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Pfister vuole clausola immigrazione, “Svizzera non diventi Monaco”

(Keystone-ATS) Gerhard Pfister frena sulla libera circolazione delle persone con l’Ue: il presidente del partito di Centro vuole inserire nella Costituzione federale una clausola di salvaguardia che consenta alla Svizzera di limitare l’immigrazione se questa supera un certo livello.

“La Svizzera non deve diventare una seconda Monaco”, afferma in un’intervista alla Neue Zürcher Zeitung (NZZ). E a suo avviso l’Ue accetterà, perché non più così testarda ora che ha superato la Brexit.

“Mi stupisce che il Consiglio federale sia chiaramente privo di una strategia di politica europea”, afferma il 61enne. “Da un lato, sta negoziando il futuro degli accordi bilaterali con l’Ue, dall’altro, con l’iniziativa dell’UDC ‘No a una Svizzera da 10 milioni’ ha sul tavolo una proposta che mette in discussione non solo gli attuali negoziati, ma l’approccio bilaterale nel suo complesso. Come intende comportarsi il governo? Come intende conciliare le due cose? Non lo sappiamo. Tutto ciò che propone sono vaghe dichiarazioni di intenti riguardo a generiche misure di accompagnamento che nessuno può immaginare. Non è sufficiente. Il Consiglio federale sta sottovalutando l’iniziativa democentrista: chi vuole salvaguardare gli accordi bilaterali deve dare una risposta credibile alla questione dell’immigrazione”.

L’iniziativa – chiede il cronista della NZZ – potrebbe ottenere una maggioranza? “Non prendiamoci in giro: l’immigrazione è ancora elevata ed è fonte di preoccupazione per molti”, risponde il consigliere nazionale di Zugo. “Dal punto di vista economico può essere una benedizione, ma in un’ottica sociale mette in discussione la coesione del nostro paese e il senso di appartenenza di ampi settori della società. La Svizzera non deve diventare una seconda Monaco. Anche se la carenza di alloggi ha molte cause, l’immigrazione contribuisce anche al fatto che le giovani famiglie faticano a trovare un alloggio a prezzi accessibili. Questo crea discordia e invidia”.

“Con mia piacevole sorpresa, anche Economiesuisse ha riconosciuto che le cose non possono andare avanti così”, prosegue il politico con dottorato in letteratura conseguito all’università di Friburgo. “Ma non basteranno misure nebulose per contrastare con successo l’iniziativa dell’UDC. Il consigliere federale responsabile, Beat Jans, farebbe meglio a investire più energie in questo dossier piuttosto che scrivere lunghi testi per il pacchetto di trattati dell’Ue, di cui non conosce ancora il contenuto”, aggiunge l’intervistato facendo riferimento a un contributo di Jans apparso sulla stessa NZZ, in cui il capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia aveva sostenuto che la sovranità della Svizzera sarebbe uscita rafforzata da una nuova intesa con l’Ue.

“Se non farà il suo dovere, il parlamento dovrà intervenire”, mette in guardia Pfister. “Ci impegneremo affinché presenti una controproposta diretta all’iniziativa”. A questo proposito si pensa a una clausola di salvaguardia. “Non vogliamo fissare in anticipo limiti massimi rigidi; la clausola dovrebbe invece reagire dinamicamente agli sviluppi in Europa: se l’immigrazione in Svizzera risultasse significativamente più alta della media dei paesi dell’Ue la Confederazione potrebbe adottare misure per controllarla. Inoltre, nella formula potrebbero essere incluse altre variabili, come la percentuale di stranieri o la disoccupazione. Adottiamo quindi un modello sviluppato dall’ex segretario di stato Michael Ambühl nel 2014, dopo l’adozione dell’iniziativa sull’immigrazione di massa”.

“Sono ipotizzabili numeri massimi e contingenti, così come una priorità vincolante per i cittadini svizzeri”, spiega l’intervistato. “Tutte queste misure sarebbero possibili solo su base temporanea, finché l’immigrazione rimane al di sopra del valore soglia. Sarebbe inoltre importante distinguere tra regioni e settori: ad esempio, se l’immigrazione nel ramo della ristorazione nei Grigioni aumenta massicciamente il comparto sanitario di Ginevra non dovrebbe risentirne”.

La proposta – ribatte il giornalista del quotidiano – presenta però un grosso problema: contingenti e priorità indigena non sono compatibili con la libera circolazione delle persone nell’UE. “Se ci si attiene alla lettera dell’accordo, questo può essere vero”, replica il membro di consigli di amministrazione di diverse aziende. A suo dire bisogna però guardare allo spirito della libera circolazione delle persone. “È un elemento centrale dell’Ue come progetto di pace: le persone dovrebbero avvicinarsi e mescolarsi a tal punto da non poter più esserci una guerra. Oggi dobbiamo riconoscere che questa idea, per quanto buona, non funziona per alcuni paesi. Per uno stato piccolo, ricco e attraente come la Svizzera, con salari elevati, la libera circolazione delle persone senza opzioni di controllo non è un concetto sostenibile”.

“A parte il Lussemburgo, nessun altro paese dell’Ue ha una pressione migratoria pari a quella della Svizzera. Immaginate se la Germania o la Francia si trovassero nella stessa situazione: scommetto che l’Unione europea avrebbe già da tempo previsto una clausola di salvaguardia. In Svizzera non possiamo continuare così a lungo termine. Abbiamo bisogno di un freno d’emergenza per le situazioni difficili”.

“Anche l’UE sta cambiando”, argomenta Pfister. “Non è più così ostinata come spesso pensiamo. Riconoscerà che tale clausola di salvaguardia non mette in discussione il nucleo della libertà di circolazione. Vogliamo solo stabilire che un paese può imporre restrizioni temporanee in caso di immigrazione eccessiva, per mantenere l’accettazione del sistema. Questa idea non è estranea all’Ue, che ha molte clausole di salvaguardia. Anche l’accordo sulla libera circolazione delle persone stabilisce che sono possibili misure correttive in caso di gravi problemi economici o sociali: non è però mai stato definito cosa questo significhi. Ora dovremmo assolutamente rimediare”, conclude il parlamentare.

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