Dalle urne colpo mortale all’iniziativa sulle armi
Le armi d'ordinanza militari potranno ancora essere custodite in casa. L'iniziativa popolare che voleva obbligare i soldati fuori servizio a metterle negli arsenali è infatti stata silurata dall'elettorato svizzero.
Con il 56,3% di no e il 43,7% di sì, il verdetto uscito dalle urne domenica è chiaro. Netta anche la maggioranza dei cantoni che hanno rifiutato l’iniziativa “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”. Soltanto sei l’hanno approvata: quattro francofoni – Ginevra, Vaud, Neuchâtel e Giura – e due tedescofoni – Basilea Città e Zurigo –.
Una frattura preannunciata alla vigilia dai sondaggi dell’istituto gfs.bern, che indicavano un sostegno romando e un’opposizione della Svizzera tedesca e italiana al testo promosso dalla sinistra e da organizzazioni pacifiste. Ma soprattutto, le indagini demoscopiche evidenziavano una spaccatura fra le grande città, tendenzialmente favorevoli all’iniziativa, e le regioni di campagna, decisamente contrarie.
Il no di Friburgo e Vallese in area francofona non deve infatti far dimenticare che entrambi questi ultimi due cantoni sono bilingui e ambedue sono rurali, generalmente legati ai valori tradizionali elvetici. Quanto a Basilea Città, spesso vota come la Svizzera romanda. Il sì del cantone renano e di quello di Zurigo conferma l’appoggio all’iniziativa da parte dei più grandi agglomerati urbani della Svizzera.
Alla vigilia del voto restava l’incognita del comportamento delle medie e piccole città della Svizzera tedesca. Ora si sa da che parte hanno fatto pendere la bilancia.
Campioni del no sono stati i votanti di Appenzello Interno, con il 72,3%, seguiti da Obwaldo (71,8%), Svitto (70,8%) e Uri (70,6%). Sul fronte opposto, il più forte sostegno è stato dato all’iniziativa dai ginevrini, con il 61% di sì, seguiti da Basilea Città con il 58,9%. Nel cantone di Zurigo la lotta è stata molto serrata: i sì hanno prevalso sul filo di lana, con il 50,37% contro il 49,63% di no.
La campagna è stata palpitante con entrambi i campi che tentavano di far leva sulle emozioni per mobilitare l’elettorato. E mobilitazione c’è effettivamente stata: con un tasso che ha sfiorato il 49%, la partecipazione è infatti stata superiore alla media del 45% registrata negli ultimi dieci anni.
Posta in gioco
L’obiettivo dichiarato dei promotori dell’iniziativa era di aumentare la sicurezza dei cittadini restringendo l’accesso alle armi. Oltre a obbligare i soldati fuori servizio a depositare l’arma d’ordinanza in arsenale, il testo prevedeva che, alla fine degli obblighi militari, solo i tiratori sportivi muniti di licenza avrebbero ancora potuto tenerla.
D’altra parte, l’iniziativa contemplava l’istituzione di un registro nazionale delle armi da fuoco e l’introduzione di una clausola del bisogno: chiunque volesse avere un’arma avrebbe dovuto dimostrare di averne la necessità e di possedere le capacità necessarie.
Con queste misure, i fautori dell’iniziativa si prefiggevano di ridurre il numero dei suicidi – la cui proporzione è elevata in Svizzera – ed evitare drammi familiari. In proposito era sovente citato il caso di un’ex campionessa di sci uccisa insieme al fratello dal marito, che si era poi a sua volta tolto la vita con la stessa arma militare.
Nel solco tracciato da governo e parlamento
Il rifiuto dell’iniziativa è interpretato in modo contrastante da oppositori e sostenitori. In rappresentanza dell’esecutivo federale la ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga ha commentato che il popolo ha seguito la via seguita negli ultimi anni dal governo e dal parlamento. La socialista ha ricordato le principali misure adottate per rafforzare la sicurezza della popolazione ed evitare abusi in materia di armi da fuoco.
“Gli strumenti legislativi per limitare la violenza delle armi sono già a disposizione: tocca alla polizia, ai cantoni e all’esercito farne buon uso”, ha osservato Simonetta Sommaruga, promettendo di impegnarsi personalmente a tal fine. La ministra socialista ha anche preannunciato che proporrà già alla fine di aprile al governo altri provvedimenti per rafforzare ulteriormente la protezione della popolazione dalla violenza perpetrata con le armi.
Sostegno all’esercito e ai tiratori sportivi
Evidentemente soddisfatti gli oppositori dell’iniziativa. Contattato dall’agenzia di stampa Ats, il presidente della Società svizzera degli ufficiali, Hans Schatzmann, considera il risultato come un voto “per l’esercito e in favore del tiro sportivo in Svizzera”. Per Schatzmann, la maggioranza del popolo ha giudicato sufficienti le modifiche legislative attuate negli ultimi anni.
