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Click sui conflitti armati

Un sito internet per meglio comprendere il ruolo dei talebani nel conflitto in Afghanistan Keystone

Comprendere la natura dei conflitti armati e fornire un quadro giuridico specifico grazie a un sito internet. È l'ambizioso progetto lanciato dall'Accademia di diritto internazionale umanitario di Ginevra.

Attentati in Afghanistan, esplosioni in Ossezia, rapimenti in Colombia: i conflitti armati continuano a scuotere intere popolazioni provocando ogni mese migliaia di vittime nel mondo. Una realtà dalle mille sfaccettature, le cui ripercussioni varcano spesso i confini nazionali.

Le immagini dei massacri diffuse quasi quotidianamente dai notiziari ci hanno dato l’illusione di una maggiore comprensione di ciò che accade in questi territori in conflitto. Eppure, nonostante questa vicinanza virtuale, la natura e la dinamica dei conflitti – così come il relativo quadro giuridico – restano di difficile comprensione anche per gli addetti ai lavori.

Da qui la necessità di mettere nero su bianco la situazione politica e giuridica di ogni paese e le normative applicabili in caso di conflitto. Attraverso il progetto RULAC, promosso dall’Accademia di diritto internazionale umanitario e dei diritti umani di Ginevra, è stata dunque creata una piattaforma internet che permetta d’informarsi sulle modalità di applicazione – da parte dei diversi stati – del diritto internazionale.

«Si tratta di un obiettivo ambizioso e unico nel suo genere», sottolinea la ricercatrice Annyssa Bellal, «che si rivolge non soltanto a politici, giornalisti o funzionari, ma a tutti coloro che vogliono farsi un’idea più precisa della situazione politica e giuridica dei diversi paesi».

Un quadro giuridico complesso

Il progetto RULAC si ripropone innanzitutto di spiegare, in modo semplice e sintetico, i diversi campi del diritto applicabili nei territori in conflitto: diritto umanitario internazionale, diritto penale internazionale, diritti umani e dei rifugiati.

Strumenti che sollevano comunque alcuni interrogativi: Come definire un conflitto armato? Entro quali limiti applicare i diritti dell’uomo? «Sono concetti controversi che danno adito a diverse interpretazioni, le cui ripercussioni politiche non sono certo indifferenti», spiega Annyssa Bellal.

«Alcuni paesi – come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna o Israele – ritengono ad esempio di non essere responsabili dell’applicazione dei diritti umani in caso di conflitto al di fuori del loro territorio». Una presa di posizione che può avere conseguenze importanti su più fronti, dal divieto della tortura alla sanzione degli abusi.

Una chiave di lettura innovativa

Il sito internet non si accontenta però di fornire dei testi legislativi e delle decisioni giuridiche, ma propone anche un’analisi dettagliata dei conflitti in atto nei diversi paesi. Un’analisi che si vuole la più obiettiva possibile, precisa la ricercatrice, e che si limita dunque a fornire una fotografia della situazione di un paese in un determinato momento della sua storia.

«L’idea è di presentare la dinamica dei conflitti, gli attori coinvolti e la posta in gioco, in modo da permettere al lettore di farsi un’opinione critica», puntualizza Annyssa Bellal. «Attraverso le diverse fonti – dalle prese di posizione del Governo a quelle delle ONG – l’accademia intende fornire una chiave di lettura imparziale, senza prendere posizione». Un lavoro analogo a quello svolto dal Comitato internazionale della Croce rossa, i cui risultati restano però confidenziali.

Altra particolarità del progetto RULAC è la possibilità di replica garantita alle autorità e ai gruppi militanti. «Siamo coscienti che le analisi da noi proposte possono scaldare gli animi, anche perché ad esse sono associati obblighi giuridici specifici», precisa la ricercatrice. «Per questo motivo chiediamo alle parti in causa non soltanto di inviarci materiale giuridico interessante, ma anche di esprimere liberamente la loro opinione che sarà in seguito pubblicata su internet».

Dalla Svizzera per la Svizzera

Tra i 50 paesi recensiti finora non tutti sono direttamente confrontati a una situazione di instabilità, come il Sudan, l’Iraq o la Georgia. I ricercatori hanno infatti analizzato anche quegli stati impegnati in conflitti al di fuori dei loro confini nazionali: è il caso ad esempio di Germania, Polonia e Francia che da diversi anni hanno truppe stanziate in Afghanistan.

Per la Svizzera, che non è coinvolta direttamente in conflitti armati in quanto paese neutrale, il progetto RULAC rappresenta comunque una fonte importante di informazioni, spiega la Bellal. La Confederazione partecipa infatti a numerose missioni di pace, dal Nepal al Kosovo, dove la Swisscoy è presente con 220 soldati armati. Senza contare l’importante ruolo di mediazione svolto in diversi territori in conflitto.

Proprio a questo tema sarà dedicata la conferenza annuale del Dipartimento federale degli affari esteri, in programma il 14 ottobre a Berna, e incentrata sui paesi africani. All’appuntamento parteciperanno – oltre alla consigliera federale Micheline Calmy-Rey – anche personalità del calibro di Kofi Annan, ex segretario generale dell’ONU, e Djbril Bassolé, mediatore capo dell’ONU per il Darfur.

swissinfo, Stefania Summermatter

Inaugurato il 25 settembre, il progetto RULAC è coordinato dall’Accademia di diritto internazionale umanitario e dei diritti umani di Ginevra. Unico al mondo, questo centro universitario si occupa del diritto relativo ai conflitti e offre una formazione post-diploma.

L’obiettivo di RULAC è di dare una panoramica generale della situazione politica e giuridica di ogni paese e delle normative applicabili in caso di conflitto armato.

Finora sono stati recensiti 50 stati, ma entro la fine dell’anno il progetto sarà esteso a tutti i paesi membri delle Nazioni Unite.

Finanziato in gran parte dalla Svizzera, con il sostegno di Gran Bretagna e Svezia, il progetto RULAC è costato 350’000 franchi.

A dicembre, la Svizzera pubblicherà la prima agenda tematica dei diritti dell’uomo, valida per i prossimi dieci anni.

Questo permetterà di definire e sostenere una serie di progetti di ricerca a livello internazionale.

L’iniziativa è finanziata dal Dipartimento degli affari esteri svizzero, in collaborazione con quello norvegese. L’Accademia di diritto internazionale umanitario di Ginevra è responsabile della coordinazione e dell’organizzazione.

L’iniziativa coincide con il 60esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.

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