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Asilo: inasprimento nel Canton Vaud

Una manifestazione di solidarietà per i richiedenti l'asilo respinti, svoltasi a Losanna il 30 aprile Keystone

Il Governo vodese ha posto fine ad una moratoria concernente le misure coercitive per i richiedenti l'asilo respinti.

I risultati ottenuti sino ad ora sono infatti ritenuti insufficienti dalla maggioranza dell’Esecutivo.

Crisi in seno al Governo del Canton Vaud: con una maggioranza di quattro contro tre (i minoritari di sinistra), il Consiglio di Stato ha deciso di inasprire i toni nei confronti dei richiedenti l’asilo respinti, ponendo fine ad una moratoria in tal senso. I rappresentanti socialisti e verdi hanno espresso pubblicamente il loro disaccordo venerdì pomeriggio, rompendo in tal modo la collegialità in seno all’Esecutivo.

«Le nostre divergenze riguardano essenzialmente il ricorso alla forza. Deploriamo pure l’abbandono della strategia moderata e costruttiva seguita finora dal cantone», ha spiegato il socialista Pierre-Yves Maillard, accompagnato dalla collega di partito Anne-Catherine Lyon e dall’ecologista François Marthaler. I tre rappresentanti della sinistra ritengono che la revoca della moratoria costituisca un errore, che avrà quale conseguenza di esacerbare nuovamente le tensioni.

In mattinata, il consigliere di Stato Jean-Claude Mermoud dell’Unione democratica di centro (UDC) aveva annunciato la rinuncia alla moratoria decisa in gennaio sui rimpatri coatti per alcune categorie di asilanti. Tale politica – ha precisato Mermoud – non ha dato gli esiti sperati ed è stata quindi abolita.

Risultati inferiori alle attese

La moratoria era stata applicata alle categorie di richiedenti «più vulnerabili», come le famiglie con bambini, le donne kosovare sole e i sopravvissuti della strage di Srebrenica. Lo scopo della misura era «favorire un clima di serenità» e «garantire loro un ritorno in patria nella dignità», aveva allora sottolineato il Governo, precisando che avrebbe tratto un bilancio dopo tre mesi dall’entrata in vigore.

Dopo l’analisi dei risultati ottenuti, l’Esecutivo ritiene che la sospensione della misure coercitive per questi richiedenti definitivamente respinti da Berna non abbia favorito i preparativi per il rimpatrio. Solo due persone hanno lasciato il territorio elvetico grazie ai programmi di aiuti al ritorno e altre due (due uomini celibi) sono state espulse. Il Consiglio di Stato vodese ha quindi deciso di applicare le misure coercitive a tutti i richiedenti respinti, ad eccezione delle kosovare sole.

Il numero delle persone colpite da una decisione negativa è sceso dalle 523 nel mese di luglio alle attuali 297. Un centinaio di loro è però in attesa di una decisione dell’autorità di ricorso. Altre 22 richiedenti erano tornati in patria lo scorso autunno, prima dell’entrata in vigore della moratoria.

Decisione criticata

La data delle espulsioni non è stata fissata. «L’estate sarà comunque il miglior momento per rincasare», osserva Mermoud. I 170 interessati saranno convocati «un’ultima volta» presso il servizio cantonale della popolazione. Le persone che rifiuteranno di piegarsi al rimpatrio non avranno più il diritto di lavorare.

«Si darà invece prova di una certa indulgenza» nei riguardi di giovani in formazione post-obbligatoria, a condizione che si impegnino a lasciare la Svizzera dopo gli studi e dispongano di sufficienti mezzi finanziari. I loro famigliari saranno invece espulsi.

Il Partito socialista giudica «moralmente inammissibile di trattare in questo modo persone che il Cantone aveva sostenuto nelle procedure davanti alla Berna federale», mentre il Partito operaio e popolare (POP, nome locale del Partito del Lavoro) «esige» le dimissioni di Jean-Claude Mermoud. Dal canto suo, il Coordinamento Asilo Vaud denuncia particolarmente il ricorso al divieto di lavorare «quale nuovo mezzo coercitivo per ottenere un “rimpatrio volontario” delle persone respinte».

swissinfo e agenzie

Nel mese di maggio 2004, il Canton Vaud aveva chiesto alle autorità federali di riesaminare i dossiers di 1520 richiedenti l’asilo respinti. Da allora, oltre 1’000 casi sono stati regolarizzati.

Attualmente, vi sono 297 persone colpite da una decisione negativa; tra loro, alcuni hanno già lasciato il paese mentre un centinaio attende il responso dell’autorità di ricorso.

La misura potrebbe dunque essere effettiva per circa 170 persone.

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