Quando lupi e agnelli governano insieme
Un governo in cui sono rappresentati tutti i principali partiti, dai socialisti alla destra conservatrice: chi immaginerebbe mai una cosa simile? Gli svizzeri! Nella Confederazione questo sistema funziona da decenni. È una conseguenza diretta della democrazia diretta.
Questo articolo fa parte di #DearDemocracy, la piattaforma di swissinfo.ch sulla democrazia diretta. Qui, oltre a giornalisti interni della redazione, si esprimono anche autori esterni. Le loro posizioni non corrispondono necessariamente a quelle di swissinfo.ch.
Nel maggio 2017, quasi 50 anni dopo quello della grande contestazione sessantottina di Parigi, la Francia è stata scossa da un forte terremoto politico: Emmanuel Macron è stato eletto presidente della Repubblica con un risultato netto.
Certo, Macron era stato un ministro sotto il suo predecessore François Hollande. Ma è come leader del nuovo movimento civile En Marche! che ha vinto le elezioni presidenziali.
Benché al primo turno avesse ottenuto solo il 24% dei suffragi, molti elettori al secondo turno hanno visto in lui il minore dei due mali, perché l’unica alternativa era Marine Le Pen del Fronte Nazionale, il partito della destra nazionalista. In Francia, la formula è: “Il vincitore si piglia tutto”! La Grande Nation da allora è tutta En Marche!
Quattro mesi dopo, anche in Svizzera è stato ricomposto il governo. Uno dei sette seggi dell’esecutivo federale doveva infatti essere occupato in seguito alle dimissioni del ministro degli affari esteri Didier Burkhalter.
Rispetto al confinante grande paese occidentale, l’avvicendamento nel governo elvetico è stato molto meno spettacolare. Solo un partito si è presentato all’elezione.
Nessuno ha contestato la rivendicazione del Partito liberale radicale (PLR) di detenere nuovamente il seggio vacante. L’unica questione era quindi chi scegliere tra i tre candidati presentati dal partito di centro-destra.
La tensione nelle elezioni governative in Svizzera è diversa. Questo perché vige la cosiddetta concordanza, ossia il sistema di ripartizione del potere instaurato da decenni in seno all’esecutivo federale. Invece di concentrare il potere nelle mani di un partito, come in Francia, tutte le principali formazioni politiche sono rappresentate nel governo proporzionalmente alla loro forza.
In concreto, ciascuno dei tre maggiori partiti in parlamento – Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), Partito socialista (PS) e PLR – detiene due seggi in governo. Il Partito popolare democratico (PPD), il quarto partito in ordine di grandezza, ne detiene uno.
La formula magica che di magico ha ben poco
Questa costellazione è nota con il termine misterioso di “formula magica”. I partiti al governo non trovano necessariamente magica l’intesa: in un governo consensuale, raramente è possibile ottenere risultati eclatanti. Regnano invece stabilità e la regola del minimo comune denominatore.
I partiti non partecipano per puro piacere a questo gioco del compromesso, ma per puro calcolo strategico. Perché la concordanza è molto direttamente legata alla democrazia diretta.
Altri sviluppi
Una “formula magica” per distribuire i seggi in governo
Una via d’uscita dallo stallo permanente
Uno sguardo alla storia lo dimostra. Al momento della fondazione dello Stato federale svizzero, nel 1848, il governo era composto di un solo partito: tutti i sette consiglieri federali erano liberali radicali.
Il loro lavoro era però laborioso, perché il referendum obbligatorio e – dal 1874 – quello facoltativo permettevano all’opposizione di combattere in continuazione le proposte del partito di governo nelle votazioni popolari.
Gli acerrimi nemici dei liberali radicali, i conservatori cattolici (predecessori, portavano ogni legge importante davanti al popolo e riuscivano a bloccare molti piani del governo. Questo fu per esempio il caso della nazionalizzazione delle ferrovie. Per uscire dallo stallo, alla fine i liberali radicali furono d’accordo di cedere un seggio governativo all’opposizione conservatrice.
