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Pakistan: sangue sulla festa di Maometto, 50 morti

È di oltre 50 morti il bilancio di un nuovo attentato suicida a Mastung, nella travagliata provincia pachistana del Balochistan a ridosso del confine afghano. KEYSTONE/EPA/JAMAL TARAQAI sda-ats

(Keystone-ATS) Ancora sangue in Pakistan, nel giorno delle celebrazioni per la nascita di Maometto. Un boato, una nuvola di polvere nel bel mezzo di una processione, poi le grida.

È di oltre 50 morti il bilancio di un nuovo attentato suicida a Mastung, nella travagliata provincia pachistana del Balochistan a ridosso del confine afghano. Altre vittime si contano pure in una moschea nella vicina provincia di Khyber Pakhtunkhwa, anch’essa insanguinata dall’estremismo islamico e stretta nella morsa di un un’instabilità politica che sembra cronica.

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A Mastung sono stati presi di mira i fedeli che celebravano la festa del Profeta. A centinaia si erano raccolti nei pressi di una moschea, arrivati da tutti i luoghi di culto della città. L’attentatore suicida si è fatto largo tra la folla per poi detonare il giubbotto carico di esplosivo accanto a un mezzo di polizia, uccidendo l’ufficiale che era a bordo. Il bilancio ancora provvisorio della strage è di 53 morti e decine di feriti, almeno 100 secondo le fonti. Alcuni sono in gravi condizioni e lottano tra la vita e la morte negli ospedali della vicina Quetta, capitale della regione.

I video girati sul luogo dell’attentato e pubblicati in rete mostrano le orrende immagini di corpi straziati, arti amputati sparsi sulla strada, sangue ovunque. Immagini purtroppo già viste da queste parti: nel 2018 in un attacco a un raduno politico rivendicato dall’Isis i morti furono 154, in uno dei più sanguinosi attentati nella storia del Pakistan.

Complice l’instabilità politica nel Paese, al voto a gennaio in controverse elezioni, l’organizzazione terroristica ha alzato il tiro e solo poche settimane fa ha tentato il salto di qualità con un attentato – sempre a Mastung – contro Hafiz Hamdullah, uno dei leader di spicco del Jamiat Ulema-e-Islam (Jui-F), il più grande partito politico-religioso del Pakistan. Il responsabile è rimasto miracolosamente illeso, il bilancio è stato di una decina di feriti. A luglio l’Isis aveva preso di mira un raduno dello stesso partito, celebrato nel distretto tribale Bajaur di Khyber Pakhtunkhwa: i morti furono 63.

E proprio qui oggi si contano altri morti. Un gruppo armato ha tentato di aprirsi un varco nella moschea ospitata all’interno di una stazione di polizia della provincia. Una prima esplosione si è verificata all’esterno, una seconda nel corso dell’attacco ha sventrato il tetto. Il bilancio è di almeno 4 morti e una decina di feriti, anche se i terroristi puntavano ai fedeli radunati per la preghiera del venerdì in questa giornata di festa nazionale, quando erano almeno 60 le persone presenti.

Nessun gruppo ha finora rivendicato gli attacchi: un portavoce dei talebani pachistani (Ttp), protagonisti di una campagna di sangue contro il governo di Islamabad, ha smentito ogni coinvolgimento: “Non è la nostra politica fare attentati in un raduno pubblico”. Mentre il ministro ad interim dell’Interno, Murtaza Solangi, ha stigmatizzato gli attacchi: “Il fatto che i terroristi abbiano scelto di colpire le celebrazioni per la nascita di Maometto dimostra che non hanno nulla a che fare con la religione, l’ideologia e la morale”.

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