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I sette problemi dell’Esercito svizzero

Soldati dell'esercito elvetico.
Soldati dell'esercito elvetico. KEYSTONE

L’Esercito svizzero si trova a dover fronteggiare alcune sfide colossali. Ecco un’analisi dei sette problemi da risolvere.

L’Esercito svizzero non è all’altezza delle complessità della nostra epoca. Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, nel Vecchio Continente serpeggia insicurezza; occorre sviluppare un apparato di difesa più efficace, e su questo aspetto tutti gli schieramenti politici svizzeri sono d’accordo. Il Parlamento ha già deciso di aumentare all’1% del prodotto interno lordo le risorse da destinare alla difesa a partire dal 2032.

Va detto però che l’Esercito svizzero non ha mai vantato una grande forza di combattimento, e a questa debolezza ora se ne aggiungono altre sette. Secondo le esperte e gli esperti del settore, infatti, la persona che succederà a Viola Amherd alla guida del Ministero della difesa dovrà venire a capo di una serie di problemi, che analizziamo in questo articolo.

1. Mancanza di una strategia

soldatessa dell'esercito svizzero
Soldatessa dell’esercito svizzero. KEYSTONE

In passato l’Esercito svizzero ha sempre adeguato le proprie risorse alle minacce del momento, sviluppando una dopo l’altra svariate strategie. Questi piani erano importanti per far comprendere alla popolazione e alle truppe il senso e lo scopo delle spese sostenute, talvolta esorbitanti.

Priska Seiler Graf del PS
Priska Seiler Graf. Keystone / Anthony Anex

L’ultima riforma avviata nel solco di questa logica risale al 2010, ma da allora il quadro geopolitico è cambiato in modo radicale, e attualmente manca un modello adeguato da seguire. Alla luce dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è chiaro che l’esistenza di un esercito nazionale appare legittima, ma nel contempo l’apparato di difesa svizzero sembra un po’ aver perso la bussola di fronte alle tante complessità che si trova a dover affrontare.

Guerre ibride, sviluppi fulminanti in ambito digitale e il ritorno degli scontri tra carri armati – tutti elementi che in questa equazione non vanno trascurati –. “Ci troviamo di fronte a una serie di liste di desideri. Ma per stabilire le priorità occorre una strategia”, chiosa la consigliera nazionale Priska Seiler Graf (PSS), presidente della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale.

Werner Salzmann (UDC), incaricato della politica di sicurezza e consigliere agli Stati, aggiunge: “Attualmente la priorità è quella di rendere la Svizzera capace di difendersi in tutti gli ambiti, ma non vi è un piano generale approvato dal Consiglio federale”.

2. . L’aviazione militare e i suoi punti deboli

Veicolo d'epoca degli anni '80
Veicolo d’epoca degli anni ’80: il sistema di difesa aerea Rapier è ancora in servizio presso l’esercito svizzero. Keystone / Gaetan Bally

Chi conosce l’esercito concorda sul fatto che in futuro la difesa aerea rivestirà un’importanza sempre maggiore. Ma è proprio in questo campo che la Svizzera si sta indebolendo, perché entrambi i sistemi necessari a garantire protezione in tale ambito – jet da combattimento e difesa contraerea – sono oggetto di una revisione radicale. Anzi, peggio ancora: sono impantanati in questi processi di revisione.

Gli aerei da combattimento di tipo F/A-18, in servizio da oltre 25 anni, sono sottoposti a un programma di manutenzione che, per via di alcune complicazioni, si protrarrà oltre i termini inizialmente previstiCollegamento esterno. Anche la sorveglianza dello spazio aereo rappresenta un punto debole; i lavori per sviluppare un sistema che sia efficace in caso di emergenza sono ancora in corso. Ma non è finita qui: tali sviluppi procedono con estrema lentezzaCollegamento esterno.

La difesa aerea a medio raggio è completamente obsoleta, e ancora non è chiaro quando sarà disponibile un nuovo sistema. “Non prima della fine degli anni 2020”, afferma Kaj-Gunnar Sievert, portavoce di armasuisse.

L’ordine per il nuovo aereo da combattimento svizzero F-35 è stato effettuato, e otto dei 36 jet dovrebbero essere consegnati nel 2028, anche se la complicata situazione a livello mondiale potrebbe comportare ritardiCollegamento esterno. Resta comunque il fatto che già ora la manutenzione di questo tipo di aereo è considerata estremamente dispendiosa. “Di certo le brutte sorprese non sono finite”, esprime con un certo timore Seiler Graf.

