Esame riuscito per le scuole svizzere all’estero
Riuniti in Svizzera in occasione della loro conferenza annuale, i responsabili delle 17 scuole elvetiche fuori dai confini nazionali hanno discusso di qualità, gestione e prospettive finanziarie. A tal proposito, il 2009 sarà un anno decisivo.
Una volta di più, gli istituti dovranno dimostrare la loro qualità, mentre a chi li dirige spetterà il compito di muoversi efficacemente tra settore pubblico e settore privato. Questi aspetti erano all’ordine del giorno della conferenza svoltasi a Friburgo da 1° al 3 luglio: si è parlato di sussidi federali, di gestione della qualità e di concorrenza.
Per quanto concerne il finanziamento, le 17 scuole svizzere all’estero beneficiano del sostegno di uno o più cantoni partner che per esempio possono sostenerle in caso di spese importanti legate alle infrastrutture. La Confederazione, dal canto suo, copre circa il 30% del budget degli istituti.
Futuro incerto
A livello di fondi, l’ultimo segnale in ordine di tempo da parte del parlamento è positivo: lo scorso mese di dicembre è stato infatti aumentato da 15 a 20 milioni l’importo del sussidio federale, invertendo così la tendenza osservata tra il 2004 e il 2007.
Derrick Widmer – presidente del Comitato delle scuole svizzere all’estero – si rallegra per questa decisione, pur restano con i piedi per terra. Infatti, «il 2009 sarà un anno particolarmente importante, poiché nel mese di maggio la Commissione delle finanze del Consiglio degli Stati [Camera dei Cantoni] ha presentato una mozione che chiede di esaminare l’utilizzo delle risorse finanziarie supplementari e definire gli orientamenti futuri delle scuole svizzere all’estero».
In seno al legislativo questo tema suscita divergenze: «Alcuni parlamentari hanno vedute piuttosto ristrette. Per loro, ciò che conta è il numero di allievi svizzeri che frequentano la scuola», ha deplorato giovedì a Friburgo la deputata popolare democratica Thérèse Meyer, presidente dell’intergruppo parlamentare «Svizzeri all’estero».
Nel contempo, un’altra ombra di delinea sul futuro del finanziamento alle scuole svizzere dell’estero: il governo le ha infatti incluse nel suo programma di riesame dei compiti, volto a realizzare nuovi risparmi. «C’è il rischio che prossimamente si parli molto di noi», riassume Derrick Widmer.
Chieste garanzie
Le scuole svizzere all’estero possono comunque contare su alcuni alleati. Il deputato popolare democratico Pius Segmüller ha per esempio chiesto che gli aiuti finanziari forniti dalla Confederazione siano garantiti per un periodo di quattro anni.
Paul Fink – responsabile delle scuole svizzere all’estero presso l’Ufficio federale della cultura, l’ente incaricato di distribuire le sovvenzioni federali – aggiunge: «È importante che la Confederazione si interroghi su ciò che desidera e determini in modo chiaro le proprie priorità. Il clima di insicurezza di questi ultimi anni non ha infatti facilitato il lavoro dei direttori e degli insegnanti».
Toni Wunderlin, direttore della scuola svizzera di Barcellona, conferma che lavorare con lo spauracchio dei tagli nuoce alla qualità. «Se vi fossero state nuove misure di risparmio, avremmo dovuto effettuare dei tagli nell’insegnamento liceale e negli aspetti caratteristici della nostra offerta che ci consentono di differenziarci dalle altre scuole».
Rete di sostegno
Al fine di garantire un futuro alle scuole svizzere, i direttori devono infatti effettuare uno sforzo per posizionare gli istituti nel mercato dell’insegnamento dei rispettivi paesi. Taluni di loro hanno quindi deciso di utilizzare modelli provenienti dall’economia privata.
Bernhard Beutler, direttore delle scuole svizzere di San Paolo e Curitiba (Brasile), ha per esempio scelto di farle certificare conformemente alle norme internazionali di qualità ISO. «Parecchi genitori che decidono di iscrivere i figli al nostro istituto sono attivi nel mondo imprenditoriale. Di conseguenza, apprezzano questa iniziativa».
Oggigiorno, secondo il parere di parecchi direttori, non è più possibile gestire una scuola svizzera all’estero in base a una visione esclusivamente “elvetica”. Infatti, soltanto il 25% degli studenti proviene da famiglie interamente rossocrociate.
«Originariamente l’idea era quella di consentire ai figli degli industriali svizzeri espatriati di proseguire poi gli studi nella Confederazione», ricorda Derrick Widmer. Il concetto, anche grazie alla grande mobilità, si è poi evoluto: «Chi ha frequentato una scuola svizzera, sarà sempre un amico della Svizzera. Si tratta di una constatazione importante in mondo globalizzato».
Carole Wälti, Friburgo, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)
Attualmente all’estero vi sono 17 scuole svizzere riconosciute, situate in Europa, Africa, Asia e America latina. Sono frequentate da 6’700 allievi circa, di cui 1’800 circa di nazionalità svizzera. I professori sono circa 500; la metà di loro possiede il passaporto elvetico.
Per il 2008, nonostante il parere contrario del governo, il parlamento ha approvato un credito di 20 milioni di franchi destinato alle scuole svizzere all’estero (2007: 16,7 milioni).
Negli anni passati le scuole sono state colpite da misure di risparmio (-12% tra il 2004 e il 2007) che hanno portato a ridurre gli stipendi degli insegnanti, aumentare le tasse scolastiche e rinunciare agli investimenti nelle infrastrutture.
La legge fissa la proporzione minima degli studenti svizzeri: 30% nelle scuole di piccole dimensioni, 20% in quelle grandi.
La maggior parte delle scuole consente ai ragazzi di seguire i corsi fino alla maturità liceale che dà diritto di frequentare le università del paese ospitante.
In caso di necessità, gli allievi svizzeri possono essere dispensati parzialmente o interamente dalla retta d’iscrizione.
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