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Ricerca farmaceutica, verso un approccio più inclusivo per sesso biologico e genere

illustrazione sulla ricerca medica e lo sviluppo di farmaci che non considerano il sesso biologico e il genere
Raramente i risultati degli studi clinici vengono suddivisi per sesso biologico e genere. Quando lo sono, le differenze di efficacia e sicurezza tra uomini e donne sono raramente considerate nelle informazioni di approvazione e prescrizione dei farmaci. SWI swissinfo.ch / Helen James

Il corpo femminile può reagire ai medicinali in modo diverso rispetto a quello maschile, ma raramente la ricerca farmaceutica prende in considerazione il sesso biologico e il genere. Oggi c'è uno slancio crescente, anche in Svizzera, per cambiare approccio.

A luglio 2023 il farmaco Lecanemab è diventato il primo medicinale in vent’anni a ricevere dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti la piena approvazione come terapia per il morbo di Alzheimer. Questa malattia compromette la memoria e colpisce circa 55 milioni di persone al mondo.

Lecanemab, venduto con il nome commerciale Leqembi, è stato sviluppato dalla compagnia statunitense Biogen e dalla giapponese Eisai, e agisce riducendo le placche amiloidi nel cervello, una caratteristica distintiva dell’Alzheimer.

Lo studio clinicoCollegamento esterno principale per la sua approvazione mostra che il farmaco ha rallentato il declino cognitivo del 27% rispetto al placebo.

“Dobbiamo riconoscere il fatto che questo farmaco (per l’Alzheimer) funziona in modo diverso per uomini e donne e dobbiamo capirne il perché.”

Antonella Santuccione Chadha, Women’s Brain Foundation

Ma i dati supplementari nell’appendice dello studio raccontano una storia più complessa, e rivelano differenze significative tra i 1’700 pazienti della sperimentazione. Il farmaco, infatti, ha rallentato il declino cognitivo solo del 12% nelle partecipanti donne (circa il 51,7% del campione), rispetto al 43% osservato negli uomini.

Si tratta di risultati difficili da interpretare, afferma a SWI swissinfo.ch una portavoce di Eisai, perché la sperimentazione non era stata progettata per rilevare le differenze di impatto del farmaco tra uomini e donne. Per poterlo fare, uno studio dovrebbe essere impostato prestando più attenzione a certi fattori, tra cui il numero di partecipanti e la progressione della malattia nel gruppo placebo.

Ciononostante, i risultati hanno sollevato diversi interrogativi tra esperti ed esperte, soprattutto considerando che due terzi delle persone affette da Alzheimer sono donne.

“Leqembi è una svolta per chi ha l’Alzheimer”, sostiene la neuroscienziata Antonella Santuccione Chadha, che ha lavorato per due anni al programma sull’Alzheimer di Biogen e oggi è la co-fondatrice della Women’s Brain Foundation a Zurigo. “Ma dobbiamo riconoscere il fatto che questo farmaco funziona in modo diverso per uomini e donne e dobbiamo capirne il perché”.

Una domanda che si pongono sempre di più anche le agenzie regolatorie e i principali enti finanziatori del settore. Nel 2023 il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica – il più grande ente di finanziamento pubblico per la ricerca biomedica in Svizzera – ha annunciato un progetto da 11 milioni di franchi con l’obiettivo di identificare nuovi modi di includere il sesso biologico e l’identità di genere nella ricerca sanitaria e farmaceutica.

L’iniziativa riflette un cambiamento già in atto altrove, come negli Stati Uniti, in Canada e in Europa, volto a superare la prevalenza della prospettiva maschile nella ricerca medica e a sviluppare farmaci tenendo maggiormente conto delle donne.

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Medicina “bikini”

Nel principale studio su Leqembi più della metà delle persone partecipanti erano donne, e sono stati pubblicati i risultati suddivisi per sesso: si tratta di un passo avanti, secondo gli esperti intervistati da SWI.

Basti pensare che le donne rappresentano circa il 70%Collegamento esterno dei pazienti affetti da dolore cronico, ma l’80% degli studiCollegamento esterno al riguardo è condotto solo su uomini o topi da laboratorio maschi. La presenza maschile domina ancora molte sperimentazioni cliniche per malattie che colpiscono maggiormente le donne.

La sclerosi multipla, una malattia cronica del sistema nervoso centrale, è due volte più comune tra le donne, che sono anche più a rischio di ictus, malattie cardiovascolari e malattie autoimmuni come il lupus.

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È raro che i risultati suddivisi per sesso e genere di uno studio vengano pubblicati. Ma anche quando sono disponibili dati sulle differenze di efficacia e sicurezza di un farmaco tra uomini e donne, questi di solito non vengono considerati ai fini dell’approvazione della terapia né menzionati nelle informazioni di prescrizione.

Quando le donne sono al centro di una ricerca medica spesso è per malattie che colpiscono i loro organi riproduttivi.

