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“I paesi africani devono esercitare pressioni su Mugabe”

Attivisti del partito Zanu-PF impegnati in una campagna di violenza contro l'opposizione Keystone

Mentre nello Zimbabwe la stuazione si fa più drammatica di ora in ora, l'ambasciatore svizzero a Harare ritiene che l'ex colonia britannica debba essere messa sotto pressione dalle organizzazioni regionali.

Intanto il governo di Robert Mugabe ha dichiarato martedì che il secondo turno delle elezioni presidenziali avrà comunque luogo malgrado il ritiro del leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai. Eppure il suo partito, il Movimento per il cambiamento democratico (MCD), nel primo turno dello scrutinio aveva ottenuto il migliore risultato.

Il clima di enorme violenza e persecuzione politica, condannato lunedì dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, ha inevitabilmente compromesso la consultazione elettorale. Unanime l’ONU nel dichiarare impossibili elezioni libere e giuste.

I capi di stato di Tanzania, Angola e Swaziland, si sono incontrati mercoledì in quest’ultimo paese per uno scambio di vedute sulla crisi che sta lacerando l’ex colonia britannica. Assente invece il presidente sudafricano Thabo Mbeki – nominato mediatore per lo Zimbabwe – la cui diplomazia tranquilla nei confronti di Robert Mugabe è al centro di critiche.

“Bisognerebbe esercitare delle pressioni – spiega a swissinfo l’ambasciatore svizzero Marcel Stutz – per convincere il governo dello Zimbabwe a organizzare elezioni libere e giuste”. Ma le voci che vengono al di fuori dei confini africani, hanno davvero uno scarso effetto.

“Una presa di posizione da parte dell’Unione europea o della Svizzera può assumere un certo peso e avere un certo valore – osserva il diplomatico – ma di sicuro non costituisce una priorità per il governo dello Zimbabwe. Le pressioni, per essere efficaci, dovrebbe venire prima di tutto dalla Comunità di sviluppo dell’Africa australe e dall’Unione africana”.

Secondo Marcel Stutz il paese africano funziona ancora, ma la situazione si è nettamente deteriorata negli ultimi giorni. “La popolazione – sottolinea – ha paura, la gente non sa che cosa aspettarsi”.

Il leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai, che ha trovato rifugio presso la missione diplomatica dei Paesi Bassi, ritiene che le violenze ordinate dallo stato contro i suoi sostenitori, rendono impossibile nuove e regolari elezioni. Il segretario generale dell’MCD, Tendai Biti, è attualmente in carcere per tradimento. Rischia la pena di morte.

Violenza estrema

In seguito all’incontro di lunedì della Comunità di sviluppo dell’Africa australe, il segretario generale Tomaz Salomao ha confidato ai giornalisti che l’organizzazione condivide i timori di Morgan Tsvangirai, secondo cui il paese è sprofondato in un clima di estrema violenza.

L’esistenza di una scia di terrore è stata del resto confermata anche da un militante dei diritti dell’essere umano. Giunto dallo Zimbabwe a Ginevra per prendere la parola davanti al Consiglio dei diritti umani, Prosper Muntasi – segretario centrale del Movimento degli studenti cristiani dello Zimbabwe – ha parlato di brutalità nei confronti dei membri e dei sostenitori dell’opposizione.

“L’atmosfera politica è molto tesa e la violenza – racconta Muntasi a swissinfo – è esplosa in tutto il paese. Tanto nelle zone urbane che in quelle rurali, molte persone vengono prese e riempite di botte. Giovani appartenenti alle milizie dello stato, colpiscono ovunque”.

Del resto lui stesso ha dovuto rinviare la partenza di una settimana perché il 12 giugno scorso le forze di sicurezza dello Zimbabwe sono entrate nel suo ufficio e l’hanno arrestato. E con lui altre nove persone.

In visita martedì al Centro di Studi africani di Basilea e interpellato sulle proprie scelte politiche, Prosper Muntasi ha spiegato che “tutti coloro che lavorano per un’organizzazione non governativa, per organizzazioni sociali e vicine alla chiesa, sono considerati dal governo simpatizzanti dell’opposizione”.

Politica alimentare

Secondo Prosper Muntasi la vita della popolazione è nettamente e drammaticamente peggiorata. “In questi cinque anni il governo ha fallito nel compito di nutrire la propria gente”. La situazione economica, secondo l’ambasciatore svizzero, è un disastro. “Il tasso di inflazione aumenta del 10-20% al giorno. L’anno scorso il Programma alimentare mondiale (PAM) delle Nazioni Unite ha potuto aiutare un terzo della popolazione. Quest’anno ne potrà aiutare la metà”.

Ma il condizionale è d’obbligo, dal momento che nel mirino del regime c’è la distribuzione del cibo. All’inizio del mese il governo di Mugabe ha ordinato alle organizzazioni umanitarie di sospendere le loro azioni nel paese, ree di prestare man forte all’opposizione.

Gli svizzeri presenti nel paese africano, tra cui anche degli agricoltori, per ora restano dove sono. “Sono in Zimbabwe da molto tempo e hanno perciò molta esperienza. Le assicuro – conclude Marcel Stutz – che non si lasciano prendere dal panico facilmente”.

(traduzione e adattamento dall’inglese Françoise Gehring)

Robert Mugabe, classe 1924, è ininterrottamente al potere dal 1980. È il leader del partito “Zimbabwe African National Union” (ZANU).

Celebrato all’inizio come uno dei padri dell’indipendenza dall’ex colonia britannica, Mugabe è l’artefice di una riforma agraria disastrosa, culminata con l’espropriazione delle terre appartenenti ai bianchi, dopo aver trascinato il paese in una devastante spirale economica.

Il vecchio leader è regolarmente accusato dai paesi occidentali per portare il paese alla rovina. E lui accusa l’occidente di mentire sulle violenze in corso nel paese, usate come pretesto per intervenire negli affari interni del paese.

Sotto i riflettori della comunità internazionale, Mugabe non ha escluso l’eventualità di negoziare con il leader dell’opposizione, ma non intende sospendere le elezioni. Il secondo turno avrà pertanto luogo venerdì.

Ecco gli stati membri della Comunità di sviluppo dell’Africa australe:

Angola
Botswana
Repubblica democratica del Congo
Lesotho
Madagascar
Malawi
Mauritius
Mozambico
Namibia
SudafricaSwaziland
Tanzania
Zambia
Zimbabwe

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