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Dure critiche al governo per la gestione della crisi UBS

Le commissioni bacchettano l'operato del governo svizzero Keystone

Le misure adottate per risolvere la crisi della grande banca sono state efficaci e adeguate. È quanto emerge dal rapporto delle Commissioni di gestione delle Camere federali, che critica tuttavia aspramente il governo per la sua mancanza di trasparenza, di comunicazione interna e di strategia decisionale.

Un rapporto che farà discutere ancora a lungo quello presentato lunedì a Berna dalle Commissioni di gestione delle Camere federali (CdG): 360 pagine redatte dopo 28 sedute, centinaia di ore di lavoro e 59 audizioni di persone coinvolte nella crisi della grande banca.

Nel marzo 2009, le CdG avevano costituito un gruppo di lavoro per valutare la decisione del governo di concedere un credito di 6 miliardi di franchi per salvare l’UBS, che si era ritrovata sull’orlo del tracollo. La procedura d’urgenza adottata dal Consiglio federale aveva in pratica privato il parlamento delle sue competenze: le Camere erano state costrette a dare il loro avallo a posteriori.

All’inizio di quest’anno, il gruppo di lavoro è stato pure chiamato a chinarsi su un’altra controversa decisione presa dal governo in favore dell’UBS: la trasmissione dei dati di centinaia di clienti della banca alle autorità fiscali americane. Secondo quanto stabilito dal Tribunale amministrativo federale, la consegna di queste informazioni era illegale.

Misure efficaci

“Nel loro rapporto, le CdG rilevano che le misure adottate dal Consiglio federale e dalla Banca nazionale per salvare l’UBS e stabilizzare il settore finanziario sono state tempestive, efficaci e hanno dato risultati positivi. Questo intervento è stato lodato anche all’estero”, ha dichiarato la consigliera nazionale Corina Eichenberger-Walther a nome delle CdG.

“Il governo è riuscito in questa occasione a rimanere a galla ed ha imparato a nuotare. Il fatto che si sia fatto trascinare in acqua dall’UBS dimostra però che è mancato un sistema di allerta precoce per prevenire una simile crisi”, ha aggiunto la deputata liberale radicale.

In particolare la Commissione federale delle banche (CFB) non ha svolto sufficientemente il suo mandato di sorveglianza del settore bancario: durante i mesi in cui è maturata la crisi era impegnata soprattutto in attività legate alla sua trasformazione in Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA).

Secondo il rapporto, la CFB ha inoltre dimostrato di non essere sufficientemente indipendente dal settore bancario. Buone note emergono per contro dal documento nei confronti della Banca nazionale svizzera, che ha avvertito rapidamente il governo e ha elaborato un piano efficiente di salvataggio dell’UBS.

Gravi lacune

Pesanti critiche vengono rivolte invece dalle CdG al Consiglio federale per le lacune emerse nella crisi che ha portato alla trasmissione dei dati dei clienti dell’UBS alle autorità fiscali americane. Una misura, contraria alle norme sul segreto bancario, adottata in seguito alle pressioni delle autorità americane, che hanno aperto ben tre inchieste nei confronti dell’UBS, accusata di aver aiutato migliaia di clienti ad evadere il fisco negli Stati uniti.

In quest’ambito il governo “è intervenuto con un anno di ritardo, non è riuscito ad anticipare la crisi e neppure ad analizzare la portata politica di una vicenda che costringerà ora le camere ad approvare un trattato già concluso con gli Stati uniti”, ha dichiarato il consigliere nazionale Pierre-François Veillon.

Gravi mancanze sono venute alla luce per quanto concerne la comunicazione interna, soprattutto da parte del principale responsabile del dossier, il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz. “Il capo del Dipartimento federale delle finanze preferisce lavorare da solo e ha atteso la fine di settembre dell’anno scorso per informare gli altri membri del governo”, ha affermato il deputato dell’Unione democratica di centro.

Stessa cosa per la ministra degli affari esteri Micheline Calmy-Rey e per la responsabile del dipartimento di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf. Entrambe erano state informate da tempo dai loro servizi sulle inchieste aperte negli Stati uniti contro l’UBS, ma non hanno sollevato il tema durante le sedute del Consiglio federale.

Mancanza di curiosità e di trasparenza

“Ogni dipartimento lavora per conto proprio. Questo principio dipartimentale si è rivelato catastrofico nella vicenda UBS-USA. Non meno grave la mancanza di curiosità da parte dei responsabili degli altri dipartimenti, che avrebbero dovuto percepire i numerosi segnali esistenti e porre delle domande su questo dossier”, ha aggiunto Veillon.