3. Acquisti fuori controllo

Può volare solo accompagnato fino a nuovo ordine: Drone Hermes-900 elvetizzato
Può volare solo accompagnato fino a nuovo ordine: drone Hermes-900 elvetizzato. Keystone / Urs Flueeler

Recentemente, a poca distanza l’una dall’altra, la Delegazione delle finanze del Parlamento e il Controllo federale delle finanze, le due principali entità svizzere di controllo in questo ambito, hanno lanciato un allarme.

A dicembre la Delegazione delle finanze del Parlamento aveva messo in guardia sul fatto che alcuni progetti, per un volume complessivo di 19 miliardi di franchi, avrebbero dovuto far fronte a “ritardi, aumento dei rischi e risorse insufficienti”.

Poi, a metà gennaio, il Controllo federale delle finanze aveva criticato aspramenteCollegamento esterno l’acquisto, per 300 milioni di franchi, di ricognitori telecomandati. Il drone “Hermes-900”, che pure si era dimostrato uno strumento valido, ha subito una “elvetizzazione”, il costoso processo di adattamento di prodotti esistenti per rispondere alle esigenze specifiche della Svizzera. Il dispositivo israeliano, per esempio, deve essere in grado di sorvolare le Alpi, motivo per cui la Svizzera vuole installare un motore diesel e un sistema antighiaccio. Sono anni ormai che queste due migliorie rappresentano un problema enorme. Inoltre, per questi droni la Svizzera intende far sviluppare un sistema di evitamento automatico, capace di impedire le collisioni con i parapendii, ma il risultato è un fiasco. Per il momento i primi cinque droni consegnati sono fermi a terra, e qualora venissero riutilizzati dovranno essere scortati da elicotteri. L’acquisto degli apparecchi sta subendo ritardi abissali.

4. Progetti informatici dell’Esercito svizzero, che disastro

soldato su sedia con scritta cyber sullo schienale
L’infrastruttura cyber dell’Esercito svizzero è un grande cantiere. Keystone-SDA

In Svizzera attualmente i grandi cantieri aperti in ambito digitale sono 22; progetti, questi, di importanza capitale, strategicamente fondamentali, che costano milioni di franchi e sono estremamente complessi. Nove di questi 22 progetti sono competenza del Dipartimento federale della difesa, e nulla sta procedendo secondo i piani. “I progetti che ci preoccupano sono sette”, dichiara il capo dell’esercito Thomas Süssli.

Il progetto principale in ambito digitale riguarda un nuovo sistema operativo proprio, una sorta di “Windows per l’esercito”, e sono ormai dieci anni che si lavora allo sviluppo di tale strumento.

Un sistema di questo tipo deve soddisfare criteri molto precisi, così che il Paese possa contare su un’unica piattaforma in grado di coprire le operazioni belliche dell’Esercito svizzero assicurando la connettività tra tutte le sfere operative: sul terreno, nei cieli, nello spazio, nel cyberspazio, nello spazio elettromagnetico e nel settore dell’informazione. Tutti i sistemi di armamenti devono potervisi connettere, e la totalità dei dati deve rimanere in Svizzera, su server protetti e indipendenti dalla rete elettrica.

Sempre stando alla Delegazione delle finanze del Parlamento anche altri progetti chiave del Dipartimento federale della difesaCollegamento esterno sono destinati a fallire. La Svizzera ha fatto il passo più lungo della gamba? “Trasformare questi progetti in un successo sarà un’impresa difficile”, chiosa Süssli.

5. Le controversie legate alle cooperazioni internazionali

Cooperazione transfrontaliera: l'aeronautica tedesca trasporta un elicottero svizzero durante un'esercitazione in caso di catastrofe.
Cooperazione transfrontaliera: l’aeronautica tedesca trasporta un elicottero svizzero durante un’esercitazione in caso di catastrofe. Keystone / Urs Flueeler

Dopo l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia la Svizzera è finita sotto pressione. Nel 2023 l’ambasciatore USA Scott Miller affermò che “la NATO è, in un certo senso, un donut e la Svizzera il buco in mezzo”. Con queste parole il rappresentante diplomatico degli USA intendeva dire che il Paese incastonato tra le Alpi trae beneficio dalla protezione degli Stati NATO che lo circondano, senza però contribuire in alcun modo alla causa pur non essendo nemmeno in grado di difendersi da solo.

Sotto la guida della ministra della difesa Viola Amherd il Paese si è affrettato ad avviare cooperazioni con l’alleanza di difesa occidentale e con l’Europa. È già stato stabilito che la Svizzera parteciperà al sistema europeo di difesa aerea Sky Shield.

Werner Salzmann
Werner Salzmann dell’UDC. Keystone / Alessandro Della Valle

Queste iniziative però sono fortemente controverse a livello di politica interna, in quanto l’UDC le considera un pericolo per la neutralità svizzera. “La neutralità ci ha protetto ed è parte del piano di difesa della Svizzera”, afferma Salzmann.

