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Contro l’esportazione di materiale bellico

Keystone

La Svizzera non deve partecipare alla "spirale dell'armamento globale". Un'iniziativa popolare consegnata venerdì e firmata da 109'000 persone chiede il divieto di esportare materiale bellico.

Il progetto è sostenuto da 35 organizzazioni. La data scelta per la consegna ha un valore simbolico: coincide infatti con la Giornata mondiale della pace.

Bandiere della pace sventolavano sulla Piazza federale a Berna mentre colombe bianche spiccavano il volo: questo lo scenario che ha fatto da sfondo venerdì alla consegna delle 109 mila firme raccolte dall’iniziativa popolare “Per il divieto di esportare materiale bellico”.

Il termine di consegna sarebbe scaduto alla fine dell’anno, ma la soglia delle centomila sottoscrizioni necessarie per la riuscita è stata superata molto prima: un successo che dimostra come molta gente nella Confederazione sia contraria alla partecipazione elvetica alla “guerra al terrorismo”, ha affermato il consigliere nazionale ecologista Josef Lang.

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Iniziativa popolare

Questo contenuto è stato pubblicato al L’iniziativa popolare permette ai cittadini di proporre una modifica della Costituzione. Per essere valida, deve essere sottoscritta da almeno 100’000 aventi diritto di voto nello spazio di 18 mesi. Il Parlamento può decidere di accettare direttamente l’iniziativa. Può pure rifiutarla o preparare un controprogetto. In ogni caso viene comunque organizzato un voto popolare. Per essere…

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Pericoli per la Svizzera

Secondo i promotori, la maggior parte delle esportazioni svizzere di materiale bellico finiscono in mano a Paesi che partecipano alla guerra per accaparrarsi le fonti di materie prime in Iraq o in Afghanistan. Si tratta di un “commercio della morte” – grazie al quale fabbricanti e fornitori in Svizzera realizzano profitti sulle spalle delle vittime di conflitti – cui l’iniziativa vuole porre termine.

Le esportazioni di armi mettono inoltre in pericolo la sicurezza della Svizzera aumentando i rischi di atti terroristici, sostengono i promotori. Questi ultimi denunciano pure che in tal modo la Confederazione affossa la sua politica di sviluppo e di promozione della pace.

La proibizione delle esportazioni di materiale bellico conferirebbe invece una nuova credibilità all’impegno umanitario e alla cooperazione internazionale della Svizzera, e contribuirebbe significativamente a una politica per la costruzione di un mondo più pacifico, affermano gli iniziativisti.

Con l’azione che ha accompagnato la consegna delle sottoscrizioni alla Cancelleria federale, la coalizione promotrice ha anche voluto lanciare “un segnale contro la spirale di armamento globale”.

Divieto di esportazione e di transito

L’iniziativa è stata lanciata dal Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSsE) e sostenuta da più di 35 organizzazioni e partiti, fra cui i socialisti e i Verdi.

Il testo chiede l’introduzione nella Costituzione federale del divieto dell’esportazione e del transito di materiale bellico, comprese le armi leggere e di piccolo calibro e le relative munizioni, come pure di beni militari speciali.

La proibizione colpirebbe anche beni immateriali, comprese le tecnologie, di importanza fondamentale per lo sviluppo, la produzione o utilizzazione di materiale da guerra. Non sarebbero invece vietati l’esportazione e il transito di apparecchi per lo sminamento umanitario, di armi da sport e da caccia e le relative munizioni.

Se l’iniziativa dovesse essere accettata da popolo e cantoni, la Confederazione dovrebbe inoltre impegnarsi per il disarmo e il controllo delle armi su scala mondiale. Ma anche sostenere nei dieci anni seguenti la votazione le regioni e gli impiegati colpiti dalle conseguenze di tali divieti.

swissinfo e agenzie

L’iniziativa, lanciata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), concerne il materiale di guerra e le tecnologie destinate a fabbricare armi.

Le proposte mirano tra l’altro ad abolire le esportazioni di velivoli da addestramento militare, come i Pilatus, le armi di piccolo calibro e le loro munizioni, come pure materiale bellico obsoleto, non più impiegato dalle forze armate svizzere.

Non è la prima volta che la sinistra e i movimenti pacifisti tentano di porre freno alle esportazioni di armi. Nel 1997, un’iniziativa lanciata dal Partito socialista era stata bocciata dal 77,5% dei votanti.

Nel 2006, la Svizzera ha esportato armi per un importo totale di 400 milioni di franchi.

L’industria svizzera del materiale bellico occupa un migliaio di persone.

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