I figli degli immigrati fra integrazione ed esclusione
I genitori rappresentavano una forza lavoro a buon mercato. Loro, i figli degli immigrati italiani e spagnoli, hanno risalito la scala sociale.
Ben integrati e capaci di conciliare meglio lavoro e famiglia rispetto ai coetanei svizzeri, i «secondos» hanno un solo problema: l’esercizio dei diritti politici.
Che ne è stato dei figli dei lavoratori italiani e spagnoli che arrivarono in Svizzera negli anni Sessanta? L’opinione comune li voleva in bilico tra due mondi, incapaci di sentirsi a casa sia in Svizzera sia nel paese d’origine dei genitori. Si pensava poi che avessero difficoltà a scuola, che fossero attivi soprattutto come operai poco qualificati, che le ragazze fossero relegate a casa dietro i fornelli.
Pregiudizi: è questa la conclusione alla quale arriva uno studio del Fondo nazionale svizzero per la ricerca. In realtà i figli e i nipoti degli immigrati hanno in genere una buona formazione, hanno successo nel mondo del lavoro e hanno meno problemi dei loro coetanei svizzeri nel conciliare attività professionale e famiglia.
«Questo avanzamento della seconda generazione non è una novità nel campo della ricerca internazionale sull’argomento» racconta a swissinfo Rosita Fibbi, una delle autrici dello studio. «L’opinione pubblica svizzera è però rimasta all’immagine degli immigrati appena giunti nel paese. Gli stranieri vengono percepiti come molto diversi e si ritiene debbano restarlo per generazioni. Il nostro studio dimostra che non è così».
Dalla valigia di cartone alla laurea
I risultati dello studio, condotto su 400 giovani italiani e spagnoli residenti nei cantoni di Ginevra e Basilea città non stupiscono più di tanto Claudio Micheloni, membro del comitato di presidenza del Consiglio generale degli italiani all’estero.
«Non bisognerebbe però dimenticare realtà come quella di Zurigo, dove molti figli d’immigrati vivono in una specie di ghetto ed hanno pochi contatti con i loro coetanei svizzeri. O studi come quello pubblicato qualche anno fa dal canton Ticino che illustrava come i figli degli italiani avessero un cursus scolastico peggiore rispetto a bambini provenienti da altre comunità», fa notare a swissinfo Micheloni.
Arrivato in Svizzera a 10 anni, Micheloni mette l’accento sulla sfida raccolta dalla seconda generazione. «I nostri genitori sono venuti con la laurea della valigia di cartone. Non ci hanno trasmesso la cultura italiana con la C maiuscola, la cultura accademica. Ci hanno trasmesso i valori del popolo italiano, i valori della famiglia e della civiltà contadina».
Grazie anche alle scuole e alle strutture trovate in Svizzera ai figli degli immigrati è stato possibile raggiungere un buon livello di formazione. Per molti però è stato un percorso traumatico, teso all’integrazione e sfociato a volte nel rifiuto della cultura d’origine. «Ora la terza generazione non ha più questo tipo di problemi, si ritrova con genitori che hanno ammortizzato lo choc dell’emigrazione», conclude Micheloni.
Diversi in famiglia
Se da un punto di vista della formazione scolastica e del mercato del lavoro non si riscontrano differenze sostanziali tra i giovani italiani o spagnoli e i ragazzi svizzeri, le cose cambiano quando si parla di aspetti famigliari.
«I “secondos” rimangono più a lungo con i genitori e hanno un senso della famiglia molto spiccato che favorisce lo scambio intergenerazionale» rileva Rosita Fibbi. «I genitori aiutano i figli finanziariamente e si occupano dei nipoti, mentre i giovani ricambiano occupandosi delle questioni amministrative».
La disponibilità dei nonni spiega forse il fatto che le donne di origini italiane o spagnole, dopo una maternità, rinuncino meno spesso delle madri svizzere al lavoro. Per Claudio Micheloni però non si deve sopravvalutare l’impatto della famiglia che, anche nei paesi latini, sta diventando più un mito che una realtà. «Mi sembra piuttosto un dato legato alla storia della migrazione, che mette in genere il lavoro al primo posto dei valori».
Il problema della cittadinanza
Il quadro della situazione dei figli degli immigrati, tutto sommato positivo, è però offuscato dall’annoso problema dell’acquisizione della cittadinanza svizzera. Forse anche per questo è più difficile trovare «secondos» che lavorano nell’amministrazione.
Il 57% degli intervistati non ha la doppia cittadinanza e questo anche se è nato e cresciuto in Svizzera. Il 47% inoltre non aspira ad un cambiamento della situazione. «Il fatto che siano integrati socialmente ma non coinvolti da un punto di vista politico è un problema per tutta la società» spiega Rosita Fibbi. «Si rischia di andare incontro ad una depoliticizzazione dell’opinione pubblica». E a farne le spese è la democrazia.
Ma perché questa reticenza a richiedere la nazionalità svizzera? Da un lato ci sono la minaccia del servizio militare, le lungaggini burocratiche, il ricordo delle discriminazioni subite dai genitori. Dall’altro una nuova presa di coscienza da parte dei «secondos» che ritengono un loro diritto il conseguire automaticamente la cittadinanza del paese in cui sono nati e cresciuti.
«I secondos hanno ragione» commenta Micheloni. «La cittadinanza dovrebbe essere data loro automaticamente. Si potrebbero così evitare reazioni psicologiche irrazionali, come il fatto di sentirsi offesi nel dover “comprare” il passaporto dopo un vita passata in Svizzera. D’altro canto come svizzero mi sento offeso nel dover “vendere” la mia nazionalità: non è una merce, è un atto culturale».
swissinfo, Doris Lucini
Intervistati 400 giovani di origine italiana e spagnola e 200 giovani svizzeri (gruppo di controllo)
Età tra i 18 e i 35 anni
Residenti nei cantoni di Ginevra e Basilea città
Il 43% dei «secondos» intervistati ha la doppia cittadinanza
Il 43% è ancora straniero e vuole rimanerlo
Il 14% è straniero ma pensa di richiedere la cittadinanza elvetica
L’80% è nato in Svizzera, il 90% ha passato la maggior parte della propria vita nella Confederazione
Lo studio di Claudio Bozman, Rosita Fibbi e Marie Vial «Secondas – Secondos. Le processus d’intégration des jeunes adultes issus de la migration espagnole et italienne en Suisse» è pubblicato da Seismo, Zurigo.
I risultati sono di particolare interesse in vista della votazione sul progetto di legge proposto dalla consigliera federale Ruth Metzler. Il Consiglio nazionale ha già approvato la proposta che prevede, tra l’altro, di facilitare il processo di naturalizzazione per la seconda generazione e di concedere automaticamente la cittadinanza ai bambini della terza generazione (sempre che i genitori siano d’accordo).
Sul progetto dovrebbe preso in esame dal Consiglio degli Stati nel corso dell’attuale sessione parlamentare. Poi, trattandosi di una modifica costituzionale, la parola passerà al popolo. La destra ha già annunciato che combatterà il progetto mentre il parere degli ambienti legati all’emigrazione è favorevole.
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