Il dramma dei morti e la tragedia dei vivi
Nella regione dell'Aquila la terra continua a tremare e la popolazione vive nell'angoscia. In Italia c'è pure molta rabbia e sconforto: nemmeno gli edifici più moderni hanno retto. Le impressioni del giornalista svizzero Aldo Sofia, da lunedì sul luogo del disastro.
Due giorni dopo il terremoto che ha colpito l’Abruzzo si continua a scavare sotto le macerie. La ricerca di superstiti, ha affermato il ministro dell’interno Roberto Maroni, continuerà almeno fino al giorno di Pasqua.
Il bilancio provvisorio parla di oltre 250 morti e circa 1’200 feriti. Difficile al momento dire se il peggio sia passato, visto che durante la notte tra martedì e mercoledì sono state registrate nuove scosse.
swissinfo ha raccolto la testimonianza dall’Aquila del giornalista Aldo Sofia, corrispondente della Radiotelevisione della Svizzera italiana.
swissinfo: Come si presenta la situazione al momento?
Aldo Sofia: Le impressioni sono ancora molto forti. La gente è psicologicamente stremata e sta vivendo una situazione di emergenza avvolta nella paura. La terra continua a tremare: ieri sera c’è stata una scossa di 5,5 gradi sulla scala Richter.
La cosa che mi ha più colpito è stato il sopralluogo a Onna, a pochi chilometri dall’Aquila. È il villaggio più colpito tra la ventina di comuni attorno al capoluogo abruzzese.
swissinfo: Cosa hai visto?
A.S.: È praticamente un cimitero, di anime e di case. Onna, un villaggio che aveva 230 abitanti, costruito con la fatica di un mondo contadino e di un mondo dell’emigrazione, ha perso 40 persone, tra cui molti bambini.
Onna era un paese noto nella storia, molto apprezzato da Papa Gregorio III. Ora passerà alla storia come il paese con proporzionalmente il più alto numero di vittime di questo terremoto.
Rispetto agli altri villaggi, la popolazione di Onna vive poi una situazione di angoscia del tutto particolare: nessuna delle persone rimaste sotto le macerie si è salvata, contrariamente ad altri luoghi in cui questi miracoli ci sono stati. All’Aquila una ragazza è ad esempio stata trovata in vita dopo 42 ore sotto le macerie.
Oltre alla paura c’è poi il disagio. Il Gran Sasso, che sovrasta la regione, è ancora innevato e durante la notte la temperatura scende fino attorno allo zero.
swissinfo: Molti edifici sono crollati o profondamente danneggiati. Per chi è sopravvissuto si annunciano giorni difficili…
A.S.: In effetti ho notato molta esasperazione. Non c’è solo il dramma dei morti, ma anche la tragedia dei vivi. Molte persone non rientreranno infatti mai più nelle case in cui hanno vissuto.
Ciò che colpisce all’Aquila, oltre agli edifici completamente crollati, è la serie di case, palazzi e palazzine gravemente lesionate. Sono edifici fantasma: senti che lì la vita difficilmente potrà riprendere.
La gente però non vuole allontanarsi dalla propria abitazione. Preferisce trovare sistemazioni a pochi metri, rifugiandosi nelle automobili. Non soltanto per paura degli atti di sciacallaggio, ma anche perché molti non vogliono accettare il distacco fisico.
Ci sono famiglie che tentano comunque di entrare nelle case per recuperare rapidamente alcuni averi, medicine, soldi, carte di credito. Sono momenti estremamente pericolosi a causa del rischio di crolli.
swissinfo: Quali i sentimenti dominanti tra la popolazione?
A.S.: Accanto allo sconforto c’è parecchia rabbia. Molte di queste costruzioni, persino quelle edificate dopo il 1974, anno in cui è stata varata le legge per le norme antisismiche, non hanno resistito. La gente è consapevole che queste norme sono state in gran parte disattese.
Molti trovano scandaloso che si sia dovuto evacuare l’ospedale dell’Aquila, inaugurato soltanto una decina di anni fa.
swissinfo: La questione delle norme antisismiche è destinata ad animare le discussioni delle prossime settimane…
A.S.: Secondo le stime più recenti almeno 75’000 edifici pubblici in Italia avrebbero bisogno di lavori di rafforzamento. Di questi, 22’000 si trovano su zone sismiche, per la maggior parte in luoghi altamente a rischio.
Il primario dell’ospedale dell’Aquila ci diceva che l’edificio si situa nella zona a più alto rischio. Sono infatti a 1 km dalla faglia. E tutti lo sanno.
Certo, la scossa è stata forte, ma secondo i sismologi non è stata di eccezionale intensità. Al momento ci sono altre emergenze, ma la cosa va detta: numerose costruzioni non hanno tenuto conto delle norme antisismiche. Nemmeno qui, dove in passato ci sono già stati terremoti devastanti.
swissinfo: In che modo procedono i lavori di soccorso?
A.S: C’è stata una grossa manifestazione di solidarietà spontanea. Molti uomini e mezzi sono arrivati qui all’Aquila. Caso mai c’è un problema di coordinamento. Entro giovedì ci saranno tendopoli per 16’000 sfollati. La Confederazione, tramite la Croce Rossa, garantirà tende per 2’000 senzatetto.
La gente ripete in continuazione che non vuole fare la fine di altre zone in Italia, dove dopo decenni dal terremoto si vive ancora in case precarie, prefabbricati o container.
Qui c’è un popolo molto fiero che cerca di reagire. Molti non accettano di lasciare la zona per andare nelle strutture installate dal governo sulle coste dell’Adriatico.
swissinfo, testimonianza di Aldo Sofia raccolta da Luigi Jorio
La Protezione civile italiana ha attivato un numero speciale a cui possono rivolgersi per informazioni tutti coloro che hanno parenti nella zona sinistrata.
Dalla Svizzera si può chiamare direttamente lo 0039 06 68 201
Informazioni sono ottenibili anche per e-mail:
salaoperativa@protezionecivile.it
Secondo le cifre fornite dall’ambasciata d’Italia a Berna, in Svizzera vivono circa 24mila abruzzesi.
Nella zona dell’Aquila sono registrati 104 svizzeri.
Il governo italiano ha ufficialmente chiesto alla Commissione europea di partecipare al finanziamento dei lavori di ricostruzione delle zone colpite dal terremoto.
L’Italia potrebbe beneficiare del Fondo di solidarietà dell’Unione europea per le catastrofi naturali. Al momento non è stata fornita alcuna cifra.
Il premier Berlusconi ha annunciato di voler accettare l’aiuto offerto dal presidente statunitense Barack Obama. Saremo lieti, ha detto Berlusconi, di avere il sostegno degli Stati Uniti nella ricostruzione di beni culturali e chiese.
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