Carter, da Camp David agli accordi di Ginevra
L’ex-presidente americano figura tra i più importanti sostenitori dell’accordo di pace tra israeliani e palestinesi, che verrà firmato prossimamente a Ginevra.
Per il premio Nobel della pace 2002, questo piano simbolico dovrebbe permettere di rilanciare le difficili trattative.
Dopo aver lasciato la Casa Bianca nel 1981, invece di ritirarsi nella sua tranquilla fattoria in Georgia, Jimmy Carter ha promosso un’instancabile attività di difensore della pace e dei diritti umani in ogni parte del mondo.
Ragion per cui, nel 2002, il comitato norvegese del Nobel ha voluto degnamente riconoscere l’attività svolta dall’ex-presidente americano, attraverso la sua fondazione Carter Center, fondata 20 anni orsono.
Carter, già molto impegnato nel processo di pace mediorientale nel corso della suo mandato presidenziale, intende sostenere attivamente il cosiddetto accordo di Ginevra, raggiunto in ottobre da rappresentanti della sinistra israeliana e delle fazioni moderate palestinesi.
L’accordo simbolico, che non ha incontrato i favori del governo israeliano, rappresenta un tentativo di rilanciare il processo di pace, dopo l’insuccesso ottenuto dal piano della “roadmap”.
Per illustrare le sue motivazioni in favore dell’intesa di Ginevra, la cui firma è prevista il primo dicembre, swissinfo ha rivolto alcune domande al grande mediatore dell’accordo di Camp David che, nel 1978, ha siglato la pace tra Egitto e Israele.
swissinfo: Presidente Carter, per quale motivo ha accettato l’invito delle autorità svizzere a partecipare alla cerimonia della firma dell’accordo di Ginevra?
Jimmy Carter: Già da diversi anni, il Carter Center si informa regolarmente sul buon lavoro svolto dalle parti implicate in questo accordo. Negli ultimi mesi, un nostro rappresentante ha seguito direttamente le trattative.
Inoltre, sono stato scoraggiato e deluso dalla mancanza di progressi nell’ambito del progetto della roadmap. Israeliani e palestinesi non hanno compiuto nessun passo verso la pace. Tra l’altro, proseguono le attività degli insediamenti israeliani nei Territori.
Ciò che l’accordo di Ginevra prevede è accuratamente compatibile con gli obbiettivi finali della roadmap e degli accordi di Oslo del 1993. Speriamo quindi con vero entusiasmo che questo nuovo accordo possa avvicinare coloro che lottano per la pace.
swissinfo: Il ruolo della Svizzera di promotore di quest’accordo è stato oggetto di critiche. Secondo il governo israeliano l’accordo di Ginevra è peggio di quello di Oslo. Lei come valuta l’impegno elvetico.
J.C.: Siamo molto riconoscenti verso la Svizzera. Va notato in proposito, che l’accordo di Oslo, un passo fondamentale verso la pace, era stato negoziato quasi totalmente dalla Norvegia, senza un grande contributo da parte americana.
swissinfo: L’ex-presidente Bill Clinton non ha ancora deciso se partecipare alla cerimonia della firma, mentre l’amministrazione Bush non sembra voler inviare nessun rappresentante. Secondo lei dovrebbero essere presenti il 1° dicembre?
J.C.: Sì, una loro presenza mi farebbe molto piacere. È comunque già rallegrante il fatto che l’amministrazione Bush non abbia condannato l’accordo di Ginevra. Secondo me, questo accordo otterrà un sostegno crescente in Israele e in altri paesi.
swissinfo: Per i suoi promotori, l’accordo di Ginevra si basa in buona parte sul piano di pace proposto nel 2000 da Clinton al premier israeliano Ehud Barak e al presidente palestinese Yasser Arafat.
J.C.: È una continuazione del piano di pace del 2000, che conteneva però alcune proposte inaccettabili per i palestinesi.
Firmando un simile accordo, Arafat non avrebbe più potuto sopravvivere politicamente. Il piano prevedeva di mantenere un gran numero di colonie israeliane a Gaza e in Cisgiordania.
Inoltre, non proponeva una soluzione tangibile per Gerusalemme e per i rifugiati palestinesi. Ma si trattava comunque di una base e, attualmente, l’accordo di Ginevra può essere considerato come il culmine di tutti gli accordi di pace del passato.
swissinfo: Gli autori dell’accordo di Ginevra ritengono di proporre soluzioni valide in ogni ambito, dal problema dei rifugiati a quello degli insediamenti, dallo statuto di Gerusalemme ai confini dei Territori. Cosa ne pensa?
J.C.: A livello generale, ho l’impressione che si tratti di un passo positivo, fondato su concessioni da ambo le parti. È molto difficile fare queste concessioni. Probabilmente è il migliore accordo che si possa avere al momento attuale.
swissinfo: Il piano della roadmap – sponsorizzato da Stati uniti, Russia, Unione europea e Nazioni unite – non sembra poter funzionare. In che modo si può uscire da questa impasse?
J.C: L’accordo di Ginevra è compatibile con gli obbiettivi finali della roadmap. Ma a rendere impossibile questo piano è la sua stessa procedura da realizzare passo dopo passo.
Non essendo disposto a compiere il primo passo, smantellando le colonie, il governo israeliano ha alimentato la violenza dei palestinesi.
swissinfo: In Svizzera, come in diversi altri paesi europei, si ha l’impressione che, da quando Bush è arrivato alla Casa Bianca, la politica americana in Medio Oriente tenda a favorire solo Israele, a scapito dei palestinesi.
J.C.: Bush è il primo presidente americano, dalla fondazione dello Stato ebraico, ad assumere una posizione così marcata verso Israele.
Sarebbe molto più utile una posizione più equilibrata. Ma, sfortunatamente, Bush ha sempre difeso il primo ministro israeliano Sharon e ha chiuso un occhio ogni volta che il governo israeliano si è rifiutato di accettare le proposte americane.
swissinfo, intervista di Marie-Christine Bonzom, Washington
(traduzione di Armando Mombelli)
1924, nascita di James Earl Carter a Plains, in Georgia.
1946, Jimmy Carter ottiene il diploma dell’Accademia navale di Annapolis, Maryland.
1963-66, membro del Senato della Georgia.
1971-75, governatore della Georgia.
1977-81, presidente degli Stati uniti.
2002, premio Nobel per la pace.
Concluso a inizio ottobre, il cosiddetto «accordo di Ginevra» mira a favorire il dialogo e una soluzione di pace nella crisi israelo-palestinese.
Negoziato da rappresentanti della sinistra israeliana e delle fazioni moderate palestinesi, grazie anche al sostegno “tecnico” apportato dalla Svizzera, l’accordo dovrebbe venir fîrmato il 1° dicembre a Ginevra.
Il testo si sofferma anche su diversi punti “caldi” della vertenza tra i due popoli, tra cui la questione della divisione di Gerusalemme, il futuro delle colonie e la nascita di uno Stato palestinese.
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