Gli accordi bilaterali restano il perno della politica europea
Il governo svizzero vuole proseguire la via degli accordi bilaterali con l'Ue, considerati a medio termine il miglior modo di difendere gli interessi diplomatici ed economici della Confederazione.
Approvato mercoledì dal Consiglio federale, il Rapporto Europa 2006 ha sollevato, come d’abitudine, le critiche dei sostenitori dell’adesione all’Ue e degli ambienti isolazionisti.
La via degli accordi bilaterali con l’Ue non va abbandonata, perlomeno fino a quando la Svizzera può continuare a far vale le proprie posizioni nei confronti dei Venticinque, salvaguardando i propri interessi politici e economici.
È la conclusione a cui giunge il Rapporto Europa 2006, adottato mercoledì dal Consiglio federale.
Stando a questo documento, a corto e medio termine gli obiettivi elvetici in materia di politica europea dovranno essere l’applicazione degli accordi bilaterali esistenti, l’approfondimento delle relazioni in alcuni settori considerati interessanti per entrambi e l’impegno a ridurre le disparità economiche e sociali in Europa.
Votazione importante
L’approccio bilaterale, ha sottolineato la consigliera federale Micheline Calmy-Rey durante una conferenza stampa tenuta a Berna, è possibile solo se la Confederazione potrà anche in futuro partecipare alle decisioni nel quadro degli accordi bilaterali, beneficiando di un margine di manovra sufficiente per condurre le sue politiche in modo autonomo.
La responsabile della diplomazia ha menzionato due altri elementi, senza i quali la politica svizzera nei confronti di Bruxelles diventerebbe problematica: la volontà dell’Ue di trovare con gli Stati terzi soluzioni mediante accordi bilaterali e il mantenimento di condizioni quadro economiche favorevoli.
A proposito della partecipazione elvetica alla riduzione delle disparità economiche e sociali in Europa, il ministro dell’economia Jospeh Deiss ha fatto capire che la volontà di Bruxelles di percorrere la via bilaterale con Berna potrebbe dipendere anche dall’esito della votazione sul miliardo di franchi promesso dalla Confederazione in favore del fondo di coesione dell’Ue. Contro tale contributo, destinato a sostenere lo sviluppo dei paesi dell’Est entrati nel 2004 nell’Ue, l’UDC ha lanciato il referendum.
A detta del ministro dimissionario dell’economia, questa consultazione riveste una grande importanza: “Non posso prevedere la reazione dell’Ue, ma a Bruxelles non penso che farebbero finta di nulla in caso di responso negativo”. La nostra posizione diventerebbe più difficile, ha aggiunto Deiss: “L’Ue potrebbe cambiare idea su accordi già conclusi oppure rinviare dossier che ci stanno a cuore”.
Approccio pragmatico
Nel presentare lo spirito che pervade il rapporto, sia Micheline Calmy-Rey che Joseph Deiss hanno voluto enfatizzare l’approccio pragmatico nelle relazioni con l’Europa.
“Non si tratta di ridurre le nostre relazioni con l’Europa alla semplice questione adesione sì, adesione no”, ha sottolineato la responsabile della diplomazia svizzera.
Nell’abbordare il tema delle nostre relazioni con l’Ue, ha aggiunto Joseph Deiss, non abbiano tenuto conto solo degli aspetti economici, ma anche degli ideali e dei valori comuni che condividiamo con Bruxelles e di quanto la Svizzera può fare per contribuire a un’Europa prospera e pacifica.
Tenendo conto della velocità con la quale muta il contesto europeo, è difficile dare risposte definitive. Al momento, “dopo un’attenta analisi si è rivelato che la via bilaterale è quella che difende meglio i nostri interessi.
In un prossimo futuro, ha aggiunto Deiss, “dovremo anche stabilire se non valga la pena approfondire le nostre relazioni con Bruxelles su dossier a noi cari, come l’elettricità, la sanità, oppure la partecipazione al sistema satellitare europeo Galileo”.
Critiche da sinistra e destra
Nel suo intervento, Micheline Calmy-Rey ha sottolineato la necessità di sviluppare nei confronti di Bruxelles una politica dinamica e flessibile, come dinamico è il contesto europeo.
La responsabile della diplomazia ha anche evocato la possibilità della cooperazione multilaterale (vedi SEE), di un’adesione à la carte o di un’adesione completa all’Ue. Nessuna di queste opzioni può essere scartata “poiché l’obiettivo consiste nel trovare in ogni momento la soluzione che permette alla Svizzera di tutelare in modo ottimale i propri interessi”.
Nonostante queste parole di Micheline Calmy-Rey, il Rapporto Europa 2006 ha sollevato critiche da destra e sinistra.
Per i socialisti, sostenitori di un’adesione all’Ue, il rapporto è privo di coraggio e di una visione a lungo termine. Secondo l’Unione democratica di centro e l’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente, il testo presentato dal governo non si distanzia invece abbastanza dall’Ue.
swissinfo e agenzie
Dopo il rifiuto popolare della proposta di adesione allo Spazio economico europeo nel 1992, il governo svizzero ha seguito la via degli accordi bilaterali con l’Ue.
Un primo pacchetto di accordi relativi a 7 settori, tra cui la libera circolazione delle persone, è entrato in vigore nel 2002.
Un secondo pacchetto, firmato nel 2004, comprende l’adesione della Svizzera ai trattati di Schengen e Dublino sulla lotta alla criminalità e il controllo del flusso di richiedenti l’asilo. Combattuti da un referendum, questi accordi sono stati accettati dal popolo svizzero nel giugno 2005.
La prossima tappa degli accordi bilaterali potrebbe concernere, tra l’altro, il mercato dell’elettricità e la partecipazione della Svizzera al sistema di navigazione satellitare Galileo.
Le esportazioni della Svizzera verso l’Ue superano 80 miliardi di franchi all’anno (60% del volume totale).
Le importazioni dall’Ue raggiungono 110 miliardi (80% del volume totale).
Le imprese svizzere attive nei 25 paesi dell’Ue occupano 850’000 persone.
Circa il 60% della popolazione straniera residente in Svizzera, ossia oltre 900’000 persone, proviene dall’Ue.
Il 60% degli svizzeri residenti all’estero (oltre 380’000 persone) vivono nei paesi dell’Ue.
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