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AELS: si vive anche senza l’Islanda

Il collasso economico islandese ha spinto la popolazione a scendere in piazza Keystone Archive

Dopo i cambiamenti politici causati dal recente tracollo finanziario, l'Islanda potrebbe aderire all'Unione europea. Quali sarebbero le conseguenze per l'Associazione europea di libero scambio, di cui la Svizzera fa parte?

Stando ad alcuni recenti sondaggi, due islandesi su tre si dicono favorevoli all’apertura di negoziati in vista dell’adesione all’Unione europea (Ue).

Il processo, secondo il governo, potrebbe durare meno di due anni. Una decisione che potrebbe avere ripercussioni anche sulla Confederazione, uno dei quattro membri restanti dell’Associazione europea di libero scambio (AELS).

Swissinfo ha intervistato a questo proposito il norvegese Kåre Bryn, segretario generale dell’AELS.

swissinfo: Lei pensa che l’Islanda aderirà all’Unione europea?

Kåre Bryn: È ancora troppo presto per dirlo. Appare probabile che l’Islanda presenti una domanda d’adesione, ma sarà organizzato un referendum interno e l’opinione della popolazione sembra essere incerta.

swissinfo: Se l’Islanda entrasse nell’Ue, quali sarebbero le conseguenze per l’AELS?

K.B.: La conseguenza sarebbe l’uscita dall’Islanda dall’AELS. Tutto qui.

swissinfo: Un’AELS composta di tre paesi così diversi sul piano ecomomico come la Svizzera, la Norvegia e il Liechtenstein avrebbe ancora un senso?

K.B.: Non credo che l’eventuale uscita dell’Islanda cambierebbe radicalmente la situazione. Si tratta infatti di un paese piccolo, di appena 300’000 abitanti: una percentuale minima della popolazione dell’AELS. Per gli altri tre paesi non vi sarebbero dunque ripercussioni a livello di negoziati economici.

L’AELS amministra inoltre lo Spazio economico europeo (SEE), di cui soltanto la Norvegia e il Liechtenstein sono membri, oltre all’Islanda. Ciononostante, anche in questo ambito non è stato sollecitato alcun cambiamento, né da parte della Norvegia, né da parte dell’Unione europea. Vi è un consenso politico: lo SEE continuerà a esistere anche con due soli paesi.

swissinfo: Ma se fosse formata unicamente da tre piccoli paesi, l’AELS sembrerebbe ancora più minuscola…

K.B.: Dobbiamo considerare quello che i nostri paesi fanno attraverso l’AELS. Infatti, negoziamo accordi di libero scambio che riguardano tutto il mondo: finora ne abbiamo firmati 17.

Tra il 1960 e il 1990, l’attività dell’AELS si è essenzialmente concentrata sulle relazioni interne tra i paesi che la costituivano. All’epoca, l’associazione era dominata dalla Gran Bretagna e contava sette membri.

A partire dagli anni Novanta, invece, l’AELS si è occupata dello SEE – di cui la Svizzera non fa parte – e di negoziare accordi di libero scambio a livello planetario. Abbiamo effettivamente un numero minore di membri, ma il nostro raggio d’azione è paradossalmente più ampio rispetto a quello precedente il 1990. Pertanto, fino a quando la Svizzera e la Norvegia giudicheranno efficace il fatto di operare mediante l’AELS, quest’ultima proseguirà la propria attività.

swissinfo: Ma la Svizzera e la Norvegia continueranno davvero per molto a trarre profitto dall’esistenza dell’AELS?

K.B.: Tutto quello che vedo e sento mi porta a rispondere affermativamente.

swissinfo: Però la Confederazione negozia autonomamente accordi di libero scambio con la Cina, il Giappone, gli Stati Uniti. Non sta andando verso un abbandono progressivo dell’AELS?

