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Elezioni in Guatemala: il modello svizzero di Suger

Il candidato alla presidenza Eduardo Suger fuerzasuger.org

In un clima carico di tensioni, il 9 settembre sei milioni di cittadini del Guatemala sono chiamati alle urne per eleggere il presidente e il vicepresidente della repubblica, i deputati del parlamento e i consigli municipali.

Fra i candidati alla presidenza più quotati vi è lo svizzero-guatemalteco Eduardo Suger. La sua proposta: rifondare il paese prendendo a modello il sistema federale svizzero.

A oltre dieci anni dalla firma degli accordi di pace tra governo e guerriglia, il Guatemala continua a confrontarsi con un altissimo tasso di violenza. Una violenza che getta la sua ombra anche sulle elezioni. Il bilancio delle vittime dall’inizio della campagna elettorale è impressionante: in poco più di un anno sono stati assassinati 45 candidati e 6 militanti di partiti politici.

Il partito maggiormente colpito è la Unitad Nacional de la Esperanza (UNE), che ha perso 18 affiliati, tra candidati e militanti. Di tendenza socialdemocratica, il partito sostiene Álvaro Colom, in testa ai sondaggi per la presidenza con percentuali tra il 20 e il 40% delle preferenze.

Il principale avversario di Colom è l’ex generale Otto Pérez Molina, candidato del Partido Popular (PP, conservatore). Molina, già capo dei servizi segreti militari e ritenuto responsabile di massacri durante la guerra, è stato l’unico ufficiale a firmare gli accordi di pace con la guerriglia. I sondaggi gli attribuiscono tra il 12 e il 30% dei voti.

Dietro a Colom e Molina, che molto probabilmente si disputeranno la presidenza nel turno di ballottaggio del 4 novembre, segue un piccolo drappello di candidati (su un totale di 14) che potrebbero superare la soglia del 5%. Il più quotato è Alejandro Giammatei, candidato del GANA, il partito di centro-destra dell’attuale presidente Oscar Berger (6-12%).

La figura più nota all’estero è Rigoberta Menchú, premio Nobel per la pace nel 1992. La leader indigena sembra però avere poche possibilità di giungere al secondo turno. Lo stesso vale per altri due candidati, l’esponente del Frente Republicano Guatemalteco (il partito dell’ex generale Efraín Ríos Montt) Luis Rabbé e l’accademico di origini svizzere Eduardo Suger, del Centro de Acción Social (CASA).

Svizzeri nella politica guatemalteca

Eduardo Suger, figlio di una guatemalteca e di uno svizzero, è nato a Zurigo, ma ha trascorso gli anni d’infanzia in Guatemala. Durante l’adolescenza è tornato nella sua città natale, per proseguire gli studi, conclusi otto anni dopo con una laurea in fisica e matematica presso il politecnico federale.

Considerato un accademico brillante, dopo aver studiato e lavorato per alcuni anni in Texas, è rientrato definitivamente in Guatemala, dove ha fondato la Università Galileo (di cui è rettore). È alla sua seconda candidatura alla presidenza della repubblica centro-americana.

Suger non è il primo politico di spicco del Guatemala di origini svizzere. Fra il 1951 e il 1954 le sorti del paese furono rette dall’ex colonnello Jacobo Arbenz Guzmán, figlio di un farmacista svizzero.

Nazionalista di tendenze progressiste, sostenuto dai comunisti, Arbenz si rese inviso al governo degli USA per un programma di riforma agraria che colpiva gli interessi della compagnia statunitense United Fruit. Nel 1954 un colpo di stato orchestrato dalla CIA lo costrinse all’esilio.

Una riforma ispirata al modello elvetico

Dal punto di vista dell’ideologia politica Suger, che si considera un liberale fedele al concetto di stato di diritto, non ha nulla da spartire con Arbenz, se non forse la volontà di cambiare radicalmente il paese. Alla base del suo impegno politico c’è il desiderio di rispondere alla richiesta di trasformazione che, a suo avviso, i guatemaltechi «chiedono a gran voce».