Sulla stessa lunghezza d’onda la Federazione sportiva svizzera di tiro, che interpreta il no come una manifestazione di fiducia a questa disciplina e il riconoscimento che “proprio le tiratrici ed i tiratori responsabili non rappresentano un rischio per la sicurezza”. In un comunicato, l’organizzazione promette d’altra parte d’impegnarsi affinché “anche in futuro con l’utilizzo dei nostri attrezzi sportivi non si verifichino incidenti e soprattutto abusi”.
Per il presidente dell’Unione democratica di centro (destra conservatrice) Toni Brunner, il rifiuto popolare equivale a un riconoscimento dell’esercito di milizia e della tradizione del tiro sportivo in Svizzera. A suo avviso, “ha prevalso la libertà del cittadino”.
Un’interpretazione condivisa dal presidente del Partito liberale radicale Fulvio Pelli, per il quale il risultato dimostra “che gli svizzeri si sentono liberi, vogliono e possono decidere da soli cosa fare con l’arma”. Gli elettori si sono espressi a favore di una responsabilità personale e contro una burocrazia statale, ha affermato Pelli.
Sollevato anche il presidente del Partito popolare democratico svizzero Christophe Darbellay, per il quale il popolo “non si è lasciato fuorviare dagli argomenti emotivi della sinistra” e ha mostrato maturità. A suo avviso, l’obiettivo dei promotori dell’iniziativa era in realtà la soppressione dell’esercito.
Promotori fra delusione e speranza
Da parte sua, il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) imputa il risultato alla sproporzione di mezzi finanziari a disposizione delle parti. Il budget della campagna degli oppositori sarebbe stato dieci volte superiore a quello dei fautori, secondo il GSsE, che chiede ora agli avversari di formulare “rapidamente proposte per risolvere il problema della violenza con le armi”.
Pur denunciando un dibattito emotivo sui valori svizzeri e l’esercito condotto dagli avversari, il presidente del Partito socialista svizzero Christian Levrat vede comunque già delle conseguenze positive di questa iniziativa. Il dibattito ha già dato risultati importanti, quali l’obbligo di restituire le munizioni, la revisione della legge sulle armi e la possibilità di depositare l’arma in arsenale, ha osservato.
“Tutto quel che può servire alla prevenzione è un passo importante che avremmo desiderato compiere oggi. Ma spero che ciò sia servito a lanciare il dibattito”, ha detto all’Ats il presidente della Federazione dei medici svizzeri (FMH) Jacques de Haller. La FMH faceva parte del comitato promotore, perciò c’è delusione per la bocciatura popolare. Il presidente riconosce però che ” le mentalità hanno bisogno di tempo per evolvere”.
Altri sviluppi
Iniziativa popolare
Gli espatriati che hanno partecipato alla votazione riguardante l’iniziativa sulle armi si sono mediamente dimostrati meno ostili dei compatrioti che hanno votato nella Confederazione. È quanto emerge da una piccola analisi di swissinfo, in base ai risultati in otto cantoni.
Nei cantoni di Lucerna, Argovia e Appenzello Interno, gli svizzeri dell’estero si sono espressi diversamente dai loro connazionali. In Appenzello Interno hanno detto sì nella misura del 50,5%, contro il 27,7% di sì nell’intero cantone; Argovia: 51,4%, contro 38,6%; Lucerna: 52,7% contro 40,08%.
Pur essendosi espressi contro l’iniziativa, gli svizzeri dell’estero lo hanno fatto in modo meno massiccio in altri due cantoni: a San Gallo hanno detto non con il 51,4%, contro il 60,8% dell’intero cantone; a Turgovia con il 51,8% contro il 65,5%.
Non si sono invece registrate differenze nei cantoni di Ginevra, Vaud e Basilea Città, dove sia i votanti locali, sia quelli all’estero hanno approvato l’iniziativa.
A favore dell’iniziativa si schierano il partito socialista, i Verdi, i Verdi liberali, il partito cristiano sociale, il partito evangelico, il partito del lavoro, i sindacati, il Gruppo per una Svizzera senza esercito, numerose organizzazioni pacifiste, cristiane, di prevenzione del suicidio e femminili, nonché la Federazione dei medici svizzeri, la Società svizzera di psichiatria e psicoterapia e i Giuristi democratici svizzeri.
Contro l’iniziativa si schierano: l’Unione democratica di centro, i partiti liberale radicale, popolare democratico, borghese democratico, la Lega dei Ticinesi, le organizzazioni di tiro sportivo, di cacciatori e di armaioli, la Società svizzera degli ufficiali.
In occasione della votazione federale, 12 cantoni hanno effettuato nuovi test di voto elettronico. Essi “hanno soddisfatto pienamente le esigenze della Confederazione”, ha comunicato domenica la Cancelleria federale.
Complessivamente avevano la possibilità di votare online 177’500 elettori, di cui 55mila svizzeri all’estero. Un’opzione scelta da 25’600 votanti.
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