Socialisti per ultimi sulla barca
In seguito, i conservatori ricevettero un secondo mandato e anche il Partito dei contadini, degli artigiani e dei borghesi (PAB), l’attuale UDC, fu coinvolto nella responsabilità del governo con un seggio.
L’integrazione dei socialisti, che nella prima metà del XX secolo diventarono il partito con la più grande forza elettorale, richiese più tempo. Solo nel 1943 i cosiddetti partiti borghesi accordarono un seggio governativo al PS.
Dopo un breve periodo all’opposizione, i socialisti nel 1959 ricevettero finalmente due seggi nel governo federale. Nacque così la formula magica. In linea di principio, è sopravvissuta fino ad oggi, con l’UDC nel frattempo diventata il partito più forte che ora detiene due seggi, e il PPD, indebolitosi, che adesso ne detiene solo uno.
Coinvolgimento dell’opposizione
Un seggio in Consiglio federale, per un partito non significa essere obbligato a sostenere tutte le decisioni del collegio. Tuttavia, la sua partecipazione gli consente di contribuire alla definizione della politica del governo federale, in modo da poter essere maggiormente d’accordo.
In pratica, i partiti governativi sostengono le decisioni dell’esecutivo nella maggior parte dei casi, ma si prendono anche la libertà di assumere posizioni diverse su alcune questioni.
Nel caso dei conservatori cattolici, il coinvolgimento nella responsabilità del governo fu un successo. Il loro primo consigliere federale, il lucernese Josef Zemp, contribuì alla nazionalizzazione delle ferrovie – e quindi alla nascita delle Ferrovie federali svizzere – imprimendo una svolta, dopo che il suo partito si era fortemente opposto.
Anche i socialisti con il loro ingresso nel governo furono in una certa misura “addomesticati”. E questo a dispetto del fatto che la stampa liberale radicale avesse messo in guardia contro l’elezione di un secondo socialista in governo nel 1959. I “lupi” non avrebbero pascolato pacificamente con gli “agnelli” se fossero stati insieme al governo, aveva scritto allora quella stampa.
Stabilità fragile
Nonostante tutti i dubbi, i lupi e gli agnelli nel governo svizzero sono riusciti a convivere. Nel recente passato, tuttavia, la stabilità creata dalla concordanza è diventata fragile.
Fin dagli anni ’70, i quattro partiti al governo hanno adottato la stessa posizione in più della metà delle votazioni popolari. Oggi la loro unanimità è diventata più eccezionale. Oltre al PS, oggi è soprattutto l’UDC che si oppone regolarmente al Consiglio federale.
Negli ultimi anni la politica svizzera si è sempre più polarizzata. Al contempo, la concorrenza tra i partiti si è intensificata. Essi sono sottoposti a una maggiore pressione per profilarsi. I compromessi servono raramente a tal fine.
Dove porterà il nuovo corso?
Anche il futuro della concordanza è quindi incerto. Tutti i partiti si riconoscono ancora in essa. Al tempo stesso, tuttavia, il loro interesse per le soluzioni consensuali sta diminuendo.
Questo può diventare un problema, anche perché le riforme stanno diventando sempre più urgenti in vari settori. Per esempio quelle relative alla previdenza per la vecchiaia o all’imposizione delle imprese. Raggiungere il successo in questi campi in un sistema di democrazia diretta, nell’era della disintegrazione del consenso, diventa sempre più difficile.
Serie “Toolbox”
In Svizzera c’è un sistema combinato di democrazia rappresentativa (indiretta) e democrazia diretta. Quest’ultima è sviluppata come in nessun altro paese. Lo dimostra, tra l’altro, l’elevato numero di votazioni federali svoltesi fino ad oggi: più di 620, un “record mondiale”.
In una serie di contributi per #DearDemocracy, Lukas Leuzinger esamina i più importanti e fondamentali strumenti, meccanismi e processi della democrazia diretta in Svizzera.
L’autore ha studiato scienze politiche all’università di Zurigo. Oggi lavora come giornalista e cogestisce il blog politico “Napoleon’s Nightmare”.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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