Il governo svizzero immobile sui bilaterali
Il Consiglio federale ha ribadito la volontà di aderire allo spazio di Schengen e Dublino, ma solo nell’ambito di un accordo globale nelle trattative bilaterali con l'Unione europea.
Né le pressioni dei Quindici, né i nuovi equilibri di governo hanno cambiato la posizione svizzera.
Mentre si è ormai in dirittura di arrivo nei negoziati con l’Unione europea (Ue), il governo svizzero non sembra intenzionato a cedere di un pollice sulle sue richieste.
Nella sua seduta speciale di mercoledì, il Consiglio federale ha infatti deciso di proseguire verso l’obbiettivo degli accordi bilaterali II. Ma, come sempre sostenuto finora, tale scopo potrà essere raggiunto solo se i Quindici accetteranno di concludere simultaneamente tutti i 10 dossier in sospeso.
E, in particolare, l’Ue dovrà approvare una soluzione globale del pacchetto di accordi che permetta di garantire il segreto bancario in modo duraturo.
Fedeltà al proprio corso
“Il Consiglio federale è rimasto fedele al suo corso”, ha dichiarato giovedì, nell’ambito di una conferenza stampa a Berna, il presidente della Confederazione Joseph Deiss, ribadendo che “siamo relativamente vicini ad una soluzione”.
In altre parole, la posizione del governo elvetico non sembra essere stata influenza né dall’atteggiamento più minaccioso dell’Ue, né dai nuovi equilibri politici provocati dall’entrata di due nuovi membri nell’esecutivo.
Nelle ultime settimane, i Quindici aveva lanciato diversi segnali diretti o indiretti verso Berna, destinati ad accentuare le pressioni per giungere ad una rapida conclusione delle trattative.
D’altra parte, l’ingresso in governo di un convinto antieuropeista, come Christoph Blocher, non ha frenato la volontà del Consiglio federale di aderire pienamente all’accordo di Dublino, sull’asilo, e di Schengen, sulla sicurezza e la cooperazione in materia di giustizia e polizia.
No a Schengen “light”
Un accordo solo parziale su Schengen, come richiesto da una parte della destra politica, è quindi escluso per il Consiglio federale. Secondo Micheline Calmy-Rey, l’adesione integrale a Schengen apporterebbe alla Svizzera una risposta definitiva ai problemi che si pongono alle frontiere.
Solo in questo modo, ha affermato la ministra degli esteri elvetica, la Confederazione potrà dotarsi di mezzi efficaci per lottare contro la criminalità transfrontaliera e il terrorismo.
Nell’ambito del dossier Schengen, la Svizzera esige tuttavia alcune concessioni dall’Unione europea, affinché garantisca sostenibilmente la doppia punibilità e soprattutto il segreto bancario.
Da parte sua, l’UE chiede un rafforzamento della collaborazione nell’ambito del dossier sulla lotta contro la frode nel settore delle imposte indirette (dazi, IVA, imposte speciali sul consumo di tabacco e alcool).
Sempre secondo Micheline Calmy-Rey, una partecipazione all’accordo di Dublino consentirebbe invece di scaricare dal profilo amministrativo il sistema dell’asilo, armonizzando il trattamento delle pratiche.
Fondo di coesione e libera circolazione
In merito a una partecipazione della Svizzera al fondo di coesione dell’Ue, il governo vuole pronunciarsi solo quando i negoziati bilaterali saranno conclusi.
Il Consiglio federale ha inoltre discusso i futuri passi nelle trattative sull’estensione della libera circolazione delle persone, in vista dell’allargamento ad Est dell’Ue. Anche qui i 7 ministri si sono limitati a constatare le proposte già fatte.
Il governo aveva già convenuto che la Svizzera applicherà un regime transitorio di sette anni per i dieci paesi che si uniranno all’Ue a partire dal 1° maggio.
Infine, il Consiglio fderale ha espresso l’auspicio di poter risolvere sulla base dell’Accordo di libero scambio del 1972 i due problemi che hanno raffreddato negli ultimi tempi le relazioni tra Svizzera e Ue.
Si tratta dei dazi, che i Quindici vorrebbero introdurre sulle riesportazioni, e dell’obbligo di preavviso per motivi di sicurezza (regola delle 24 ore).
Reazioni scontate
Come era prevedibile, la posizione espressa dal Consiglio federale ha raccolto reazioni positive soltanto da parte di tre dei quattro partiti di governo.
Secondo Jean-Philippe Jeannerat, portavoce del Partito socialista, il governo ha fatto quanto necessario per concludere con successo i dossier in sospeso.
Il Consiglio federale ha confermato la sua strategia e, ora, deve essere sostenuto sino alla fine dei negoziati, ritiene il portavoce del Partito liberale radicale, Christian Weber.
Il segretario generale del Partito popolare democratico, Reto Nause, si dice sollevato per il fatto che il governo abbia adottato una politica pragmatica, facendo naufragare il tentativo della destra estrema di silurare i bilaterali.
L’Unione democratica di centro rimane contraria ad un pacchetto unico Schengen-Dublino, ha ribadito invece Simon Glauser, portavoce del partito di Blocher. A suo avviso, se il Consiglio federale deciderà di intraprendere questa via, il risultato deve essere sottoposto a referendum obbligatorio.
swissinfo e agenzie
1992 il popolo svizzero rifiuta la proposta di adesione allo Spazio economico europeo
1994 Svizzera e Unione europea iniziano le trattative per la conclusione di 7 accordi settoriali
1999 firma del primo pacchetto di accordi bilaterali CH-UE
2000 il testo dei trattati è approvato dal popolo svizzero
2002 i 7 accordi bilaterali entrano in vigore
2002 CH e UE avviano un nuovo round di negoziati (bilaterali II o bilaterali bis)
Le trattative bilaterali II concernono innanzitutto alcune questioni rimaste in sospeso dopo la conclusione del primo pacchetto di accord nel 1999.
Si tratta dei dossier che riguardano i servizi, le pensioni, i prodotti agricoli trasformati, l’ambiente, la statistica, i media, l’educazione, la formazione professionale e i programmi a favore dei giovani.
Vi figurano inoltre due temi proposti dall’Unione europea: la lotta contro la frode e la tassazione sui redditi da risparmio.
L’ultimo dossier, richiesto dalla Svizzera, riguarda la collaborazione in materia di polizia, giustizia, asilo e migrazione nel quadro dei trattati di Schengen e di Dublino.
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