Elezione del governo: un evento quasi palpitante
Nonostante le critiche e le minacce, il Consiglio federale dovrebbe superare la prova del 12 dicembre: le due camere del parlamento riconfermeranno probabilmente i sette ministri in carica per la nuova legislatura.
Anche in Svizzera l’investitura del governo non è comunque più una formalità: gli spostamenti di forze delle ultime tre elezioni parlamentari hanno modificato le regole del gioco e creato un nuovo clima politico.
“Con ogni probabilità non vi saranno mutamenti il 12 dicembre. Ma l’elezione del consiglio federale è uno dei pochi momenti eccitanti della vita politica in Svizzera. Godiamoci quindi questo momento”, propone il politologo dell’Università di San Gallo Silvano Möckli.
L’elezione del governo all’inizio di ogni legislatura è un po’ il sale e il pepe di un menu politico che, per lungo tempo, ha lasciato poco spazio a sorprese. Fino a pochi anni fa, gli spostamenti di forze tra gli schieramenti politici sono stati così impercettibili, da non permettere a nessuno di pretendere cambiamenti nell’attribuzione dei seggi dell’esecutivo.
Dal 1959 al 2003, quattro partiti – che raccolgono l’80% dei voti – si sono così spartiti le poltrone governative secondo una formula definita addirittura magica: due ministri del Partito liberale radicale (PLR), due del Partito socialista (PS), due del Partito popolare democratico (PPD) e uno dell’Unione democratica di centro (UDC).
Cerimonie dall’esito scontato
Fino a 4 anni fa, tutti i ministri uscenti sono stati regolarmente riconfermati dal parlamento per la nuova legislatura. La cerimonia di elezione assomigliava più che altro alla nomina del Poltiburo nell’Unione sovietica, tanto l’esito era quasi sempre scontato.
Un voto di poco superiore alla maggioranza assoluta è stato l’unico segnale impiegato a volte dal parlamento per esprimere il proprio malcontento nei confronti di un consigliere federale o di un partito.
Non vi è quindi da stupirsi, se le cerimonie di investitura del governo – seguite quasi con religiosa attenzione sugli schermi televisivi nelle case, nelle scuole e negli uffici – non hanno quasi mai lasciato grandi tracce nella memoria collettiva. Di solito, poche settimane dopo le elezioni del governo, molti svizzeri non ricordano già più i nomi dei loro sette ministri.
Cambiamento radicale
La fine di questo patto governativo è stata decretata dal balzo storico compiuto dall’UDC nelle elezioni parlamentari del 1999. Con una progressione senza precedenti, il più piccolo dei quattro partiti di governo si è issato di colpo in prima posizione.
L’UDC ha dovuto però aspettare ancora quattro anni prima di poter scardinare la formula magica. Nel 2003, dopo un nuovo successo elettorale, il partito che incarna la destra nazionalista ha ottenuto dal parlamento una seconda poltrona governativa, a scapito del PPD.
L’elezione di Christoph Blocher e l’estromissione di Ruth Metzler hanno rappresentato un cambiamento radicale nella vita politica svizzera. Un tabù si è spezzato, le poltrone dei sette saggi non sono più intoccabili.
“Ogni modifica della formula di governo richiede molto tempo in Svizzera, dal momento che rimette in discussione equilibri storici alquanto delicati. Finora i partiti emergenti dovevano riconfermare più volte la loro nuova forza elettorale, prima di ottenere un seggio in governo. Ma ora i cambiamenti potrebbero accelerarsi”, ritiene Silvano Möckli.
Nuovo clima politico
La questione della composizione dell’esecutivo è stata così al centro della campagna per le elezioni parlamentari di ottobre. I socialisti hanno chiesto l’estromissione di Christoph Blocher, sostenendo che il ministro UDC non rispetta il principio della concordanza di governo.
Il PLR ha posto in discussione l’elezione di Samuel Schmid, che rappresenterebbe soltanto l’alibi moderato dell’UDC. Il PPD ha rivendicato un secondo seggio a scapito del PLR, in caso di sorpasso nei confronti del partito rivale di centro. L’UDC ha ribadito la proposta di allontanare dal governo i due ministri del PS. I Verdi hanno ventilato la loro entrata in governo.
Gli spostamenti di voti tra i partiti emersi il 21 ottobre non bastano per legittimare un nuovo rimpasto governativo. Colpi sono stati però sparati in ogni direzione anche dopo lo scrutinio. Rappresentanti del PLR e dell’UDC hanno chiesto perfino le dimissioni dei loro ministri Pascal Couchepin e, rispettivamente, Samuel Schmid, che nuocerebbero ai loro partiti.
Per finire si tratterà soltanto di colpi a salve, sparati a titolo di avvertimento. Oppure per esercitare pressioni in vista di una nuova distribuzione dei ministeri. Ma il clima politico è indubbiamente cambiato. Le formule di governo non sembrano più magiche e le sorprese meno impossibili.
“Le tensioni esistono. Durante l’elezione potrebbe svilupparsi una dinamica con risultati sorprendenti. Ad esempio, se i primi voti non dovessero andare bene, sono possibili ritorsioni e colpi di scena, con conseguenze magari nemmeno volute”, spiega Silvano Möckli.
swissinfo, Armando Mombelli
In Svizzera, dopo la nascita dello Stato moderno, nel 1848, il Partito liberale radicale (ex Partito radicale democratico) ha occupato per oltre 4 decenni tutte le 7 poltrone del governo.
Solo nel 1891, anche il Partito popolare democratico (ex Partito popolare conservatore) è stato ammesso per la prima volta nell’esecutivo.
Nel 1929, l’Unione democratica di centro (ex Partito agrario) è stata integrata a sua volta nel Consiglio federale.
Il Partito socialista ha ottenuto il suo primo seggio governativo nel 1943.
Dal 1959, il governo svizzero è stato sempre formato da questi 4 partiti che raccolgono regolarmente circa l’80% dei voti.
All’inizio di ogni legislatura, il nuovo parlamento si riunisce per eleggere i 7 membri del governo. Salvo dimissioni di un ministro, si tratta in realtà di una semplice rielezione.
Solo nel 1854, nel 1872 e nel 2003 l’assemblea federale non ha riconfermato in carica un ministro. Quattro anni fa Ruth Metzler del PPD ha dovuto cedere la sua poltrona governativa al rappresentante dell’UDC Christoph Blocher.
In caso di sostituzione di un ministro dimissionario, i parlamentari hanno respinto eccezionalmente il candidato ufficiale presentato da un partito, per eleggere un altro rappresentante della stessa formazione politica.
Questo scenario si è prodotto l’ultima volta nel 2000, quando Samuel Schmid è stato preferito ai due candidati proposti dall’UDC.
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