“La salute della donna va oltre quest’idea di medicina ‘bikini'”, afferma Stephanie Sassman, capo del reparto di salute femminile di Genentech, una filiale della farmaceutica svizzera Roche.

La mancata considerazione per le differenze di genere nella ricerca farmacologica ha avuto gravi conseguenze sulla salute delle donne. “Ci sono centinaia di malattie per cui le donne ottengono una diagnosi in ritardo o sbagliata. Oppure vengono prescritte terapie o dosaggi che non sono efficaci, o che addirittura non sono sicuri”, sottolinea Sassman.

Negli ultimi 40 anni i prodotti medicinali hanno avuto una probabilità 3,5 volte maggiore di essere ritirati dal mercato a causa di effetti avversi sulle donne rispetto agli uomini, secondo uno studioCollegamento esterno del McKinsey Health Institute pubblicato a gennaio.

Anche in Svizzera, Paese che vanta servizi sanitari tra i più avanzati al mondo, le donne ricevono terapie meno adatte alle loro esigenze, con conseguenti “effetti collaterali più frequenti e una prognosi peggiore” rispetto agli uomini, come evidenziato in un rapportoCollegamento esterno commissionato dal governo e pubblicato a maggio.

Una ricerca medica sbilanciata sin dall’inizio

Uno dei motivi per cui persiste questo divario in medicina è che il disequilibrio tra i sessi è già incorporato nei modelli scientifici delle prime fasi di ricerca, e si estende poi a quelle più avanzate.

Fino a poco tempo fa la ricerca considerava il corpo femminile come una versione più piccola del suo corrispettivo maschile. Gli studi che includono solo animali maschi sono ancora 5,5 volte più numerosi di quelli che includono anche animali femmina, secondo uno studioCollegamento esterno dell’Economist commissionato nel 2023 dalla Womens’ Brain Foundation.

“Ci sono centinaia di malattie per cui le donne ottengono una diagnosi in ritardo o sbagliata.”

Stephanie Sassman, Genentech

“Chi fa ricerca a volte è così abituato ad usare animali maschi che non si chiede nemmeno se faccia differenza studiare i meccanismi del cervello nelle femmine dei topi”, afferma Carole Clair, che guida l’Unità di salute e genere presso il Centro universitario di medicina generale e salute pubblica (Unisanté) a Losanna.

Si è sempre pensato che un’ipotesi fosse valida indipendentemente dal sesso della persona, aggiunge. Ma gli studi scientifici dimostrano che non è così.

Ad esempio, uno studioCollegamento esterno del 2022 sui benefici anti-invecchiamento del farmaco generico Rapamicina ha dimostrato che quest’ultimo allungava la vita solo ai moscerini della frutta femmine e non ai maschi. Il motivo si può forse ritrovare nel processo di smaltimento dei residui nelle cellule intestinali, che è diverso tra femmine e maschi. Ci sono anche delle differenze nel modo in cui gli uomini e le donne aderiscono alla terapia, in parte a causa delle norme e ruoli di genere.

Anche quando consapevoli di queste differenze, le compagnie farmaceutiche e chi lavora nella ricerca hanno spesso sostenuto che includere le donne negli studi clinici sia difficile e costoso, soprattutto a causa delle variazioni ormonali nell’arco del ciclo mestruale. Tuttavia, oggi si è dimostratoCollegamento esterno che le fluttuazioni ormonali influenzano la risposta ai farmaci anche negli uomini.

“Alla fine, si tratta di condurre una sperimentazione clinica per valutare se un farmaco funziona o meno. Ogni indagine scientifica richiede delle variabili di controllo”, dichiara Ian McConnell, vicepresidente comunicazione nel settore ricerca di MSD. Ci vogliono in media dieci anni e 2,5 miliardi di dollari (2,3 miliardi di franchi) per completare la sperimentazione di un nuovo farmaco.

“Più si aggiungono parametri da misurare, più lo studio diventa complicato e costoso”.

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Un lento cambiamento nelle sperimentazioni cliniche

I Governi sono diventati più consapevoli del divario di genere in questo ambito, ma hanno faticato a trovare un modo per affrontare il problema e continuare al tempo stesso a garantire la sicurezza dei farmaci, gestire i costi ed evitare di imporre troppe restrizioni alla ricerca.

Nel 1993 l’FDA ha pubblicato una linea guidaCollegamento esterno in cui stabiliva che le donne dovevano essere incluse in tutte le fasi dello sviluppo farmaceutico. La decisione rovesciò una norma precedente, che vietava la partecipazione delle donne in età fertile nelle fasi iniziali della sperimentazione, a seguito di malformazioni congenite emerse a causa dell’esposizione a nuovi farmaci. Le donne incinte sono tuttora escluse dalla maggior parte degli studi clinici.

Nello stesso anno il National Institutes of Health (NIH) negli Stati Uniti, il principale ente pubblico di finanziamento della ricerca biomedica, ha reso obbligatoria l’inclusione delle donne negli studi clinici finanziati con fondi pubblici e giunti alla Fase III di sperimentazione, durante la quale i farmaci vengono testati su una popolazione più ampia.