«Poiché in Guatemala ci sono forti differenze etniche, se non diamo maggiori poteri ai singoli dipartimenti, se non costruiamo una repubblica federale in cui ognuno dei 23 dipartimenti possa eleggere il suo governo, il paese non potrà mai prosperare», afferma Suger a colloquio con swissinfo.

«Oggi tutte le decisioni sono prese dal governo centrale, che controlla tutti gli introiti fiscali. I dipartimenti possono usufruire solo del 10% di questi introiti». Il candidato ritiene che i dipartimenti siano molto produttivi e che un controllo locale delle risorse permetterebbe maggiori investimenti.

Nessun rischio di secessione

Suger non vede rischi di spaccature tra le regioni a maggioranza indigena e le regioni meticcie del paese. «Il Guatemala non è la Bolivia. Qui le comunità indigene e la diversità etnica sono cose d’altri tempi. Credo che gli usi e i costumi che finora impedivano un’integrazione del territorio stiano sparendo».

Al di là della forma di governo del paese, il candidato di origini svizzere dà molta importanza anche alla questione della giustizia e della legalità. «Propongo di depoliticizzare gli organi giudiziari. Questo metterà fine a molti dei nostri problemi. Da 15 anni il paese chiede un cambio strutturale».

Poco propenso a credere nei sondaggi, Suger vuole condurre fino in fondo la battaglia elettorale. «Non so se sarò eletto», dice. «Ma di certo mi recherò presto in Svizzera, come cittadino o come presidente».

swissinfo, Norma Dominguez e Andrea Tognina

Tra il 1960 e il 1996 il Guatemala ha vissuto una delle più feroci guerre civili dell’America latina, che ha provocato oltre 200’000 morti e 50’000 desaparecidos e ha spinto 150’000 persone a rifugiarsi in Messico.

Dopo la firma degli accordi di pace tra il governo e i guerriglieri della Unidad revolucionaria nacional guatemalteca (URNG), il paese ha imboccato la via di una normalizzazione democratica. Molti problemi sociali rimangono tuttavia irrisolti.

Il 56% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, il 28% dei guatemaltechi è analfabeti. Il tasso di criminalità rimane uno dei più alti dell’America latina e l’impunità rappresenta uno dei problemi maggiori del paese..

Gli aventi diritto di voto in Guatemala sono circa sei milioni. Si prevede tuttavia che in occasione delle elezioni presidenziali l’astensionismo si avvicini al 50%.

Superficie del Guatemala: 109’000 km2
Abitanti: 13,4 milioni, di cui circa la metà di etnia maya
PIL: 76 miliardi di franchi (stima 2005)
Reddito pro capite annuo: 5026 franchi (stima 2005)

La Svizzera ha riconosciuto il Guatemala sin dalla sua fondazione nel 1839. Il primo consolato è stato aperto a Città del Guatemala nel 1891. Nel 1962 è stata inaugurata l’ambasciata svizzera nella capitale guatemalteca. Berna ha allacciato relazioni diplomatiche con il Guatemala nel 1957.

Le relazioni tra i due paesi sono buone, anche se gli scambi commerciali sono modesti. Svizzera e Guatemala cooperano in vari ambiti. La Confederazione ha stanziato un credito a favore del Guatemala per creare un catasto generale e sostiene progetti di sostegno alle piccole e medie imprese guatemalteche.

Dal 2003 la Svizzera gestisce un programma di promozione della pace centrato sull’elaborazione del passato, sul consolidamento dello stato di diritto e sulla lotta all’impunità, allo scopo di attuare gli accordi di pace firmati nel 1996 tra governo e guerriglia.

La Svizzera sostiene varie organizzazioni che operano in difesa dei diritti umani e l’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani in Guatemala.

(fonte: DFAE)

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