I membri del Parlamento sono davvero neutrali?
Sotto la cupola di un Palazzo federale brulicante di gente durante le sessioni parlamentari, spesso lobbisti e addetti alle pubbliche relazioni della vecchia guardia passano inosservati quando tentano di esercitare la loro influenza.
A poche settimane dalle elezioni federali, si moltiplicano gli interrogativi sull’indipendenza dei politici svizzeri e in particolare sulla misura in cui lobbisti e gruppi di interesse influenzano il loro modo di votare.
Perlopiù attivi in politica a tempo parziale, i parlamentari svizzeri sono chiamati a votare su questioni sempre più complesse che non di rado vanno ben oltre le loro competenze.
Secondo il professore Andreas Ladner dell’Istituto superiore di studi in amministrazione pubblica, i lobbisti e i gruppi di interesse non fanno altro che riempire un vuoto dovuto alla mancanza di tempo e risorse per reperire le informazioni indispensabili per poter esprimere un voto informato.
“I politici – spiega il professore – hanno bisogno di informazioni, ma i partiti alle loro spalle non sono molto forti e non dispongono di un mucchio di persone attive negli ambiti più diversi in grado di fornire loro le informazioni di cui necessitano.”
“Così, sono costretti a rivolgersi a persone che ne sanno più di loro e solitamente queste persone fanno i loro [legittimi] interessi.”
Tuttavia, secondo Fredy Müller, presidente della Società svizzera degli affari pubblici (SSPA), l’organizzazione mantello dei lobbisti che conta oltre 220 membri, molte delle persone che gremiscono il Parlamento, non sono lobbisti professionisti, ma addetti al marketing di società oppure gente che lavora per altri gruppi di interesse.
Chi sono i lobbisti e i gruppi di interesse?
La SSPA, prosegue Müller, ha chiesto più volte al Parlamento di creare un registro o un sistema di accreditamento per i lobbisti e altri gruppi di interesse in nome di una maggiore trasparenza.
“Da lobbista professionista, vorrei sapere chi frequenta Palazzo federale,” spiega il presidente della SSPA. “Durante le affollate sessioni parlamentari, infatti, la maggior parte delle persone presenti non è costituita da lobbisti. Ma ciò che mi preme di più è sapere chi influenzerà le discussioni e i dibattiti, e se il nome di queste persone è registrato da qualche parte. Insomma, noi della SSPA vorremmo svolgere il nostro lavoro in modo trasparente.”
Senza andare per il sottile, il consigliere nazionale UDC Lukas Reimann ha lanciato un’iniziativa popolare multipartitica (non sostenuta dal suo schieramento) per obbligare i membri del Parlamento a dichiarare da chi ricevono compensi o altre indennità e quali conflitti di interesse potrebbero avere nelle diverse commissioni.
“Ho visto moltissimi politici non fare ciò che volevano o non fare il bene della popolazione o del Paese e votare in un modo piuttosto che nell’altro solo perché erano stati pagati da lobbisti,” dichiara Reimann.
Il consigliere nazionale democentrista, del resto, ha anche chiesto la creazione di un registro per lobbisti e gruppi di interesse, mentre altri suoi colleghi di sinistra hanno inoltrato iniziative parlamentari analoghe per esigere che i lobbisti vengano accreditati alla stessa stregua dei giornalisti.
Tali richieste non sono cadute completamente nel vuoto: dal 2012, infatti, un elenco con i nominativi di tutte le persone che hanno accesso a Palazzo federale o che vi sono state invitate da politici sarà pubblicato su Internet.
Politici a tempo parziale
In Svizzera, quello del parlamentare è per tradizione un lavoro a tempo parziale ed è risaputo che i politici percepiscono anche salari da altre attività. Basti pensare che nell’attuale Parlamento siedono manager, agricoltori, avvocati, sindacalisti, insegnanti e medici, per citare solo alcuni esempi.
