I Comuni svizzeri vogliono farsi sentire di più a Berna
Nessun altro paese offre diritti democratici così estesi, come la Svizzera, dove gli elettori possono lanciare iniziative federali, iniziative cantonali, referendum. Ora si vuole introdurre un altro strumento democratico: il referendum dei Comuni. Le prospettive di successo sembrano però piuttosto scarse.
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Può suscitare un certo sospetto di autocompiacimento chi ripete che gli svizzeri sono i campioni del mondo delle votazioni. È però un dato di fatto: con oltre 600 votazioni tenute finora già solo a livello nazionale, la Svizzera si trova ben davanti agli altri paesi in ambito di democrazia diretta.
Ma ciò non sembra bastare: ora vi è chi chiede anche l’introduzione di un referendum dei Comuni a livello federale. In pratica, almeno 200 Comuni appartenenti ad almeno 15 Cantoni potrebbero farne ricorso per opporsi ad una decisione del Parlamento federale contraria ai loro interessi. Spetterebbe poi all’elettorato decidere a favore del Parlamento federale o dei Comuni.
Altri sviluppi
Cos’è un referendum?
La proposta proviene dall’Associazione dei Comuni svizzeri, che raggruppa circa 1600 dei 2222 Comuni elvetici. L’obbiettivo è di rafforzare la loro posizione nei confronti dei Cantoni e della Confederazione, che si sarebbe indebolita negli ultimi tempi.
Sfide troppo grandi per molti Comuni
Le fondamenta della democrazia svizzera si stanno effettivamente erodendo: molti Comuni stentano a sussistere, altri hanno già scelto la via della fusione per creare entità più grandi, in grado di affrontare meglio le sfide attuali. Questi i problemi principali:
1 – Compiti sempre più complessi da svolgere
2 – Pressione finanziaria sempre più forte
3 – Carenza di volontari pronti ad impegnarsi nella politica comunale
4 – Calo della partecipazione dei cittadini alla democrazia locale, un fenomeno in corso già da decenni.
Soprattutto, il cocktail di problemi 1 – 3 sembra “letale”: degli oltre 3000 Comuni che esistevano un tempo, quasi 800 sono scomparsi negli ultimi 30 anni a seguito di fusioni – ossia più di un quarto. Un cambiamento radicale, la cui fine non è ancora in vista. Allo stesso tempo, il peso della politica si è spostato sempre più verso la Confederazione e i Cantoni.
Non è una novità. Un tale strumento esiste in sette Cantoni svizzeri. Tuttavia, gli ostacoli non sono gli stessi ovunque a causa del “cantonalismo” – ossia la sovranità dei Cantoni, che è molto pronunciata nel sistema federale.
Nel Cantone di Soletta solo il 4% dei Comuni deve partecipare (5 su 121), mentre nel cantone di Zurigo quasi la metà, vale a dire il 40%.
Poiché la Confederazione e i Cantoni ampliano costantemente il loro portafoglio di competenze, l’unica possibilità che rimane ai Comuni è di eseguire le loro direttive. Un esempio lampante sono le spese vincolanti nel settore della previdenza sociale, che vengono attribuite ai Comuni. Tali obblighi sono l’opposto dell’autonomia comunale come viene definita nella Costituzione federale.
La proposta di un referendum dei Cantoni non sembra però avere molte speranze di successo. La commissione competente del Consiglio nazionale l’ha già respinta ed ora la palla si trova nel campo della commissione del Consiglio degli Stati. La Camera dei Cantoni è generalmente più sensibile ad un equilibrio degli interessi, ma anche qui le prospettive di successo appaiono alquanto esigue.
I Comuni devono quindi prepararsi a una lotta lunga e dura. Come fecero i padri del referendum e dell’iniziativa popolare, prima della loro introduzione. Dopo la creazione della Svizzera moderna nel 1848, ci vollero 26 e rispettivamente 43 anni finché che il referendum e l’iniziativa popolare venissero introdotti.
Traduzione di Armando Mombelli
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