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Elezioni federali: compito arduo per i piccoli partiti

Gli ecologisti continuano a crescere Keystone

Ogni quattro anni, molti partiti e candidati tentano di entrare nel parlamento nazionale. Per le formazioni meno importanti le possibilità sono però scarse o inesistenti. E chi ce la fa, spesso fatica a mantenere il seggio.

In occasione delle elezioni federali del 2007 era stato registrato un numero record di candidati: 3’089 distribuiti su 311 liste. Tra queste, accanto ai pesi massimi della politica svizzera vi erano diverse formazioni più modeste ma comunque ben ancorate nel panorama politico elvetico e già rappresentate nel legislativo.

Ogni quattro anni, all’appuntamento elettorale si presentano però anche dei partiti numericamente poco potenti, i quali non sono mai stati presenti sotto la cupola di Palazzo federale, o non lo sono più. Tra questi: schieramenti di estrema sinistra, di estrema destra oppure movimenti di cittadini.

Un problema quasi meccanico

 

Il numero di liste sembra indicare una grande diversità della scena politica svizzera. Una diversità che non si riflette però a Palazzo federale.

In Consiglio nazionale (Camera del popolo), soltanto 10 deputati su 200 non appartengono ai cinque partiti rappresentati nell’esecutivo o al Partito ecologista, il quale – avendo ottenuto il 10% dei voti nel 2007 – non può più essere considerato un piccolo partito. Stessa situazione al Consiglio degli Stati (Camera dei cantoni): su 42 senatori, soltanto due – Verdi liberali – non sono membri dei partiti di governo o degli ecologisti.

La difficoltà per i piccoli partiti di accedere al Parlamento è dovuta in primo luogo al sistema elettorale: soltanto nei cantoni più popolosi – quali Ginevra, Vaud, Zurigo o Berna – hanno una vera opportunità di successo.

«Si tratta di un problema quasi meccanico, legato al numero di seggi a disposizione nei cantoni. In quelli più piccoli i partiti minori hanno scarse possibilità, visto che si trovano confrontati a un quorum naturale difficile da raggiungere», spiega il politologo Pascal Sciarini.

Guadagnare visibilità

 

Alla luce di questa situazione, ci si può interrogare sui motivi che spingono i piccoli partiti a dedicare comunque tempo e risorse finanziarie per condurre campagne le cui possibilità di successo sono praticamente nulle.

«Certi gruppi credono nonostante tutto di avere delle possibilità reali. Altri, invece, approfittano delle elezioni federali per far conoscere le loro rivendicazioni politiche: nel 2007 è stato il caso del Männer-Partei [partito degli uomini], che milita a favore dei diritti dei padri divorziati. Nel 2011 si può citare l’esempio del Partito pirata, che chiede trasparenza e libertà su Internet», evidenzia il politologo Georg Lutz.

A suo parere, inoltre, «vi sono partiti perfettamente coscienti di non avere alcuna possibilità, ma per i quali presentare una lista alle elezioni federali è importante per sopravvivere a livello politico locale. Penso per esempio al Grüne Partei Bern [partito dei Verdi bernese]: nessun suo rappresentante è mai riuscito a entrare in parlamento, ma da anni è presente nel legislativo di Berna».

Anche Pascal Sciarini ritiene che la ricerca di visibilità è una delle motivazioni dei partiti minori. «Verosimilmente, questi sperano di farsi conoscere meglio in vista di elezioni successive. Le formazioni più piccole si presentano alle elezioni federali poiché pensano di attirare l’attenzione dei media: si tratta di una condizione irrinunciabile per esistere».

Creare una nicchia

 

Anche se difficile, la missione di farsi eleggere in Parlamento non è comunque impossibile. Alcuni partiti ci riescono puntando sulla novità, anche se «si tratta di un fenomeno che solitamente non dura. Per definizione, una novità non è tale per dieci anni», rileva Georg Lutz.