Dal punto di vista militare, tuttavia, intraprendere azioni individuali può comportare il rischio di restare soli qualora scoppiasse una guerra. “Viene da chiedersi quale interesse avrebbe la NATO a fornire assistenza a un Paese ricco che continua a fare il minimo necessario per la propria difesa e che rifiuta esso stesso di dare manforte in caso di urgenza”, scrive Mauro Mantovani, rinomato esperto di strategia, sulle colonne della NZZ. In questo contesto la NATO e l’UE non smetteranno di auspicare una maggiore partecipazione della Svizzera. Pertanto, la persona che assumerà la guida del Dipartimento federale della difesa dovrà creare comprensione per la Svizzera all’estero e per i Paesi stranieri in patria, anche nella dinamica che caratterizza le votazioni popolari: l’iniziativa sulla neutralitàCollegamento esterno, lanciata dall’UDC, mira esattamente a scongiurare una collaborazione con la NATO.

6. Mancanza di personale

Il capo dell'esercito Thomas Süssli studia il suo concetto di esercito prima di un'audizione parlamentare
Il capo dell’esercito Thomas Süssli studia il suo concetto di esercito prima di un’audizione parlamentare. Keystone / Anthony Anex

La penuria di personale qualificato colpisce anche l’apparato di difesa svizzero. Il solo Servizio delle attività informative lamenta la mancanza di 150 posti. Ma coloro che si occupano della pianificazione in seno all’esercito ritengono che l’aspetto più grave sia quello legato all’evoluzione demografica. “Stando alle proiezioni dell’esercito, già negli anni 2030 non arriveremo a 100’000 persone che prestano servizio”, afferma un esperto in materia.

Anche il servizio militare obbligatorio sarà riformato. È stata avviata un’iniziativa popolareCollegamento esterno che propone che chiunque abbia la cittadinanza svizzera debba prestare servizio a beneficio della comunità; l’iniziativa è un attacco al servizio militare obbligatorio nella sua forma attuale, in quanto le possibilità di prestare servizio saranno più variegate e potranno essere scelte con maggiore libertà. “L’effettivo militare in termini di personale resta tuttavia garantito”, spiega Noémie Roten, promotrice dell’iniziativa. Sono inoltre previsti due nuovi sistemi di servizio obbligatorio differenti, che saranno a loro volta sottoposti al voto del popolo. Nell’autunno del 2024 da uno studio federaleCollegamento esterno è emerso che quasi la metà del personale militare intervistato ha affermato di aver subito discriminazioni o violenza sessualizzata. Per ovviare a questa situazione il Comando dell’esercito ha adottato i provvedimenti necessari ed è consapevole che presto dovrà spiegare alle cittadine svizzere e ai cittadini svizzeri qual è la missione di coloro che consacrano parte della propria vita all’esercito.

7. I rischi legati all’eredità del passato

Residui di munizioni raccolti sulla Schwägalp.
Residui di munizioni raccolti sulla Schwägalp. Keystone / Ennio Leanza

Non va poi dimenticato il peso del passato. Da un lato vi sono le munizioni riversate senza precauzione alcuna nelle montagne e nei laghi svizzeri. Basti pensare che solamente nel piccolo comune di Mitholz, nell’Oberland bernese, giacciono 3’500 tonnellate di resti di munizioni in quello che oggi ormai è un tunnel roccioso crollato su sé stesso. I lavori di bonifica di questa zona si protrarranno fino al 2040, sempreché, viste anche le sorprese che questo progetto ha portato con sé, le tempistiche non si allunghino ulteriormente.

Dall’altro lato vi è Ruag, società svizzera che si occupa di armi, recentemente assurta agli onori della cronaca per via di un affare di corruzione e di contese legali internazionaliCollegamento esterno. Lo Stato avrebbe voluto accompagnare la società, vicina alla Confederazione, nell’economia privata. Poi però si è susseguita una serie di disavventure. Inoltre, le clienti europee e i clienti europei hanno preso le distanze da Ruag dopo che Berna aveva vietato loro di fornire all’Ucraina armamenti svizzeri.

La Confederazione ormai non è più a suo agio in questa dinamica e sta vagliando la possibilità di reintegrare Ruag in seno al Dipartimento federale della difesa, ma la società di armamenti in passato ha avuto non pochi problemi di conformitàCollegamento esterno. Un percorso, quindi, non privo di rischi per la Svizzera.

Articolo a cura di Samuel Jaberg e Marc Leutenegger

Traduzione di Stefano Zeni

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