I poli estremi più forti – La Svizzera è ancora governabile?
La sinistra e la destra escono rafforzate dalle elezioni federali, mentre il centro è in caduta libera.
Una situazione che renderà più difficile la governabilità del paese e che costringerà forse i partiti a una discussione di fondo su un programma per la prossima legislatura.
Tutti gli analisti sono concordi: la Svizzera esce più che mai polarizzata da queste elezioni federali.
Da un lato, si può parlare di un’altra vittoria storica della destra dura, con 11 seggi supplementari conquistati anche questa volta dal partito di Blocher e Maurer, dopo la grande avanzata già compiuta quattro anni fa. Un elemento nuovo è il fatto che sia riuscita a sfondare nella Svizzera romanda: questo le conferisce una nuova dimensione nazionale.
Sul fronte opposto, i socialisti e i verdi si impongono e consolidano le loro posizioni cumulando insieme 5 seggi in più rispetto al 1999. Grandi sconfitti i due partiti di centro, i liberali e i popolari democratici, che insieme perdono 14 seggi.
Il declino dei popolari democratici era previsto. Sorprende invece il calo di liberali radicali: gli elettori sembrano non avere per niente apprezzato le proposte del ministro Pascal Couchepin di innalzare l’età della pensione.
Il risultato può essere interpretato come una vera e propria svolta a destra, come un segnale in favore di personaggi politici più profilati. Ma anche come un voto di protesta degli elettori nei confronti della politica dei partiti tradizionali, che negli ultimi anni si sono ritrovati al centro di grossi scandali politico-finanziari.
Sono anche stati percepiti come lontani dalle preoccupazioni del cittadino comune, come il sentimento d’insicurezza o gli abusi – presunti o veri – nel settore dell’asilo politico. Preoccupazioni che l’UDC ha saputo strumentalizzare e far fruttare elettoralmente.
Quale governabilità?
Il risultato getta un’enorme ipoteca sulla futura governabilità del paese. Ci si trova effettivamente di fronte all’incompatibilità di fondo degli schieramenti politici ai due poli del sistema politico. La formula in vigore fin qui, anche se non ha sempre funzionato al meglio, potrebbe avere i giorni contati.
La sostituzione del consigliere federale dimissionario Kaspar Villiger, prevista il prossimo 10 dicembre, sarà il primo vero banco di prova dei nuovi equilibri usciti dalle urne.
L’UDC è d’altronde già uscita allo scoperto, con la rivendicazione di un seggio in governo. Il presidente del partito Ueli Maurer ha lanciato nella battaglia il tribuno Christoph Blocher, l’esponente di maggior spicco dell’ala dura del partito, e ha posto un ultimatum: se il 10 dicembre Blocher non sarà eletto, abbandoneremo il governo.
Un modo di fare – “una nuova provocazione dell’UDC” – che ha sconcertato molti protagonisti della vita politica svizzera. Passato il momento di comprensibile sdegno per questa rivendicazione, giudicata arrogante e brutale, è chiaro che bisognerà sedersi a un tavolo e discutere.
Discutere su un programma politico comune, su una linea da seguire per i prossimi quattro anni e sulle alleanze da concludere. Nessuno può dire oggi se in Svizzera assisteremo veramente a uno spostamento verso destra del baricentro politico dell’esecutivo federale o se si andrà verso un’alleanza fra centro e sinistra.
Una riflessione di fondo
Ma qualunque sia la direzione scelta per governare durante i prossimi quattro anni, gli strumenti del sistema democratico svizzero – l’iniziativa popolare e il referendum – potrebbero rivelarsi fatali per la governabilità del paese. Si potrebbero infatti prestare senza problemi per un uso strumentale, permettendo di bloccare qualsiasi decisione del parlamento o del Consiglio federale.
Gli stati maggiori dei partiti, vincitori e vinti, saranno all’opera a partire da lunedì mattina. In primo luogo per affrontare la scadenza del 10 dicembre, data dell’elezione del Consiglio federale.
Ma più in là bisognerà aprire una riflessione globale sul funzionamento del sistema politico svizzero. Bisognerà passare al vaglio le sue qualità, ma anche le sue debolezze. Un dibattito che durante la campagna è mancato.
swissinfo, Mariano Masserini
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