Peggio ancora: le CdG denotano un preoccupante clima di diffidenza all’interno del Consiglio federale. “Siamo scioccati da questo clima: discussioni su tematiche confidenziali vengono evitate per paura di indiscrezioni”, ha sottolineato Corina Eichenberger-Walther.

Le CdG rimproverano inoltre al governo un’inaccettabile mancanza di trasparenza. “Il Consiglio federale non redige neppure un protocollo delle discussioni che si svolgono durante le sue sedute. È una cosa incredibile ai nostri giorni. Inizialmente si è inoltre rifiutato di mettere a nostra disposizione i documenti interni sulla vicenda, benché le CdG abbiano il diritto di visionare questi documenti”, ha indicato Maria Roth-Bernasconi.

No ad una CPI

Nonostante queste critiche, le CdG si limitano nel loro rapporto a formulare una serie di raccomandazioni per colmare le lacune esistenti nell’esecutivo in materia di comunicazione interna e di strategia decisionale sui dossier più importanti, come pure per migliorare la sorveglianza dei mercati finanziari.

I membri delle Commissioni non ritengono invece opportuna la creazione di una Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) per far luce sulla vicenda UBS. “Una CPI dovrebbe mettersi al lavoro e potrebbe fornire le sue conclusioni soltanto tra un anno. Così, andrebbe perso molto tempo. Secondo noi, è invece necessario che il governo e il parlamento concretizzino rapidamente le raccomandazioni formulate nel nostro rapporto”, ha affermato Maria Roth-Bernasconi.

Il governo svizzero respinge le critiche contenute nel rapporto e, per bocca della ministra Doris Leuthard, dichiara di non aver fallito la propria missione e di non soffrire di un clima di sfiducia.

L’Unione democratica di centro, il Partito socialista e i Verdi hanno invece ribadito la necessità di istituire una commissione parlamentare di inchiesta (CPI) per far luce sul caso UBS.

Stando all’Udc, il rapporto evidenzia le lacune del capo del DFF e l’incapacità del governo di gestire la crisi. Soltanto una CPI potrà far luce sulle condizioni dell’accordo tra la Svizzera e gli Stati Uniti.

Il Ps ha ricordato che il rapporto lascia troppe questioni aperte, come l’influenza dell’UBS sul DFF e sulla FINMA. Inoltre la commissione di gestione non ha potuto esprimersi sul ruolo svolto dall’UBS e ciò impedisce qualsiasi procedura nei confronti degli ex dirigenti.

Il Partito popolare democratico punta il dito contro l’UBS e il suo comportamento «sbagliato e inaccettabile», principale responsabile nella crisi tra Svizzera e Stati Uniti. Il partito invita il Consiglio federale a collaborare maggiormente e ad informarsi reciprocamente. Quanto alla possibilità di istituire una CPI, il gruppo ne dibatterà martedì.

Il Partito liberale radicale ha invece qualche riserva. La creazione di una CPI sarebbe superflua, secondo il presidente Fulvio Pelli, e non porterebbe a nulla di nuovo. Il PLR ha poi ribadito la sua fiducia al consigliere federale Hans-Rudolf Merz: «Perfino i socialisti non hanno chiesto le sue dimissioni. Ciò significa che è davvero difficile pretendere la sua testa».

Infine la FINMA ha fatto sapere di aver preso atto del rapporto della commissione di gestione e sottolinea di aver tratto la dovuta lezione dalla crisi. I miglioramenti sono in via di realizzazione, ha dichiarato portavoce Alain Bichsel.

Finora il parlamento svizzero ha istituito solo quattro volte una Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI).

1964: il parlamento decide di ricorrere a quest’organo speciale per indagare sul superamento delle spese nell’ambito dell’acquisto degli aerei da combattimento Mirages. Nel contempo, le camere federali gettano le basi legali per l’istituzione di una CPI.

1989: una CPI viene creata per far luce sulle circostanze che avevano portato alle dimissioni della consigliera federale Elisabeth Kopp.

1990: lo scandalo delle schedature suscita grande scalpore in Svizzera. Il parlamento decide di istituire una CPI per chiarire le responsabilità all’interno dell’apparato statale.

1995: i parlamentari fanno di nuovo ricorso a quest’organo per appurare le ragioni che hanno portato all’enorme buco finanziario della Cassa federale di pensioni.

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