“Alcuni di essi figurano sul libro paga di grosse società – afferma Ladner – e quando sono chiamati a decidere in seno alle commissioni, soprattutto in quelle dove non si ha la più pallida idea di cosa stia succedendo, potrebbero benissimo agire più nell’interesse delle loro società che in quello del loro elettorato.”
Secondo il professore, i problemi legati alla trasparenza sono dovuti all’estrema difficoltà nel reperire informazioni, peraltro disponibili, sul chi lavora per chi. Insomma, in materia di trasparenza, altri Paesi sono molto più avanti rispetto alla Svizzera.
Reimann concorda e rincara: “In Svizzera, tutto è nascosto e in un contesto simile è molto difficile eseguire una ricerca. Ovunque vige la massima segretezza ma, considerato anche il rischio di corruzione, questa situazione deve cambiare.”
Pur riconoscendo la necessità di una maggiore trasparenza sul ruolo dei lobbisti in generale, Müller ritiene che i controlli e gli equilibri del sistema democratico svizzero lo rendano impenetrabile a una corruzione evidente.
Se vuoi influenzare un politico, sottolinea il presidente della SSPA, non è sufficiente consegnargli un opuscolo e offrirgli un pranzo, perché, come tutti coloro che esercitano questa professione, teme di essere accusato di faziosità.
“In Svizzera – spiega – si combatte ancora a suon di argomenti e i politici non si possono comperare.”
Resistere senza perdere credibilità
Secondo Müller i motivi che inducono alcuni politici a respingere le richieste di una maggiore trasparenza sono diversi. In gioco vi è la credibilità stessa del sistema democratico e la fiducia che gli elettori ripongono in esso.
“Se siamo sempre più spesso confrontati con un problema di reputazione è perché l’elettore medio non capisce chi fa cosa in politica. Dobbiamo quindi fare chiarezza e dotarci di una lista che mostri agli elettori chi ha quali legami con chi”, sostiene Müller. “In ogni caso, non spetta alle lobby decidere una simile misura, ma ai politici stessi.”
Ladner, dal canto suo, attribuisce la riluttanza di alcuni politici a fornire maggiori informazioni sulle influenze che subiscono dall’esterno a motivi ideologici e precisamente al rifiuto di un’ingerenza dello Stato nei loro affari privati.
“Il problema riguarda semmai coloro che dichiarano di non voler rivelare da chi ricevono soldi perché altrimenti non verrebbero rieletti; in questi casi occorre davvero maggiore trasparenza.” conclude Ladner.
Il parlamento svizzero è composto di due Camere che insieme formano l’Assemblea federale.
Il Consiglio nazionale, che rappresenta il popolo, conta 200 seggi, ripartiti fra i cantoni proporzionalmente alla loro popolazione.
Il Consiglio degli Stati, che rappresenta i cantoni, conta 46 seggi: due per ogni cantone e uno per ogni semicantone.
I membri delle Camere federali sono eletti dal popolo nei rispettivi cantoni. Infatti, ogni cantone forma un circondario elettorale. L’elezione ha luogo ogni 4 anni, la penultima domenica di ottobre.
Le due Camere hanno gli stessi poteri. Per eleggere i membri del governo, il cancelliere della Confederazione, i giudici del Tribunale federale e il procuratore generale della Confederazione, come anche per pronunciarsi su domande di grazia, risolvere conflitti di competenza tra le autorità federali supreme, prendere atto di dichiarazioni dell’esecutivo o per avvenimenti speciali, le Camere si riuniscono nella stessa sala.
Per le altre deliberazioni, invece, si riuniscono separatamente. Ogni oggetto trattato necessita l’approvazione di entrambe.
Dei 200 membri del Consiglio nazionale:
24 lavorano nell’agricoltura o in settori a essa connessi.
33 lavorano come manager.
30 esercitano una professione legale.
15 lavorano nel settore dell’educazione.
24 si occupano solo di politica.
19 lavorano per sindacati o associazioni.
Altri consiglieri nazionali sono attivi nei settori IT, trasporti, commercio, media, sociale e sanità.
Fonte: www.parlament.ch
Traduzione e adattamento di Sandra Verzasconi Catalano
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