Quest’ultimo ritiene necessarie tre condizioni affinché un piccolo partito possa resistere a lungo sulla scena politica. «Serve prima di tutto un programma, un elemento importante per certi elettori. Secondariamente, occorrono militanti e risorse finanziarie. Infine, il sistema politico deve offrire delle aperture».

Secondo Lutz, inoltre, «uno dei metodi per tentare di avere successo a lungo termine è quello di crearsi una nicchia. È in particolare il caso dei movimenti politici religiosi, anche se questa strategia raramente funziona».

Dal canto suo, Pascal Sciarini ricorda che «il nostro sistema politico è già estremamente frammentato. Il grande numero di partiti è distribuito su tutta la linea che va da sinistra a destra: di conseguenza, le nicchie restanti sono molto poche. Proprio per questo motivo, c’è da chiedersi se formazioni come i Verdi liberali o il Partito borghese democratico riusciranno davvero a sfondare come predicono i sondaggi. Personalmente ho qualche dubbio».

Non per caso, infatti, alcuni movimenti politici sono nati e scomparsi in un breve lasso di tempo: per esempio il Partito degli automobilisti alla fine degli anni Ottanta. Ciononostante vi sono anche delle eccezioni: il Partito ecologista svizzero – valutato come un fenomeno passeggero 20 anni or sono – è riuscito a imporsi sulla scena politica.

Fenomeno ciclico

La tendenza attuale della politica svizzera sembra essere quella di una maggiore frammentazione, segnatamente con la nascita – al centro dello scacchiere politico – del Partito borghese democratico e dei Verdi liberali.

Secondo i due politologi, si tratta tuttavia di fenomeni ricorrenti: «In questo momento vi sono effettivamente molti nuovi attori. D’altronde assistiamo regolarmente a cicli in cui a un dato momento vi è una maggiore concentrazione sui grandi partiti, seguiti da periodi con uno sviluppo dei partiti minori».

La situazione attuale favorirà le formazioni più piccole? Secondo Pascal Sciarini, «a destra dello scacchiere politico, l’Unione democratica di centro è riuscita – radicalizzandosi – a fare il vuoto attorno a sé. A sinistra i movimenti più radicali sono limitati alla Svizzera francofona, e dubito che riusciranno ad avere successo negli altri cantoni».

Allo stato attuale, le possibilità che un nuovo partito riesca a entrare nel parlamento federale dopo le elezioni di ottobre appaiono dunque piuttosto remote. Secondo i due politologi, la sorpresa potrebbe venire soltanto dal Mouvement citoyen genevois [Movimento cittadino ginevrino], forte dei buoni risultati ottenuti in occasione delle ultime elezioni cantonali.

La politica svizzera è tradizionalmente dominata da quattro grandipartiti di governo: l’Unione democratica di centro (28.9% degli elettori nel 2007), il Partito socialista (19.5%), il Partito liberale radicale (17.7%) e il Partito popolare democratico (14.5%).

Da diversi anni si registra però una costante crescita del Partito ecologista svizzero, che ha ormai raggiunto la barra simbolica del 10% (9.6%).

Altri due partiti – nati da scissioni – si stanno ritagliando spazio: i Verdi liberali (separatisi dagli ecologisti nel 2004) e il Partito borghese democratico (separatosi dall’Unione democratica di centro nel 2008).

I Verdi liberali contano attualmente 7 eletti (5 deputati e 2 senatori), così come il Partito borghese democratico (6 deputati e un senatore), che però ha pure un ministro nell’esecutivo (inizialmente eletto come UDC). Stando ai sondaggi, raccoglierebbero il 5.7% (Verdi liberali) e il 3.5% (PBD) delle intenzioni di voto.

In parlamento siedono anche cinque partiti minori che complessivamente rappresentano il 5.5% degli elettori nazionali.

In questa legislazione si tratta della Lega dei ticinesi, dell’Unione democratica federale, del Partito cristiano-sociale, del Partito popolare operaio e del Partito evangelico. Mediamente, ciascuno conta tra uno e tre seggi.

Traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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