Il conflitto a Gaza infiamma il mondo arabo
La giornalista svizzera Karin Wenger – corrispondente dal Medio Oriente per diversi giornali elvetici – racconta a swissinfo le reazioni nei paesi arabi di fronte agli ennesimi episodi di violenza nella regione.
Karin Wenger risiede attualmente a Damasco, in Siria, ma si reca regolarmente nella Striscia di Gaza.
swissinfo: In quale misura le proteste contro le azioni militari di Israele riflettono realmente lo stato d’animo della popolazione nei paesi arabi?
Karin Wenger: Qui in Siria vi sono state numerose manifestazioni di protesta organizzate da diversi gruppi, ma è importante sottolineare che la rabbia e la frustrazione sono sentimenti diffusi in tutta la popolazione.
In particolare, vi è una grande frustrazione per la reazione, giudicata insufficiente, da parte dei governi occidentali e a causa della retorica israeliana che fa leva sul concetto di autodifesa.
swissinfo: In quale modo i media arabi trattano i bombardamenti israeliani?
K.W.: Ovviamente, il punto di vista arabo viene privilegiato. Inoltre, le varie dimostrazioni anti-israeliane sono oggetto di una grande copertura da parte degli organi di stampa. In particolare, sono diffusi parecchi servizi giornalistici realizzati nella regione di Gaza, in cui si vedono gli edifici distrutti, i feriti e i morti. I media occidentali non mostrano queste immagini raccapriccianti, ma purtroppo si tratta di un aspetto reale del conflitto.
swissinfo: La rabbia del mondo arabo è diretta unicamente contro Israele, oppure concerne anche Hamas?
K.W.: No. Non ho sentito nessuno esprimere risentimento nei confronti di Hamas: la rabbia è concentrata verso Israele e le potenze occidentali. Hamas gode di un grande sostegno tra la popolazione, ma non presso i governi di Egitto e Siria, che cercano di limitarne l’azione.
Vi è inoltre parecchia ostilità nei confronti dell’Egitto, poiché il paese non ha voluto aprire completamente la propria frontiera con Gaza, consentendo unicamente il trasferimento di alcuni feriti e il passaggio di convogli umanitari. L’Egitto è visto come una marionetta manovrata dagli Stati Uniti: il consolato egiziano nello Yemen è stato per esempio preso d’assalto mercoledì.
swissinfo: Lei ha trascorso una settimana a Gaza appena una settimana prima dell’offensiva israeliana. Che atmosfera si respirava?
K.W.: Per prima cosa, ho potuto constatare l’assoluto controllo di Hamas nella regione. L’organizzazione ha fatto chiaramente capire che qualsiasi oppositore sarà punito: a titolo di esempio, gli aiuti destinati ad Hamas sono forniti unicamente ai suoi sostenitori. È utopico pensare che Israele possa riuscire a sradicare Hamas da quella regione.
In secondo luogo, ho notato una grande paura presso la popolazione. È vero che Hamas continua a godere di un grande sostegno da parte della gente, ma ciò avviene anche perché nella Striscia di Gaza non vi sono molte alternative.
swissinfo: Quali sono le prospettive in vista di una nuova tregua?
K.W.: Le ostilità dovranno interrompersi, prima o poi. Israele non è in grado di fermare completamente gli attacchi missilistici ricorrendo unicamente a una grande operazione militare.
Hamas, dal canto suo, ritiene di non aver ottenuto alcun vantaggio dalla tregua precedente: i confini non sono stati aperti, e gli aiuti umanitari sono diminuiti invece di crescere. Di conseguenza, l’organizzazione acconsentirà a cessare le ostilità soltanto se riceverà qualcosa in cambio, per esempio un accordo sull’apertura della frontiera – perlomeno del valico di Rafah – per consentire il passaggio di merci e persone.
(traduzione e adattamento, Andrea Clementi)
Il gruppo Hamas, al potere nella Striscia di Gaza, ha recentemente rotto la tregua con Israele ed ha ricominciato a lanciare razzi verso il sud del paese.
Le Forze di difesa israeliane hanno replicato a partire da sabato scorso con un intenso bombardamento aereo. L’operazione ha provocato la morte di centinaia di palestinesi.
La ministra degli esteri israeliana Tzipi Livni ha affermato giovedì non ritenere necessaria la umanitara nella striscia di Gaza, proposta dalla Francia.
A suo dire, in questo territorio non c’è alcuna crisi umanitaria. Livni ha inoltre detto che Israele sta già fornendo aiuti agli abitanti della Striscia.
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