K.B.: No, non credo. La Cina è un caso speciale: anche la Norvegia, da un anno, negozia bilateralmente con questo paese, così come fa l’Islanda. Pure il Giappone è un caso particolare. Tutto questo non mette però minimamente in discussione gli altri 17 accordi.

La cooperazione mediante l’AELS non è un obbligo, bensì una possibilità che viene sfruttata quando i membri e i partner ne riconoscono l’utilità. Si tratta di una procedura che rispecchia un modo di procedere pragmatico.

swissinfo: Se fosse formato da due soli paesi, il piccolo SEE resisterebbe – di fronte alla grande Ue – alla partenza dell’Islanda?

K.B.: Sottolineo di nuovo che l’eventuale partente non sarebbe un grande paese, ma un partner minore. L’organizzazione istituzionale sviluppata per lo SEE è molto complessa: se dovessero rimanere soltanto due Stati, essa potrebbe essere semplificata. Ma gli accordi e le altre decisioni non dovrebbero subire conseguenze. Anche i segnali provenienti dall’Ue vanno in questo senso.

Il fatto che Norvegia e Liechtenstein proseguano da soli può sembrare strano, ma si tratta di un risultato dell’evoluzione storica.

swissinfo: In Svizzera, la questione europea sta progressivamente riaffiorando. Un eventuale cambio di statuto dell’Islanda non sarebbe l’occasione per gli altri membri dell’AELS di semplificare le loro relazioni con l’Ue?

K.B.: Si tratta di una questione politica molto complessa, sia in Svizzera sia in Norvegia. È infatti poco probabile che i partiti politici norvegesi propongano a breve termine un’adesione all’Ue: l’opinione pubblica è infatti contraria.

swissinfo: Ma non si potrebbe semplificare questa architettura europea così complicata?

K.B.: Tecnicamente sì, ma dal profilo politico nulla è scontato. Dubito quindi che vi saranno dei grandi cambiamenti.

Pierre-François Besson, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

L’Associazione europea di libero scambio (AELS) è stata costituita nel 1960 dalla Convenzione di Stoccolma. L’obiettivo di questa organizzazione interstatale era l’eliminazione dei dazi doganali sui prodotti industriali scambiati tra gli Stati membri.

Attualmente, gli Stati membri dell’AELS sono: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. L’Austria, la Danimarca, la Finlandia, la Gran Bretagna, il Portogallo e la Svezia non sono più membri dell’AELS, avendo aderito all’Unione europea (Ue).

Al contrario dell’Ue, l’AELS non costituisce un’unione doganale; ogni paese membro stabilisce dunque liberamente le proprie tariffe doganali e la politica commerciale da applicare nei confronti degli Stati non membri.

Nel quadro dell’AELS, la Svizzera ha siglato accordi di libero scambio con paesi quali il Canada, la Turchia e la Corea del Sud e ne sta negoziando altri con Algeria e India. In futuro, potrebbe essere la volta della Russia.

Gli accordi di libero scambio firmati nell’ambito dell’AELS rappresentano il 7% circa delle esportazioni svizzere.

L’AELS mira a regolamentare i rapporti tra i propri membri e l’Unione europea (Ue, all’epoca Comunità economica europea). Il primo passo in questo senso è stata la conclusione, nel 1972, di accordi di libero scambio individuali con la CEE.

A partire dalla metà degli anni Ottanta si è intensificata l’integrazione economica all’interno dell’Ue, soprattutto grazie all’attuazione del programma del mercato interno (attuazione delle quattro libertà di circolazione: delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali).

L’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) è stato negoziato tra l’Ue e i paesi AELS per permettere a questi ultimi una più ampia partecipazione al mercato interno.

L’accordo sullo SEE è stato ratificato da tutti i Paesi AELS, ad eccezione della Svizzera. Nel 1992, con votazione popolare, la Confederazione ha infatti rifiutato l’adesione all’Accordo sul SEE negoziando, in seguito, una serie di accordi bilaterali con l’Ue.

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