L’Unione Europea ha seguito l’esempio statunitense e nel 2014 ha pubblicato una guidaCollegamento esterno pratica per integrare la dimensione del genere nella ricerca finanziata dall’UE.

“Solo perché esistono delle linee guida non significa che vengano seguite”, osserva Santuccione Chadha. Diversi studiCollegamento esterno dimostrano che il numero e la quota di donne nelle sperimentazioni cliniche complessivamente sono aumentati, mentre i progressi sono stati più limitati per quanto riguarda la ricerca preliminare sugli animali. Ci sono stati pochi passi avanti anche nell’analisi dei dati suddivisi per genere e sull’utilizzo di questi risultati per sviluppare farmaci su misura per le donne.

“Chi fa ricerca a volte è così abituato ad usare animali maschi che non si chiede nemmeno se faccia differenza studiare i meccanismi del cervello nelle femmine dei topi.”

Carole Clair, Unisanté

Molte di queste norme sono state formulate in modo vago e la loro attuazione non è stata rigorosa. Nel 2018 un’analisiCollegamento esterno di 107 sperimentazioni finanziate dal NIH ha rivelato che, sebbene in metà degli studi la partecipazione delle donne fosse almeno del 46%, in circa il 15% di questi le donne rappresentavano meno del 30% del campione. Inoltre, solo il 26% degli studi riportava almeno un risultato suddiviso per sesso.

Nel frattempo, la Svizzera ha tardato nell’attuare requisiti specifici di genere nelle sperimentazioni cliniche. Il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, dotato di un budget annuale di circa 1 miliardo di franchi, non ha alcun requisito al riguardo.

Swissmedic si è affidata a linee guida internazionaliCollegamento esterno, secondo cui i pazienti e le pazienti negli studi clinici dovrebbero essere “ragionevolmente rappresentativi della popolazione” che in seguito riceverà quel farmaco. Ma non è chiaro come venga garantito il rispetto di questa norma.

“In Svizzera gli enti finanziatori sono stati cauti nell’impartire direttive alla ricerca. Si ritiene che sia responsabilità individuale di chi effettua la sperimentazione”, afferma Clair. “Dovrebbe essere logico includere la popolazione di riferimento nel proprio studio, ma senza un approccio dall’alto verso il basso per imporlo, potrebbe non accadere”.

Oggi c’è un maggior slancio in questa direzione, in parte causato dalla pandemia di Covid-19, che ha dimostrato che le donne soffrono Collegamento esternopiù effetti collaterali dei vaccini rispetto agli uomini.

La Svizzera ha aggiornato la legge sulla ricerca umanaCollegamento esterno con una revisione che entrerà in vigore a novembre e impone una partecipazione più equilibrata delle donne nelle sperimentazioni cliniche. A partire dal 2025 anche l’FDA statunitense richiederà piani di azioni sulla diversità per tutti gli studi clinici di fase III. Questi piani dovrebbero fornire più informazioni sulla selezione dei e delle partecipanti e su come i dati verranno suddivisi e analizzati per gruppi diversi.

Il Governo svizzero ha anche affidato a Swissmedic il compito di includere il sesso biologico e il genere nelle valutazioni sui nuovi medicinali, con cambiamenti attesi entro il 2029. Inoltre, il programma del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica dovrebbe identificare delle strategie per colmare il divario di genere nelle fasi iniziali della ricerca.

Un mercato in espansione

Anche le case farmaceutiche sono diventate più favorevoli a una maggiore partecipazione femminile negli studi, poiché guardano con interesse al crescente mercato del “femtech”, ovvero prodotti ideati appositamente per le donne. Secondo una ricerca di settoreCollegamento esterno, il solo mercato di prodotti relativi alla menopausa potrebbe raggiungere i 24 miliardi di dollari (20 miliardi di franchi) entro il 2031.

“Quando si pensa all’intero percorso terapeutico da un punto di vista femminile si aprono nuove opportunità,” sottolinea Sassman. Nel 2022 la compagnia farmaceutica Roche ha avviato il programma ProjectX per promuovere gli investimenti nella salute delle donne. Questo progetto non si concentra solo sulla diversità negli studi clinici, ma prende in considerazione anche fattori come la fertilità e la menopausa per comprendere meglio l’andamento delle malattie e la risposta ai trattamenti.

Sono tutti passi nella giusta direzione, secondo Santuccione Chadha, ma il genere è ancora un fattore secondario nella ricerca farmaceutica.

“Dobbiamo davvero cambiare mentalità per far sì che le differenze di sesso e genere siano individuate e discusse sin dall’inizio”, dice Santuccione Chadha. “In questo modo la medicina sarà più sicura ed efficace per tutte le persone”.

A cura di Virginie Mangin

Traduzione di Vittoria Vardanega

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