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Il coronavirus mette le ali alla bici

La pandemia di Covid-19 in Svizzera ha lasciato il segno sulla mobilità  Mentre l'uso dei mezzi pubblici è calato drasticamente, quello della bicicletta ha il vento in poppa. Ma il perdurare di questa tendenza dipenderà dalle scelte che farà la società.

Nei suoi quasi quarant’anni di esperienza come proprietario di un negozio di bicicletteCollegamento esterno nell’agglomerato di Berna, non ha mai vissuto nulla del genere: “È impressionante che nel villaggio così tante persone che da anni non salivano in sella, improvvisamente, ora abbiano bisogno di una bici”, dice Ernst Leuthold. “Una bella sensazione! Molti clienti ci sono grati che rimettiamo in sesto le loro vecchie biciclette, che da un’eternità avevano depositato in cantina, affinché possano di nuovo pedalare”. Leuthold e i suoi due dipendenti sono ormai al limite delle capacità di effettuare riparazioni.

Poiché il negozio è rimasto chiuso per otto settimane a causa delle misure di confinamento imposte dal governo svizzero per contrastare la diffusione di infezioni da coronavirus, tuttavia, le vendite di biciclette e relativi accessori – che in quei due mesi erano possibili solo via Internet – sono invece diminuite notevolmente. Ma “da quando abbiamo riaperto, le vendite sono nuovamente in crescita”, precisa Ernst Leuthold, con sollievo. Soprattutto l’interesse per l’acquisto di biciclette elettriche (e-bike) e di quelle per bambini è fortemente aumentato. Anche le gravel bike, ossia le bici adatte a percorrere comodamente anche lunghe distanze su strade non asfaltate, sono molto in voga.

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“Il futuro della bici è nel trasporto combinato”

Ciò che Leuthold osserva nel suo negozio vale anche per altri membri del settore, conferma Daniel Schärer, segretario centrale dell’associazione di categoria 2ruote SvizzeraCollegamento esterno. “Il carico di lavoro delle officine di riparazione di biciclette durante il lockdown è sempre stato molto elevato. Per la maggior parte dei membri, le riserve di lavoro erano pari a una durata da dieci giorni a tre settimane”, precisa. Ci sono inoltre segnali di un aumento delle vendite, aggiunge.

Daniel Schärer suppone che la clientela supplementare abbia scoperto la bici soprattutto per il tempo libero. “Sicuramente qualcuno è passato alla bicicletta – soprattutto all’e-bike – per il tragitto verso il luogo di lavoro. Ma dubito che si tratti di una tendenza destinata a durare”. Poiché per gran parte della popolazione abitazione e luogo di lavoro sono distanti, secondo Schärer, è soprattutto nel trasporto combinato che la bicicletta ha un grande futuro nella vita di tutti i giorni. In altre parole: la mattina si va alla stazione in bici, poi si prosegue con i mezzi pubblici per andare al lavoro, e la sera viceversa per il ritorno a casa.

La bici recupera terreno

Sociologo dei trasporti e direttore dell’accademia della mobilitàCollegamento esterno, Jörg Beckmann afferma di potersi immaginare un passaggio ad altri mezzi di trasporto per il pendolarismo. Un segnale in tal senso, ad esempio, è il forte aumento delle vendite di biciclette elettriche durante il confinamento per la crisi del coronavirus. “È molto probabile che alcuni pendolari utilizzino la bicicletta come scappatoia dai mezzi pubblici per recarsi al lavoro”.

Il sociologo del traffico ha notato anche nel proprio ambiente che durante l’isolamento, vecchi modelli di mobilità sono stati scartati e ne sono stati sviluppati di nuovi. Dove abitualmente si formavano code di auto, in alcuni punti c’era un affollamento di biciclette.

