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Afghanistan e Pakistan, l’appello del CICR

Nazir, 9 anni, è rimasto ferito nei combattimenti che infuriano nel nord-ovest del Pakistan ICRC/J. Tanner

Alla vigilia della conferenza sull'Afghanistan in programma martedì all'Aia, il Comitato internazionale della Croce Rossa ha espresso grande preoccupazione per la situazione dei civili nel paese e nel vicino Pakistan.

La comunità internazionale deve agire “con urgenza” per far fronte alla “situazione critica dei civili” in Afghanistan e nel nord-ovest del Pakistan.

L’appello giunge alla vigilia della conferenza sull’Afghanistan che si tiene martedì all’Aia, in Olanda. Il CICR teme che durante il vertice sia messo l’accento soprattutto sugli aspetti militari e politici del conflitto e che gli aspetti umanitari passino in secondo piano.

“Troppi civili sono uccisi, maltrattati, umiliati, feriti e non hanno nessuna assistenza”, ha affermato Jacques de Maio, responsabile delle operazioni del Comitato internazionale della Croce Rossa nell’Asia meridionale.

Violenza a “livelli drammatici”

Grazie alle relazioni tessute da tempo, anche coi talebani, il CICR è una delle poche organizzazioni che può operare nelle aree tribali ostili nelle zone di frontiera.

La violenza ha raggiunto “livelli drammatici” e il conflitto, che coinvolge una “complessa costellazione” di attori militari e politici, continuerà ad intensificarsi e ad allargarsi nel 2009, ha sottolineato de Maio.

In Pakistan, l’escalation militare costringe molte persone ad abbandonare le loro case e gli ospedali del CICR a Quetta e a Peshawar hanno registrato un aumento delle vittime civili del 50%.

L’organizzazione con sede a Ginevra ha indicato di aver portato assistenza nel 2008 a 40’000 sfollati nelle regioni di frontiera del Pakistan. Quest’anno dovrebbero essere circa 140’000.

Il CICR ha raddoppiato il suo budget per il Pakistan, portandolo a 52,6 milioni di franchi.

Strategia a tutto campo

L’appello del CICR giunge a pochi giorni dall’annuncio del presidente statunitense di voler applicare una strategia a tutto campo per pacificare la regione – definita “la più pericolosa del mondo” – e sconfiggere al Qaida.

Per rinforzare le forze di sicurezza afghane, Barack Obama ha deciso di inviare altri 4’000 soldati nel paese. La presenza americana salirà così a circa 60’000 uomini.

Inoltre, l’inquilino della Casa Bianca ha dichiarato di voler mettere l’accento sullo sviluppo.

Per le aree tribali del Pakistan, considerate un santuario di al Qaida e dei talebani, Washington ha sbloccato 7,5 miliardi di dollari (8,46 miliardi di franchi) per un programma di “sostegno diretto”.

Inoltre, la nuova amministrazione della Casa Bianca ha deciso di coinvolgere in queste iniziative anche la Russia, l’India, la Cina e l’Iran.

Sia il Pakistan che l’Afghanistan hanno accolto positivamente il nuovo corso seguito da Washington. Il presidente russo Dimitri Medvedev ha dal canto suo affermato che “Mosca è pronta a partecipare agli sforzi per riportare l’ordine” in Afghanistan.

La fine del conflitto non è vicina

Mohammed Reza-Djalili, esperto della regione e professore all’Istituto di alti studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra, dubita però che la nuova politica della Casa Bianca possa portare a un mutamento radicale.

“Ci troviamo a una svolta nel conflitto? È difficile dirlo. L’Unione sovietica ha perso la guerra in Afghanistan con 100’000 uomini”, sottolinea.

Gli Stati Uniti stanno pagando gli errori strategici di George W. Bush, che “piuttosto di rafforzare la posizione in Afghanistan nel 2003, ha deciso di fare la guerra all’Iraq”.

In certe regioni meridionali, i talebani sono solidamente impiantati”, spiega. “Hanno capito i limiti delle armi e degli eserciti moderni nel combattere la guerriglia”.

La strategia di Obama è rischiosa, poiché da un lato annuncia un rafforzamento della presenza militare, dall’altro però dichiara che la sua volontà è di ritirare le truppe. Ciò potrebbe dare un nuovo impulso ai talebani.

Le truppe statunitensi dovranno cercare di evitare ad ogni costo “danni collaterali”, per non peggiorare ulteriormente la loro immagine tra le popolazioni afghane e pakistane. Washington dovrà inoltre moltiplicare i suoi sforzi per aiutare a ricostruire l’economia e le istituzioni del paesi. La cooperazione regionale, afferma Reza-Djalili, potrà “limitare i danni”. “Tuttavia la fine del conflitto non si profila ancora all’orizzonte”.

swissinfo, Simon Bradley, Ginevra
(traduzione ed adattamento di Daniele Mariani)

Circa 90 paesi, tra cui l’Iran, la Rusia e la Cina, si riuniscono martedì all’Aia per tentare di ridare vigore al sostegno militare e civile a favore dell’Afghanistan, in cui si moltiplicano le azioni dei talebani e di altri militanti ostili al potere centrale di Kabul.

Il vertice, che si tiene sotto l’egida dell’ONU e che sarà aperto dal suo segretario generale Ban Ki-moon, rappresenta un primo test internazionale importante per la nuova strategia a tutto campo proposta dal presidente statunitense Barack Obama.

La conferenza sarà anche un banco di prova per verificare se è possibile per l’Occidente tessere relazioni costruttive con l’Iran sui temi legati all’Afghanistan, in particolare nella lotta al narcotraffico.

Molti paesi si sono già detti disposti a stanziare fondi supplementari per l’Afghanistan. L’Unione Europea, ad esempio, ha fatto sapere che 60 milioni in più, che andranno ad aggiungersi ai 700 milioni già previsti per il periodo 2007-2010.

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