Ad ognuno il suo bunker
In Svizzera i rifugi antiatomici possono accogliere in caso di bisogno tutta la popolazione. Un caso unico al mondo.
«Ma cosa ci fa una porta blindata nella vostra cantina?». Lo stupore del nostro amico venuto a trovarci dall’Italia è comprensibile. Non è mai penetrato nel sottosuolo di una casa svizzera. Cerchiamo di rassicurarlo. «No, il nostro palazzo non nasconde una prigione segreta della CIA e non abbiamo nessuna intenzione di rinchiuderti in cantina».
Una cantina? Certo, il locale è invaso da bottiglie di vino, da vecchi libri, da un congelatore, da vestiti che non si usano più… Ma utilizzare il termine ‘cantina’ proprio no. L’amico ha appena varcato la porta del nostro rifugio! Grazie alla spessa porta blindata e al sistema di ventilazione, completato da un filtro antigas, i circa 25 inquilini che abitano nel palazzo potrebbero sopravvivere, nella peggiore delle ipotesi, addirittura a un attacco nucleare.
Questi svizzeri! Paranoici e ossessionati dalla sicurezza, deve aver pensato il nostro amico. Probabilmente un fondo di verità c’è. Basta pensare al fatto che a livello mondiale gli svizzeri sono uno dei popoli che spende di più (oltre il 20% del loro budget) per assicurarsi contro tutto e tutti. Più semplicemente, però, è perché lo impone la legge.
Vi è posto per l’intera nazione
«Ogni abitante deve disporre di un posto protetto raggiungibile in tempo utile dalla sua abitazione» e «i proprietari d’immobili sono tenuti a realizzare ed equipaggiare rifugi in tutti i nuovi edifici abitativi», recitano infatti gli articoli 45 e 46 della Legge federale sulla protezione della popolazione e sulla protezione civile.
Altri sviluppi
Com’è fatto un bunker antiatomico?
Ragion per cui, nella maggior parte degli edifici costruiti a partire dagli anni ’60 (la prima norma in tal senso data del 4 ottobre 1963) esiste un rifugio.
Nel 2006, in Svizzera vi erano 300’000 rifugi in case, istituti ed ospedali, nonché 5’100 rifugi pubblici per un totale complessivo di 8,6 milioni di posti protetti, pari a un grado di copertura del 114%.
In altre parole, nei rifugi svizzeri troverebbe spazio non solo tutta una nazione, ma anche l’intera città di Milano.
Campioni del mondo
Se la costruzione di rifugi fosse una disciplina olimpica, la Svizzera oggi vanterebbe sicuramente una trentina di medaglie d’oro in più.
Basta dare una rapida occhiata alla situazione mondiale per rendersi conto che nessun altro paese avrebbe una chance di insidiare questo primato.
Solo la Svezia e la Finlandia possono competere. Ma con i loro 7,2 milioni di posti protetti e rispettivamente 3,4 milioni (equivalenti ad una copertura dell’81% e del 70% circa), potrebbero puntare al massimo all’argento.
Negli altri paesi europei la situazione è ben diversa. In Austria, ad esempio, la copertura è del 30%, ma la maggior parte dei rifugi non è provvista del sistema di ventilazione. In Germania, il grado di copertura a livello nazionale è addirittura solo del 3%.
Nei paesi extra-europei, le strutture di protezione sono molto diffuse in Cina, Corea del Sud, Singapore, India… I tassi di copertura non superano però mai il 50%. In Israele due terzi della popolazione possono trovare spazio nei rifugi. Spesso, però, queste protezioni sono degli involucri in calcestruzzo con delle aperture e quindi non completamente impermeabili.
L’età d’oro
La costruzione sistematica di rifugi antiatomici in Svizzera è iniziata, come già menzionato, nella seconda metà degli anni ’60, in un contesto caratterizzato dalla minaccia atomica e dallo spettro di un’invasione sovietica. «La neutralità non garantisce dalla radioattività», era uno dei motti in voga.
La realizzazione di rifugi ha raggiunto il suo culmine nella metà degli anni ’70. Ogni anno venivano costruiti tra 300’000 e 400’000 posti protetti. Oggi questa cifra si situa attorno alle 50’000 unità.
Per diversi anni, la Svizzera ha potuto vantare anche la più grande opera di protezione civile al mondo. Nella galleria del Sonnenberg, a Lucerna, potevano trovare rifugio fino a 20’000 persone.
Nei sette piani al di sopra di questo tunnel, inaugurato nel 1976, si trovavano un ospedale, una sala operatoria, uno studio radio, un posto di comando… L’infrastruttura, smantellata nel 2006, presentava però numerose lacune. Ad esempio, le porte, spesse 1,5 metri e pesanti 350’000 chili, si chiudevano male. Inoltre i responsabili della costruzione non avevano tenuto conto di un altro paio di ‘dettagli’, ossia i problemi logistici e psichici di una simile concentrazione di persone.
«Non si cambia»
Con la fine della Guerra fredda e il nuovo contesto nel campo della politica di sicurezza, in molti paesi la situazione è radicalmente cambiata. In Norvegia, ad esempio, le autorità nel 1998 hanno abrogato l’obbligo di realizzare dei bunker.
In Svizzera nulla di tutto ciò. Nel 2005, l’allora consigliere nazionale Pierre Kohler aveva presentato un’iniziativa parlamentare che chiedeva l’abolizione dell’obbligo di costruire rifugi nelle abitazioni private. Il deputato giurassiano aveva sottolineato l’inutilità di queste «reliquie d’altri tempi», che gravano eccessivamente sul prezzo di costruzione delle case.
Dopo un’analisi della situazione, il governo è però giunto alla conclusione che essi rimangono utili, non solo in caso di conflitto armato, ma anche per far fronte ad eventuali attacchi terroristici con armi nucleari, ad incidenti chimici o a catastrofi naturali. Per i rifugi antiatomici svizzeri il futuro continuerà ad essere radioso.
Daniele Mariani, swissinfo.ch
Nel 2006 in Svizzera vi erano 300’000 rifugi obbligatori in edifici abitativi, istituti e ospedali, per un totale di circa 7,5 milioni di posti, nonché 5’100 rifugi pubblici (1,1 milioni di posti).
I costi annui per la salvaguardia del valore, la realizzazione e la soppressione delle costruzioni di protezione hanno raggiunto nel 2006 167,4 milioni di franchi, di cui 128,2 a carico dei privati e il resto a carico dei comuni (23,5), della Confederazione (9,8) e dei cantoni (4,2).
Il valore di sostituzione per l’insieme di queste costruzioni di protezione ammonta a 11,8 miliardi di franchi.
La costruzione di un rifugio in una casa unifamigliare costa circa 10’000 franchi.
Chi costruisce una casa può sottrarsi all’obbligo di realizzare un bunker. In questo caso deve però versare un contributo di 1’500 franchi per ogni posto protetto (due ogni tre locali della casa).
Dall’entrata in vigore di questo obbligo nel 1979 fino al 2006, i comuni hanno incassato circa 1,3 miliardi di franchi. Circa 750 milioni sono stati spesi per la realizzazione di rifugi pubblici e altre misure di protezione civile. Gli altri 550 milioni sono ancora a disposizione. Il governo prevede di dimezzare il contributo sostitutivo che devono versare i privati.
I rifugi privati possono essere utilizzati anche per altri fini, ad esempio come cantina. Il proprietario ha però l’obbligo di garantirne la manutenzione.
Alcuni rifugi pubblici sono stati utilizzati negli ultimi anni per far fronte a un afflusso importante di richiedenti l’asilo.
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