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L’apparenza non inganna: a differenza di tutti gli altri mezzi di trasporto, sin dall’inizio della crisi del coronavirus, l’uso della bicicletta non è diminuito, bensì è aumentato considerevolmente. Lo studio Mobis-Covid19/07Collegamento esterno, condotto congiuntamente dal Politecnico federale di Zurigo e dall’Università di Basilea, mostra che i chilometri percorsi pedalando durante la pandemia sono nettamente superiori alla media. In certi giorni la distanza percorsa in bicicletta è quasi triplicata rispetto all’autunno 2019.

Di certo, per Jörg Beckmann, il boom delle biciclette degli ultimi anni ha ricevuto una spinta supplementare dalla pandemia, che ha provocato la chiusura di palestre e centri di fitness sono rimasti chiuse e trasformato i mezzi pubblici di trasporto in luoghi a rischio di contagio. Ma anche le condizioni meteorologiche ottimali durante la pandemia in Svizzera possono aver avuto un ruolo importante.

Il fatto che i nuovi modelli di mobilità ora perdurino o meno al ritorno della normalità dipende dalle condizioni quadro sociali, in particolare dalla politica e dalla pianificazione dei trasporti, afferma lo specialista.

Un mezzo di trasporto importante

Nella prima metà del XX secolo e in particolare nel periodo tra le due guerre, la bicicletta era il mezzo di trasporto più importante. Dal 1950, con l’aumento del benessere. è stata soppiantata dall’automobile. Negli ultimi anni ha però conosciuto una rinascita. La pandemia di coronavirus potrebbe fornirgli un’ulteriore spinta. 

Ciclopiste migliori e più sicure

Il governo elvetico, in una notaCollegamento esterno diramata lo scorso 13 maggio, ha annunciato di voler garantire piste ciclabili migliori e più sicure tramite una legge federale ad hoc. L’elettorato svizzero, nel 2018, aveva votato in favore di un emendamento costituzionale per promuovere vie ciclabili sicure e di qualità.

Ora il Consiglio federale ha creato le basi legali per l’attuazione di quell’articolo costituzionale. La costruzione delle vie ciclabili rimane di competenza dei Cantoni. In futuro, tuttavia, secondo il disegno di Legge sulle vie ciclabiliCollegamento esterno posto in consultazione fino al 10 settembre, i Cantoni avrebbero l’obbligo di progettarle, garantendo “una rete coerente e sicura”.

È questo il primo tangibile segnale di un più forte sostegno politico alla bicicletta? “È certamente possibile che le misure infrastrutturali, che forse ora verranno attuate più celermente, diano un ulteriore impulso alla bici”, risponde Jörg Beckmann.

“Ancora molta strada” per la bici

Il disegno di legge è la dimostrazione che “la Confederazione hacompreso il chiaro desiderio del popolo di aumentare il traffico ciclistico e voglia soddisfarlo”, ha comunicatoCollegamento esterno l’organizzazione per la promozione degli interessi dei ciclisti Pro Velo Svizzera, reagendo con soddisfazione al progetto governativo. Tuttavia, “c’è ancora molta strada da fare prima che la Svizzera abbia raggiunto paesi modello come i Paesi Bassi o la Danimarca”, puntualizza il presidente di Pro Velo Matthias Aebischer, citato nel comunicato stampa.

In Svizzera la bici “non è una priorità politica”, ha dichiarato al quotidiano ginevrino Le TempsCollegamento esterno Patrick Rérat, professore di geografia delle mobilità all’Università di Losanna. Mentre città europee sulla scia della pandemia di Covid-19 hanno progettato vie ciclabili supplementari – Roma (150 km), Bruxelles (40 km), Berlino (22) e Barcellona (21) – in Svizzera non si è praticamente mosso nulla.

Eppure un’infrastruttura sicura è fondamentale per molti utenti della strada per decidere se passare alla bicicletta, sottolinea Patrick Rérat. Esiste una forte correlazione tra l’infrastruttura che garantisce la sicurezza dei ciclisti e l’uso della bici. In Svizzera, le città con le migliori piste ciclabili – Basilea e Berna – sono anche i luoghi dove si pedala di più.

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(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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