361 milioni Collegamento esternodi dollari a livello globale nel 2024.

“Questi nuovi farmaci non saranno una cura perfetta, ma stanno rallentando il declino cognitivo di molte/i pazienti”, ha detto Pfeifer. “Se non vengono approvati trattamenti almeno in parte efficaci, chi investirà nella ricerca sull’Alzheimer per portare sul mercato la prossima generazione di farmaci?”.

Un anno dopo l’approvazione del lecanemab, la FDA ha dato il via libera a un secondo farmaco, il donanemab, venduto come Kisunla dall’azienda statunitense Eli Lilly. Le autorità di regolamentazione britanniche, europee e australiane lo stanno ancora valutando.

Sulla piattaforma statunitense clinicaltrials.gov sono registrati circa 160 studi clinici che valutano 127 farmaci per la malattia di Alzheimer. Sono in corso ricerche su test diagnostici del sangue e su nuovi medicinali che contrastano l’infiammazione e altre proteine, oltre all’amiloide beta, alla base della malattia.

AC Immune, biotech con sede a Losanna, lavora da 20 anni su test diagnostici e immunoterapie, che sfruttano la capacità delle cellule immunitarie di eliminare le placche dal cervello. Attualmente ha cinque farmaci in fase di sperimentazione clinica e sta anche studiando nuove cause alla base della malattia.

“Ogni studio migliora la nostra comprensione della malattia. Sulla base di questi successi, la prossima generazione di farmaci arriverà ancora più velocemente e fornirà maggiori benefici e una maggiore sicurezza”, ha dichiarato Pfeifer.

Nel maggio 2024, l’azienda giapponese Takeda e AC Immune hanno concluso un accordo del valore di 100 milioni di dollari versati anticipatamente e potenzialmente di altri miliardi in seguito, se la ricerca sarà coronata da successo. In base all’accordo, Takeda ha un’opzione esclusiva per la licenza dei diritti globali di una delle sue immunoterapie in fase di sperimentazione clinica.

È ora di una cura

Non è chiaro come Swissmedic si pronuncerà sul lecanemab. Eisai ha presentato a Swissmedic una richiesta di autorizzazione per il farmaco nel maggio 2023. Un portavoce di Swissmedic ci ha indicato di non poter condividere i dettagli di una decisione in sospeso. Non è insolito che l’ente regolatorio impieghi più di un anno per prendere una decisione.

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Poiché la Svizzera non fa parte dell’Unione Europea, Swissmedic prende decisioni indipendenti dall’Agenzia europea per i medicinali. In collaborazione con esperti ed esperte, controlla che il prodotto “soddisfi i requisiti di efficacia, qualità e sicurezza”.

Lo scorso anno Swissmedic ha autorizzato circa l’84% delle richieste di nuovi farmaci, per un totale di 41 nuovi prodotti. La stessa percentuale è stata omologata dalla FDA Collegamento esternostatunitense, per un totale di 55 nuovi farmaci.

Anche se il lecanemab offre un beneficio minimo, le malate e i malati di Alzheimer in Svizzera sperano in una decisione positiva. Al momento, le e i pazienti svizzeri possono importare il farmaco solo a proprie spese.

“Dopo anni di ricerca, finalmente abbiamo un farmaco in dirittura d’arrivo che può almeno ritardare la malattia in fase iniziale”, ha detto Wettstein. Il lecanemab non può fermare la malattia di Alzheimer, “ma se viene somministrato nelle fasi iniziali della patologia, può concedere più tempo alle persone affette”.

A cura di Virginie Mangin/ds

Tradotto con l’aiuto di DeepL/mrj

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